23 aprile 1343: i fuochi di San Giorgio

/ 23.04.2018
di Cesare Poppi

Ci sono certi eventi storici i quali, proprio in virtù della loro portata epocale e delle loro ripercussioni globali, tendono a sfuggire la comprensione dei professionisti della disciplina e dunque la spiegazione in termini storici. Ricorderete di sicuro il dibattito che si accese qualche anno fa sulla natura «cristiana» della cosiddetta «civiltà occidentale». Se ne sentirono ai tempi di tutte e di più, fino a quando vuoi la fatica dell’argomentare, vuoi l’esaurimento di argomenti convincenti o vuoi semplicemente la constatazione che non si arrivasse da nessuna parte fecero sì che il dibattito finì in soffitta e lì intanto rimane. Ma sta di fatto che, nel corso di quattrocento anni a partire dall’Anno Domini Zero, una piccola setta – minoranza infinitesimale di quell’altra minoranza che era la religione ebraica nel mare magnum dell’impero romano – divenne religione ufficiale dell’Impero per poi imporsi come uno degli attori principali della lotta per il controllo non solo delle anime ma anche dei corpi a livello globale.

Se le ragioni del successo del Cristianesimo e delle altre forme di monoteismo che a questi fecero da rincalzo (ricorderanno i lettori che per lungo tempo si discusse se l’Islam fosse un’eresia dello stesso Cristianesimo) sono ancora dibattute dagli studiosi, almeno un paio di questioni sembrano appurate. Il Cristianesimo si diffuse nell’Impero a partire dalle città e fra le classi meno abbienti con la mediazione di membri delle classi più elevate – spesso donne ed intellettuali. Il termine «pagano» – da pagus – il villaggio del contado – si riferisce pertanto a quel coacervo di pratiche religiose – un vero e proprio zibaldone di folclore, culti organizzati e quant’altro che i Padri della Chiesa ormai vincente dei primi secoli chiamavano con disprezzo superstitiones – «ciò che sopravvive dell’antico sistema di credenze». Detto ciò non si deve peraltro cadere nell’errore di pensare che la marcia del Cristianesimo sul continente europeo avvenne sempre e soltanto per conversione pacifica e progressiva egemonia culturale sui relitti delle religioni tradizionali – anche se più spesso che no questa fu la sequenza storica.

Alcune regioni d’Europa, rimaste ai margini dell’Impero e abitate da popolazioni non-indoeuropee che già Plinio additava come «primitive» furono convertite al Cristianesimo solo nel tardo XIII secolo – e questo non certo per «persuasione culturale» o per libera scelta – ma a fil di spada. Nel corso del XIII secolo, infatti, l’Ordine dei Cavalieri Teutonici cacciati dalla Terra Santa dal curdo Saladine Eyubi (Saladino, 1137-1193) e rimasti disoccupati decisero di cristianizzare le ultime enclave di paganesimo rimaste in Europa. In una serie di sanguinose campagne e a partire dai Balti di Prussia (ora estinti), la Croce fu imposta manu militari ai Balti che ora abitano Lettonia ed Estonia (con la Lituania convertita ufficialmente solo nel 1384). I Cavalieri Teutonici di Livonia non solo convertirono nominalmente le popolazioni baltiche, ma iniziarono un processo di colonizzazione e germanizzazione della regione che vide il sorgere delle maggiori città attuali e la riduzione in stato di semi-schiavitù dei Balti indigeni, costretti a ritirarsi nel folto delle foreste per mantenere un minimo di autonomia. Ma la rivolta covava sotto l’apparente Pax Teutonica.

La Notte di San Giorgio – 23 aprile – del 1343, una casa fu data alle fiamme su una collina della Contea di Harria/Harju nel Nord dell’odierna Estonia: era il segnale della rivolta. Secondo una cronaca del tempo, «l’ordine era di uccidere tutti i tedeschi, compresi donne e bambini. E così fecero, poiché cominciarono a uccidere vergini, donne, servitori, servitrici, nobili e gente ordinaria, giovani e vecchi: chiunque avesse sangue tedesco doveva morire». Gli attacchi erano sempre preceduti da un giuramento collettivo di rinuncia al Cristianesimo per tornare alla religione dei padri: l’Abbazia Cistercense di Padise fu data alle fiamme ed i 28 monaci che non erano riusciti a fuggire furono massacrati. La furia era tale che le donne ed i bambini risparmiati dagli uomini furono uccisi dalle donne estoni che poi procedettero a bruciare chiese e case dei monaci su tutto il territorio. Ormai l’incendio era partito: una dopo l’altra tutte le province adiacenti rinnegarono ufficialmente il Cristianesimo e si dettero al massacro dei tedeschi: fra la Rotalia e il vescovado di Ösel-Wiek si calcola che almeno 3800 tedeschi furono uccisi dagli insorti. Colti di sorpresa e spaventati dai successi dei pagani, i Cavalieri Teutonici dapprima aderirono al negoziato.

Seguì così una fase confusa alla ricerca di un difficile compromesso che peraltro sfociò di nuovo in guerra aperta. Le battaglie Warhill (14 maggio) e di Kanavere (24 maggio 1343) videro le forze dei rivoltosi male armati, con pochi cavalli e disperati lanciarsi contro la cavalleria corazzata dell’Ordine di Livonia. Battaglie senza storia: i tremila caduti di Warhill ed i duemila di Kanavere saranno fra gli ultimi ad essere celebrati nelle peane funebri accanto ai nomi degli dei pagani. Requiescant.