Da 4 anni Peter Schmidt vive a Yangon, la più grande città del Myanmar e sua capitale fino al 2005, quando la giunta militare al potere le preferì Naypyidaw, città costruita ex novo in un’area remota, circa 320 chilometri più a nord. È responsabile per l’ex Birmania di Helvetas, organizzazione svizzera di cooperazione allo sviluppo che opera nel Paese dal 2014.
Il programma dell’Ong in Myanmar comprende tre priorità tematiche, spiega il nostro interlocutore. «In un Paese con un alto tasso di disoccupazione, ci occupiamo di formazione professionale orientata alla pratica per i giovani. Ad esempio sosteniamo le ragazze che imparano a cucire negli studi di sartoria esistenti. Dopo tre mesi molte di loro sono pronte ad aprire una piccola impresa. La nostra seconda priorità riguarda il miglioramento del reddito delle famiglie di agricoltori e pescatori, senza dimenticare il rispetto per le risorse naturali. Ad esempio Helvetas e le sue organizzazioni partner sono pioniere nell’introduzione della produzione integrata di riso in Myanmar (un sistema agricolo di produzione a basso impatto ambientale). Il terzo tema che ci sta a cuore riguarda il rafforzamento della società civile e della coesione sociale – attraverso l’arte e la cultura – in una società caratterizzata da forti tensioni».
Da agosto 2020 Helvetas vive una specie di lockdown a causa della pandemia: gli uffici rimangono chiusi, il lavoro si svolge in maggior parte da casa. La situazione si è un po’ alleggerita in dicembre, ma l’attività dell’organizzazione si è di nuovo ridimensionata dal colpo di stato militare del primo febbraio. «È difficile portare avanti i progetti», racconta Schmidt. «Non è scontato, ad esempio, riuscire a incontrare i coltivatori di riso per ottimizzare l’irrigazione dei campi e molti dei nostri interlocutori in ambito statale non stanno lavorando perché si sono uniti al movimento per la democrazia, il Civil disobedience movement». Dal giorno del golpe Schmidt è uscito di casa poche volte, ad esempio per fare la spesa. È stata l’organizzazione a chiederglielo: intende proteggere i suoi operatori in un momento di forte tensione. Ma l’emergenza la vive tutta, con il carico di preoccupazione che comporta.
«Il Myanmar – dice – è un Paese profondamente diviso lungo linee religiose ed etniche però adesso si è unito contro il colpo di stato». In piazza ci sono giovani ma anche maestri e operatori sanitari (tanto che gli ospedali hanno dovuto ridurre i servizi). «Come detto parecchi dipendenti statali sono in sciopero e, nonostante l’elevata disoccupazione, molti si sono dimessi. In città c’è il coprifuoco tra le 8 di sera e le 4 del mattino; si vede poca gente in giro. Tuttavia ogni giorno si svolgono manifestazioni per la democrazia e contro il regime militare. La folla è decisa e creativa». Questi gli slogan: «Non vogliamo la dittatura militare». «Liberate la nostra leader» «Non ci fermeremo finché otterremo quel che vogliamo».
Nelle proteste – osserva Schmidt – i social media giocano un ruolo enorme e sono stati oscurati, però ci sono modi di aggirare i blocchi. Così gli attacchi della polizia finiscono subito in Rete. Ma il regime non molla. «Attivisti e leader di organizzazioni della società civile denunciano arresti. Si sentono perseguitati e minacciati. Colpiti anche attori e artisti. Alcuni si nascondono, altri cercano soldi e modi per lasciare il Paese». Nubi grigie pesano sul futuro. È difficile prevedere come andrà a finire, afferma l’intervistato.
«In questa situazione imprevedibile Helvetas rimane fedele al suo mandato di aiutare le persone svantaggiate finché la sicurezza dei nostri dipendenti e dei nostri partner rimane garantita», continua Schmidt. «Stiamo adattando i programmi all’emergenza in corso. Ad esempio nell’ambito di un progetto sostenuto dalla Direzione svizzera dello sviluppo e della cooperazione offriamo un aiuto finanziario immediato alle famiglie che sono già state particolarmente colpite dalle misure anti Covid. Stiamo inoltre pianificando un intervento cash for work: si tratta di dare delle ricompense agli abitanti dei villaggi che riparano infrastrutture locali (rete idrica o piccoli ponti). Insomma, Helvetas si concentra ancora più del solito sugli interventi locali, in collaborazione con alcune organizzazioni della società civile e aziende private».
Uno svizzero nel caos di Yangon
Peter Schmidt lavora per Helvetas e vive da quattro anni nella metropoli: «Con la pandemia e il golpe abbiamo ridotto le nostre attività ma continuiamo ad aiutare»
/ 08.03.2021
di Romina Borla
di Romina Borla