Valore locativo, nodo da sciogliere

Politica dell’alloggio - Un’iniziativa parlamentare approvata da una Commissione degli Stati rilancia la discussione sull’opportunità di abolire questa tassazione e al contempo ogni deduzione da parte dei proprietari di immobili
/ 26.06.2017
di Ignazio Bonoli

La tassazione del valore locativo è una delle particolarità del diritto fiscale svizzero. Il valore locativo provoca l’imposta che il proprietario della casa in cui abita deve pagare, come se dovesse affittare un appartamento analogo. Difficile dire se questa sia una delle ragioni per le quali, in Svizzera, il numero di proprietari dell’abitazione è sempre molto inferiore a quello dei locatari. In genere chi acquista (o fa costruire) la propria casa non pensa a questa imposta, ma piuttosto al fatto che dal suo reddito presunto possono dedurre gli interessi da pagare per l’ipoteca, che di regola l’operazione richiede. E sotto questo aspetto, il popolo svizzero è uno dei più indebitati tra quelli dei paesi industrializzati.

Non sorprende nemmeno che da anni si tenti di abolire questa imposta, che tra l’altro cozza contro la politica dell’accesso all’abitazione in proprio, ma finora senza riuscirci. Di solito il popolo degli inquilini, stimolato dalle rispettive associazioni e dai partiti di sinistra, vi si oppone con successo, viste le proporzioni numeriche a suo favore. Ma per ottenere un consenso anche più vasto basta ricordare che, a causa della parità di trattamento, gli inquilini dovrebbero poter dedurre la pigione dalle imposte sul reddito. In questo caso la motivazione parte dal fatto che al proprietario è consentito dedurre gli interessi ipotecari e le spese di manutenzione della casa. Per questo si giunge spesso a dire che l’eventuale soppressione del valore locativo risolverebbe un problema, ma ne creerebbe altri.

Non solo, ma si argomenta anche che la tassazione del valore locativo corrisponde in realtà al dettato costituzionale della tassazione secondo la capacità economica del contribuente. Sul piano pratico viene spesso messa a confronto la situazione di due famiglie dallo stesso potenziale economico, di cui una abita in casa propria e l’altra deve pagare una pigione di circa Fr. 25’000. – l’anno per l’appartamento affittato e se ne deduce che i costi per il proprietario sono in realtà molto minori. Il che non è sempre vero, a causa del livello dei tassi ipotecari, ma anche del costo del terreno e della costruzione, nonché del capitale necessario all’acquisizione della casa. È però facile pensare che se non vi fosse un margine di guadagno, l’investimento immobiliare non verrebbe effettuato.

Non senza creare una certa sorpresa, l’Associazione nazionale dei proprietari di case è disposta a rinunciare al principio, finora difeso, secondo cui, anche in caso di soppressione del valore locativo, la possibilità di dedurre gli interessi ipotecari e le spese di manutenzione deve sempre essere garantita. Fino ad oggi un’alternativa possibile poteva essere quella della deduzione del canone d’affitto dal reddito imponibile. Tuttavia, accettando il principio della deduzione della pigione dal reddito degli inquilini, in cambio della soppressione del reddito locativo, si sarebbe probabilmente verificato un aumento dei tassi d’imposta, contraddicendo anche il principio di una larga base fiscale, imponibile con tassi il più possibile ridotti.

La situazione dovrebbe però ora avere una svolta importante se, come detto, anche i proprietari dell’abitazione in cui vivono rinunciassero a dedurre gli interessi ipotecari e le spese di manutenzione. La Commissione dell’economia del Consiglio degli Stati, lo scorso febbraio, aveva approvato, senza opposizioni, un’iniziativa parlamentare che chiede un cambiamento del metodo di tassazione del reddito presunto di un’abitazione in proprio. Il metodo dovrebbe tener conto di un tasso d’interesse medio a lunga scadenza, senza provocare disparità di trattamento fra proprietari e locatari, che possa però anche promuovere l’accesso all’abitazione.

L’iniziativa lascia parecchio spazio alle interpretazioni, ma da parte di alcuni membri della Commissione si sottolinea che la modifica non deve ammettere più nessuna deduzione, mentre altri ricordano che la mancata deduzione fiscale delle spese di manutenzione potrebbe compromettere proprio l’accesso alla proprietà dell’abitazione. La proposta incontra però sempre l’opposizione delle associazioni degli inquilini, anche se la deduzione fiscale fosse ammessa per un periodo limitato per i nuovi acquirenti di un’abitazione in proprio.

Rispuntano le vecchie divergenze per cui si teme che anche questa iniziativa non riuscirà a conciliare le opposte posizioni. Tuttavia, un metodo che promuovesse l’accesso all’abitazione garantirebbe anche il principio della parità di trattamento sul piano costituzionale. Restano comunque aperti il problema dell’eventuale perdita di entrate fiscali e anche quello del tasso di interesse da prendere in considerazione.

Uno studio del 2010 in due cantoni ha dimostrato che con il tasso ipotecario medio del 2,6% gli influssi sul gettito fiscale globale sarebbero relativi. Oggi però con un tasso fiscale medio dell’1,6% vi sarebbero certamente perdite di gettito fiscale. Anche peggio se il cambiamento contemplasse ancora possibili deduzioni.