V-Day, perché la pandemia non sarà esattamente come una guerra ma il D-Day sarà per sempre il giorno della svolta, dell’inizio della fine di una situazione di sofferenza. E quindi l’inizio del più vasto programma di vaccinazioni della storia britannica ha seguito una coreografia in grado di dare fiducia, di richiamare momenti di gloria, dall’inossidabile vecchina novantunenne che si fa fare per prima l’iniezione ringraziando per «il più bel regalo di compleanno della mia vita» al secondo vaccinato, un reduce di guerra dal nome favoloso: William Shakespeare. Il tutto mentre il ministro della Salute piangeva in televisione, il premier Boris Johnson si faceva immortalare in maniche di camicia ad assistere ai vaccini come un padre premuroso e i baldi William e Kate giravano per la Scozia a visitare anziani contro la volontà della leader Nicola Sturgeon. Questa è la fotografia di un Paese a tre settimane dall’uscita definitiva dall’Unione europea.
L’umore nazionale è volato dal momento dell’annuncio dell’approvazione del vaccino europeo Pfizer-BioNTech, il cui tempismo – giorno di fine lockdown, in anticipo sul resto di occidente – ha rinfocolato quell’orgoglio che con l’ultima manche della Brexit, quella del realismo, si era parecchio appannato. D’altra parte è quello che i britannici sanno fare meglio, rimboccarsi le mani e sentirsi eroici davanti alle difficoltà, fidarsi delle proprie istituzioni, soprattutto quando si mostrano corsare e indipendenti. E quindi il fatto che l’agenzia del farmaco britannica abbia approvato il vaccino di Pfizer prima del resto del mondo non ha destato preoccupazione, ma fierezza.
La dottoressa June Raine, amministratore delegato dell’MHRA, ha spiegato che tutto è stato possibile grazie a un processo di «rolling review» grazie al quale i dati provenienti dai laboratori sono stati analizzati pian piano che venivano resi noti e non tutti alla fine. I primi campioni sono arrivati all’inizio di ottobre, ma già da giugno il gruppo degli esperti indipendenti chiamati ad analizzarli era pronto, così come il laboratorio. Gli ultimi dati sono arrivati il 23 novembre e per più di un mese si è lavorato giorno e notte. Il 1. dicembre il ministero della Sanità ha chiesto l’autorizzazione in base al regolamento 174 dell’Unione europea che permette di autorizzare un farmaco in risposta a un’emergenza di salute pubblica, senza passare dall’EMA. Usando gli stessi standard che nel resto dell’Europa.
La sfida logistica non è da poco. Ogni scatola dei vaccini Pfizer contiene cinque pacchi da 975 dosi, da aprire a mano tenendo sempre sotto controllo la temperatura. E rispetto al lotto iniziale di 800mila dosi, i numeri sono destinati ad aumentare rapidamente, arrivando a 4 milioni entro Natale. Nella prima fase del programma sono stati allestiti 50 centri di vaccinazione, con altri ospedali pronti ad attivarsi nelle prossime settimane e mesi. I primi della fila sono gli ultraottantenni, compresa la più famosa del mondo, ossia Elisabetta II, con particolare attenzione a chi è nelle case di cura e nella prima ondata ha avuto una mortalità del 99%. Insieme agli anziani verrà vaccinato il personale sanitario degli ospizi, così come quello degli ospedali e le persone vulnerabili. Si tratta di 6 milioni di persone. Poi si scenderà per età fino ad arrivare agli adulti in salute sotto i cinquant’anni, verso marzo.
La dottoressa Raine è la garante della decisione con cui il Regno Unito ha bruciato tutti sui tempi. Ed è intervenuta lei anche quando dalle prime ventiquattr’ore di vaccinazioni sono emersi i primi problemi, con due infermieri che hanno avuto shock anafilattattoidi, meno gravi di quelli anafilattici ma comunque preoccupanti, con un rash cutaneo, un abbassamento della pressione e difficoltà a respirare. Sono stati immediatamente curati e adesso stanno bene. «Dai test clinici molto ampi questa non era emersa come una caratteristica», ha spiegato Raine, avvisando di non vaccinare chi ha una storia di violente reazioni allergiche. Lo stesso varrà per 280 medici di base che dalla settimana prossima, grazie all’arrivo dei frigoriferi speciali in grado di raggiungere la temperatura di –70 gradi necessaria per la conservazione, si occuperanno di inoculare le altre dosi in arrivo dal Belgio.
L’agenzia britannica del farmaco sta lavorando anche per accelerare l’approvazione del vaccino di Moderna e di quello di Oxford, che tutti aspettano perché è più semplice da maneggiare e che darebbe addirittura l’agognata immunità di gregge. La raccolta dei dati sull’efficacia del vaccino Astrazeneca è stata a dir poco caotica, con le dosi «sbagliate» che si sono rivelate più performanti contro il virus, anche nel limitare il rischio di contagiare gli altri. A 3000 persone hanno dato mezza dose prima e una completa dopo quattro settimane, con un’efficacia del 90%. Per i 9000 che hanno ricevuto due dosi piene l’efficacia è scesa al 62%. La soglia di approvazione per un vaccino è 50%.
Chi è stato immunizzato avrà anche una tessera d’identificazione scritta a mano con il nome del vaccino, la data dell’iniezione e il numero del lotto di ciascuna delle dosi somministrate. Ci saranno anche delle indicazioni su come gestire gli effetti collaterali e soprattutto la data per il richiamo, 21 giorni dopo. Ma non si tratterà di un «passaporto Covid», perché per quanto l’idea sia interessante i britannici hanno un leggendario orrore dei documenti di identificazione. Inoltre la fiducia nei sistemi informatici dell’NHS è tale che per ora le autorità hanno scelto di fidarsi del cartaceo, per evitare anche il rischio di hackeraggio.
Tutto questo per arrivare al Natale, dove le «bolle» con tre famiglie saranno autorizzate per giorni dal 23 al 27 dicembre. Bisognerà mantenere sempre lo stesso gruppo, con l’auspicio che rimanga piccolo. In quei giorni ci si potrà spostare, incontrarsi al chiuso e anche rimanere a dormire, ma non si potrà andare al ristorante insieme. In chiesa, quello sì.
V-Day senza accordo sulla Brexit
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/ 14.12.2020
di Cristina Marconi
di Cristina Marconi