Xi Jinping in marcia verso il potere assoluto

Cina – Dopo cinque anni al vertice e in attesa di essere riconfermato numero uno, il leader cinese è riuscito a eliminare i suoi avversari e a piazzare i suoi fedelissimi nei posti chiave
/ 28.08.2017
di Beniamino Natale

Il segretario del Partito Comunista Cinese Xi Jinping, che ricopre anche le cariche di presidente della Commissione Militare Centrale e di presidente della Repubblica Popolare Cinese, ha messo a segno in luglio e agosto una serie di importanti colpi nella sua Lunga Marcia verso il potere assoluto. Dopo cinque anni al vertice e in attesa di essere confermato «numero uno» per altri cinque – e forse più –, il 64enne Xi è riuscito ad eliminare, o almeno a tenere in scacco, i suoi avversari più pericolosi e a sistemare nelle posizioni che contano i suoi fedeli alleati.

Sul piano internazionale, ha lanciato con grande dispiego di mezzi di propaganda la sua Nuova Via della Seta, un mastodontico progetto di investimenti all’estero, in Asia e in Europa, che secondo alcuni osservatori ha come obiettivo la creazione di un blocco euro-asiatico antagonista e concorrente degli Usa. In questo processo non mancano i rischi: la Cina di Xi Jinping è sull’orlo di uno scontro militare con l’India – reparti militari dei due paesi si fronteggiano da un mese nel piccolo reame himalayano del Bhutan – e la sua aggressività nel Mar della Cina Meridionale potrebbe portare a scontri con alcuni paesi del sudest asiatico, in particolare il Vietnam.

Le epurazioni condotte dalla Commissione Centrale per la Discilplina, diretta dal suo alleato Wang Qishan sotto la bandiera della lotta alla corruzione, hanno portato alla caduta di tutti i suoi avversari più pericolosi: dal «mastino» della sicurezza Zhou Yongkang e tutti, o quasi, gli esponenti delle generazioni più giovani (Xi ha 64 anni) legati a gruppi di potere concorrenti. L’ultima vittima di queste epurazioni è Sun Zhengcai, membro del potente Politburo e segretario del PCC nella metropoli di Chongqing – una carica che non porta fortuna, dato che l’ha ricoperta anche un altro illustre epurato di lusso, Bo Xilai, condannato nel 2012 all’ergastolo per corruzione e abuso di potere.

Ma le purghe di Xi non si sono fermate solo ai dirigenti del Partito e negli ultimi mesi hanno investito sempre più direttamente alcune delle conglomerate che negli anni passati sono state i fiori all’occhiello del regime e che portano nomi ben conosciuti come l’Anbang (nota per essere proprietaria del Waldorf Astoria di New York e per i suoi recenti contatti con la famiglia del presidente americano Donald Trump), la Wanda Dalian, la HNA, la Ping An, ecc. Tutte compagnie che fanno capo a famiglie della «borghesia rossa» cinese, come quelle dell’ex-leader Deng Xiaoping e dell’ex-premier Wen Jiabao. Almeno uno dei dirigenti di quelle imprese, il mitico fondatore della Anbang (e marito di una nipote dell’ex-numero uno Deng Xiaoping), Wu Xiaohui, è stato arrestato.

L’attacco ha conciso con la contrazione delle riserve cinesi di valuta pregiata, che sono scese nettamente al di sotto del livello di guardia di tre trilioni di dollari Usa. Lucy Hornby, sul «Financial Times», ha spiegato che «la questione apparentemente tecnica della contrazione delle riserve di valuta è diventata un’arma politica nel momento in cui il presidente Xi Jinping cerca di assicurarsi un potere sufficiente per guidare il processo di successione…». La giornalista aggiunge che «al cuore della battaglia ci sono i rapporti di Xi con Wang Qishan…».

Lo scontro interno al massimo livello dell’élite cinese, quello nel quale sono in gioco sia le posizioni di potere politico che le enormi ricchezze materiali, ha raggiunto il suo apice con il rapimento da parte dei servizi segreti cinesi del faccendiere Xiao Jinhua. Il rapimento è avvenuto in gennaio, quando il faccendiere alloggiava nel Four Seasons, un albergo a sette stelle che si affaccia sulla baia di Hong Kong. Xiao è uno dei cosiddetti «guanti bianchi» che aiutano le potenti famiglie cinesi a portare i capitali all’estero. Dopo la sparizione di Xiao è comparso negli Usa Guo Wengui, un imprenditore in esilio che sostiene di avere le prove della corruzione di alcuni dirigenti cinesi tra cui Wang Qishan.

La lotta tra le fazioni prosegue ma tutto indica che Xi Jinping arriverà al 19esimo Congresso del Partito – che si terrà in una data da precisarsi ma comunque prima della fine dell’anno – da una posizione di forza. Il commentatore e professore all’Università della California Minxin Pei, ha scritto sulla rivista «Nikkei» che «a dispetto delle teorie che illustrano il successo del PCC nell’istituzionalizzarsi nell’era post-maoista, l’esperienza storica e i recenti sviluppi nella politica cinese mostrano che il partito non ha davvero risolto il problema della successione – noto come il tallone d’Achille di tutti i regimi autocratici». La caduta di Sun Zhengcai, secondo Minxing Pei, dimostra che «sia i funzionari in servizio che quelli in pensione non hanno alcuna protezione di fronte alle lotte di potere all’interno del partito… dato che nessuna regola o legge può assicurare la loro posizione personale nel mondo hobbesiano dell’élite politica di Pechino, possono proteggere se stessi solo tenendo il potere nelle loro mani…».

In Cina le lotte di potere sono state spesso risolte dall’intervento dell’esercito, la People’s Liberation Army (PLA): ricordiamo la crisi che si concluse con la morte del generale Lin Biao nel 1971, l’eliminazione della cosiddetta Banda dei Quattro dopo la morte di Mao Zedong nel 1976 , e l’occupazione di piazza Tiananmen da parte di studenti democratici appoggiati dall’ala riformista del partito nel 1989. Xi non ha perso tempo nell’assicurarsi il controllo della PLA, dalla quale sono stati eliminati i generali di non provata fedeltà. In luglio – a pochi giorni distanza dal siluramento di Sun – Xi ha presenziato ad una sfilata dell’esercito nella Mongolia Interna. Nel suo discorso, il leader cinese ha ribadito la sua nuova linea dura ricordando che Pechino non «permetterà mai» a «nessun popolo, organizzazione o partito politico di dividere qualsiasi parte del territorio cinese in qualsiasi momento e in qualsiasi forma».

Per completare la sua opera, Xi ha messo in posizioni di responsabilità alcuni dei suoi più fedeli alleati almeno due dei quali – Chen Min’er e Cai Qi, nominati capi del partito rispettivamente a Chongqing e a Pechino – sembrano destinati a ulteriori promozioni.