A Dubai, l’avvenire e il passato

/ 07.02.2022
di Angelo Rossi

Fino alla fine del prossimo mese di marzo si può visitare l’esposizione mondiale di Dubai, l’emirato che, con i suoi grattacieli, spunta come i fiori di ibisco, tra la riva del mare e il deserto. L’Expo era prevista per il 2020, ma la pandemia ha obbligato gli organizzatori a rinviarla di un anno. Ed è purtroppo sicuro che la pandemia influenzerà negativamente buona parte dei suoi risultati. Ho passato, all’inizio di gennaio, tre giorni all’interno del recinto di questa manifestazione il cui motto «connecting minds, creating the future» sembrerebbe di fatto proiettarla verso i nuovi mondi straordinari e anche problematici promessi dalle nuove tecnologie.

La prima esposizione mondiale ebbe luogo a Londra nel 1851. Vi partecipò anche il bleniese Carlo Gatti che, con il convallerano Bolla, mostrava sul posto come si produceva il cioccolato, attirando verso il suo stand folle di visitatori. Naturalmente le specialità culinarie di questo o di quel paese continuano a far parte dell’offerta di ogni esposizione mondiale. A Dubai, per esempio, i visitatori del padiglione svizzero terminano la loro visita passando per la boutique della Sprüngli dove possono gustare tutti i classici di questo produttore zurighese, tra cui i famosi «Luxemburgerli» e le praline dai gusti più sofisticati. Tuttavia a differenza di Gatti che il suo cioccolato lo produceva seduta stante, i delicati prodotti della Sprüngli vengono importati (pare giornalmente) con l’aeroplano, direttamente da Zurigo. Quando si parla di progresso…!

Sono due i fili rossi che corrono attraverso quasi tutti i padiglioni nazionali. Il primo è quello della storia. La storia come generatrice di tradizioni e valori che, ancora oggi vengono rispettati quando non formano addirittura la ragione d’essere del paese espositore. Altrettanto importante delle vicende che hanno portato alla creazione dello Stato sono i reperti storici, le rovine e i monumenti che oggi possono essere visitati da, si spera, sempre più numerosi turisti, in tutte le parti del globo. Da questo profilo, un padiglione che si distingue dal resto è, a mente mia, quello del Pakistan. Realizzato dall’artista Rashis Rana, si distingue da quelli che lo attorniano per la sua architettura moderna e colorata. Chi lo visita si trova però, all’interno, confrontato soprattutto con il passato. Certo ci sono accenni alle nuove tecnologie e a quello che il Pakistan ha realizzato negli ultimi decenni in materia di infrastruttura. Ma che colpiscono il visitatore sono i rimandi alla tradizione e al passato, che si realizzano anche mostrando le attività artigianali di quel paese e i loro prodotti.

Il secondo fil rouge è quello delle tecnologie moderne. Impressionante, per quel che mostra in materia tecnologica, il padiglione della Cina anche se lo fa con una grafica da anni Cinquanta del ventesimo secolo. Il padiglione svizzero, invece, si distingue dal resto per la sua concezione ludica. La stessa si realizza già con la facciata a specchio, un po’ obliqua, che consente al visitatore di fotografarsi o filmarsi nel momento in cui si avvicina all’entrata. Ancora più originale è l’idea di avvicinare il visitatore alle caratteristiche paesaggistiche del nostro paese, facendolo salire per una specie di sentiero alpino, attraverso la nebbia, per raggiungere poi la cima, situata sopra il mare di nebbia, e godersi lo spettacolo delle Alpi che lo circondano a raggiera. Non mancano nel padiglione né la storia, né l’accenno alle tradizioni e alle nuove tecnologie. Però è l’elemento ludico che resta impresso. Le frequenze (il padiglione svizzero è tra più visitati) hanno dato ragione agli organizzatori.

Da che cosa i visitatori sono maggiormente colpiti nel loro giro dell’esposizione? Difficile dirlo. Forse dalle magnifiche fotografie e filmografie che riproducono i paesaggi dei paesi espositori, oppure dai progressi annunciati nelle scoperte scientifiche – dalla medicina ai viaggi nello spazio per arrivare alle trasformazioni nella mobilità urbana e interurbana. Di sicuro tutte queste informazioni stimolano positivamente la fantasia anche di coloro che, come il sottoscritto, non avranno, per l’età avanzata, la possibilità di vederle realizzate. Ricorderò ancora che sul sedime dell’esposizione sorgerà, a partire dalla primavera di quest’anno, ossia dalla fine dell’Expo, un nuovo quartiere-modello. Come nelle nuove città inglesi del secondo dopoguerra mondiale, anche qui si cercherà di creare un’unità urbana contenuta, che offra non solo residenze ma anche posti di lavoro. Quanto all’esposizione mondiale l’arrivederci è per Osaka, tra un paio di anni.