«È bello potere finalmente rivelare alla mia famiglia cosa ho fatto in tutto questo tempo». Nelle parole di Caroline Siefarth, 36 anni, scienziata alimentare, si riconosce un certo sollievo: per cinque anni ha lavorato a un progetto talmente segreto da non poterne parlare con nessuno. Chi non aveva firmato l’obbligo di riservatezza non aveva diritto a sapere nulla. Ora CoffeeB è finalmente sul mercato, e tutti vorrebbero capire coma si possa fare il caffè partendo da una pallina.
Incontriamo Caroline Siefahrt in una stanza ben illuminata e senza finestre, nell’aria c’è aroma di caffè. Come d’altronde un po’ dappertutto – anche se dipende dal vento – qui alla Delica di Birsfelden (BL), dove il caffè viene anche tostato. Oltre ad alcune macchine da caffè e tazzine, sul piano di lavoro ci sono anche una bilancia e dei cucchiai.
«Abbiamo cominciato in modo rudimentale. Bilancia, bicchierini, una pressa a mano, cucchiaio, setaccio e fon», Caroline Siefarth ricorda i primi tentativi. Nessuno sapeva ancora come ci si sarebbe dovuti muovere, ma una cosa era chiara a tutti: «Avevamo un’unica visione: realizzare una capsula senza capsule». Migros infatti si era data l’obiettivo di sviluppare un sistema di caffè a capsule, ma senza capsule. Un modo per dichiarare guerra alle 100’000 tonnellate di rifiuti di capsule prodotti annualmente. Un obiettivo di fronte al quale, all’epoca, Siefahrt aveva giustamente dichiarato: «Una sfida dall’aria tutt’altro che facile».
Come comprimere il caffè facendolo diventare sferico? Come mantenerlo compatto? Come trasportarlo? Cosa sarebbe successo una volta inserita la Coffee Ball nella macchina da caffè? Siefahrt e la sua squadra hanno fatto mille tentativi senza mai arrendersi: «Sopportare le frustrazioni fa parte del lavoro dello sviluppatore!», spiega ridendo.
La questione principale era: come avvolgere la Coffee Ball affinché restasse compatta e il caffè conservasse la sua freschezza? Caroline Siefarth ha provato a «compattare» la sfera di caffè affidandosi a innumerevoli sostanze. «C’è sempre una possibilità, ma è necessaria una grande dose di caparbietà». La cosa importante era non perdere di vista il fatto che si stesse cercando uno strato protettivo naturale, il desiderio era infatti di creare un prodotto che in poche settimane potesse trasformarsi in materiale da compostaggio domestico o in humus per il giardino. Un prodotto, insomma, che non fosse compostabile solo industrialmente e che non presentasse alcuna traccia di plastica (bio) o di alluminio.
«A un certo punto siamo incappati nell’alginato, che deriva dalle alghe e presenta delle somiglianze con l’amido e la cellulosa», racconta Caroline Siefarth. La ricercatrice lo descrive come un ottimo materiale capace di offrire una barriera naturale contro l’ossigeno e di conservare la freschezza del caffè. Molti conoscono l’alginato dalla cucina molecolare, dove viene utilizzato nella sferificazione.
Nella mano di Caroline Siefarth c’è una pallina di CoffeeB. «Io amo il caffè lungo. Classico», ci confessa prima di caricare una confezione di Balls nel contenitore circolare della macchina da caffè e farlo ruotare. Una Coffee Ball finisce nella valvola di sfiato, dove «verrà ammorbidita per un breve momento, poi sarà compressa fino a formare un cilindro e dopo una perforazione da entrambi i lati, affinché l’acqua calda possa scorrervi attraverso, produrrà infine un ottimo caffè, ma senza capsule».
Da quando è stata promossa, diventando analista degli aromi, Caroline Siefarth lavora per Delica, marca affiliata di Migros. In un primo tempo si è occupata dello sviluppo dei latticini, poi è approdata al caffè. «Mi sono immersa sempre più nelle varie competenze legate al caffè, poiché il caffè è una cosa meravigliosamente complessa».