Pubblicità per il succo d’uva sul periodico «Migros – die Brücke» del maggio 1928.


Il divieto di alcolici alla Migros: un puro caso?

Storia di un principio - Il fatto che la Migros non venda bevande alcoliche nelle sue filiali ha molto a che vedere con la prima fabbrica del fondatore Gottlieb Duttweiler. E con il suo talento per il marketing, molto all’avanguardia per l’epoca
/ 25.04.2022
di Karl Lüönd*

Non c’è un altro svizzero che nel XX secolo abbia innovato più di Gottlieb Duttweiler. Non solo ha rivoluzionato il commercio al dettaglio, ma ha anche introdotto un legame diretto tra attività commerciale e impegno socio-politico. E ha inserito stabilmente gli interessi dei consumatori nell’agenda della politica.

Nel 2025 saranno trascorsi cent’anni dalla fondazione di Migros. Nell’ambito della movimentata e piuttosto ben studiata storia del gruppo di cooperative, continuano ad essere attribuiti al fondatore principi dogmatici che meritano di essere verificati attentamente. Uno di questi riguarda la questione della «Migros sobria».

Nell’ambito della sua audace analisi di mercato su bevande analcoliche come il mosto di mele e il succo d’uva, Duttweiler utilizzò vari principi del marketing moderno, ben prima che nel dopoguerra venissero importati in Europa dagli Stati Uniti. Ma per capire di cosa si tratta bisogna prima saperne un po’ di più sulla Migros: Gottlieb Duttweiler aveva 37 anni quando il 25 agosto 1925, giorno di paga, fece partire da Zurigo i suoi cinque leggendari camion-negozi Ford. Con prezzi del 20-30% inferiori a quelli della concorrenza, i margini di profitto erano piccoli, ma la cifra d’affari era grande. Lui, imperterrito, continuava a ripetere: «Devo guadagnare franchi, non percentuali!».

L’ultima chance di «Dutti»

Il radicalismo con cui Duttweiler metteva in pratica le proprie idee è tanto più ammirevole se si pensa che per lui la Migros rappresentava l’ultima possibilità. Come grossista era andato in fallimento, e aveva fatto fiasco anche come piantatore di caffè in Brasile. Dove poi abbia trovato i soldi per finanziare la «start-up» Migros, tutt’oggi non è ancora chiaro. Secondo la versione ufficiale, il capitale proveniva dalla «dote» della moglie Adele e da prestiti di amici.

Comunque sia, Duttweiler si era messo in affari con soldi non suoi, era piuttosto sotto pressione e non poteva permettersi di regalare niente. E in quel momento non c’era neppure spazio per slanci idealistici. La sua unica possibilità era di accreditarsi con determinati servizi presso i suoi alleati più importanti: le parsimoniose massaie svizzere. Aveva bisogno di qualcosa che gli altri non avevano. Ossia, di quello che nell’odierno linguaggio del marketing si chiama «proposta di vendita esclusiva».

La combinazione di assortimento ristretto e controllo rigoroso dei costi funzionò. Al termine dell’anno di fondazione, c’erano già nove camion-negozi itineranti e 293 fermate Migros. Nel frattempo, l’avveduto commerciante aveva ampliato l’offerta con olio d’oliva, cacao, uova, sardine, formaggio e burro.

Un’estate senza dissetanti

Nei primi tempi, la Migros era osteggiata con forza da autorità e fornitori. «Dutti» avrebbe dovuto vendere anche il vino? Gli fu offerto un prodotto a buon mercato per otto centesimi al litro. Ovviamente sapeva che così i suoi concorrenti più agguerriti, le cooperative di consumo, riuscivano a ottenere cifre di vendita maggiori. Ma non vedeva il senso di farlo e, soprattutto, di innescare una guerra commerciale in un campo così delicato dal punto di vista socio-politico.

Dal momento che nemmeno il cartello dei produttori di birra lo riforniva, la Migros trascorse un’estate senza bevande. Nonostante ciò, nel 1927 il fatturato raddoppiò di nuovo. Quel che Duttweiler guadagnava lo reinvestiva in negozi dall’allestimento spartano, dato che le autorità vessavano senza tregua i suoi camion di vendita, potenti mezzi pubblicitari, applicando loro balzelli elevati.

All’epoca, non esisteva da nessuna parte uno smercio sistematico di sidro di mele e succo d’uva. Dopo lunghe conversazioni con Duttweiler, il suo biografo Curt Riess scrive: «Aveva provato di persona il mosto di mele e l’aveva trovato eccellente. Ovviamente doveva convincere il pubblico che il sidro analcolico fosse un buon sostituto del vino. A quel tempo, infatti, era bevuto solo da anziane signore o da pallidi e zelanti giovanotti».

Eccolo, quel che mancava sul mercato! All’idea si unì il caso, quando la banca Kreditanstalt gli propose di acquistare a 50’000 franchi un credito di 400’000 di una fabbrica di sidro di mele sull’orlo del fallimento. Fallimento perseguito da un gruppo di azionisti dell’azienda, pilotati dal cartello dei produttori di birra. Migros acquistò il credito e dopo un procedimento successorio ottenne la maggioranza della «Alkoholfreie Weine AG Meilen».

Duttweiler aveva capito subito che chi lo aveva preceduto alla guida della ditta – morigerati insegnanti e pastori protestanti – voleva contrastare lo strisciante alcolismo di quei tempi duri. D’altronde, non era forse vero che in tutto il Paese il venerdì le donne, molte con i bambini aggrappati alle gonne, aspettavano i loro uomini all’uscita dalle fabbriche per farsi consegnare i salari prima che se li bevessero all’osteria?

Strategia di vendita per il bene comune

Duttweiler, cui piaceva bere vino e fumare sigari, rilanciò prontamente l’ideale dei suoi predecessori che, pur fallendo, si erano battuti per il benessere del popolo. Promise quindi di «portare un contributo alla soluzione della questione dell’alcolismo e alla valorizzazione del sidro di mele». Così, come gradito effetto collaterale, si guadagnò la benevolenza delle élite del mondo politico e sociale, delle associazioni femminili e delle chiese. Era un altro principio base del marketing: fare del bene e parlarne!

In definitiva, come si può dedurre dalle fonti, all’epoca la preoccupazione principale di Duttweiler era di comunicare ai suoi clienti: «guardate cosa faccio per voi!». Sul suo registro dei conti il calcolo era riportato chiaramente: «I negozi pagano un litro di sidro di mele 56 centesimi e lo rivendono a 85 (…) Quest’anno il contadino non ha ricevuto più di 20 ct. per il mosto prodotto con tanta fatica». L’ampia differenza era dovuta alla fabbrica gestita in modo non razionalizzato e al relativo margine di guadagno.

Sidro sotto il prezzo di costo

Puntualmente all’inizio della stagione calda del 1928, la Migros entrava sul mercato delle bevande con un prezzo promozionale imbattibile: tre confezioni da sette decilitri di sidro di mele, «naturale o frizzante», a un franco. E un litro di vino non fermentato (succo d’uva) a 80 centesimi. Ritorna qui un altro principio del marketing: la cosiddetta strategia «loss-leader», ovvero la vendita sottocosto con l’obiettivo di attirare clienti. Anche in seguito, a regime normale, il sidro di Meilen fu sempre nettamente meno caro della birra.

Il calcolo di Duttweiler funzionò. Grazie alla Migros il sidro analcolico divenne popolare in tutta la Svizzera. Nel giro di cinque anni, le vendite crebbero di quasi cinquanta volte e il numero di aziende produttrici di succo di mele raddoppiò.

Meilen fu in assoluto la prima industria propria della giovane, e non ancora consolidata, «abbattitrice di prezzi» Migros: l’inizio di una strategia che nel tempo ha reso autonoma la cooperativa. Nel 1931 a Meilen iniziò la produzione di yogurt e accadde esattamente la stessa cosa del sidro: alla fine ne approfittarono anche i dettaglianti avversari di Migros. Con più asprezza la concorrenza la contrastava con i boicottaggi, tanto più la Migros rispondeva aggressivamente con i propri marchi. Oggi Migros-Industria raggruppa venti aziende in Svizzera e all’estero, che assicurano l’arrivo sugli scaffali di migliaia di prodotti Migros, dai cornetti ai detersivi. E chissà che presto non si vedranno anche le bevande alcoliche.

Nota

Karl Lüönd è uno dei più noti pubblicisti svizzeri. Il navigato giornalista (76 anni) ha pubblicato innumerevoli biografie e storie aziendali, anche sul fondatore di Migros Gottlieb Duttweiler. Nel 2007 gli è stato conferito il premio dei giornalisti zurighesi per l’insieme della sua opera.