Un’anomala corsa all’Eliseo

Il 10 aprile è previsto il primo turno delle elezioni francesi. Ecco la rosa dei favoriti
/ 28.03.2022
di Marzio Rigonalli

Le bombe e i missili che tutti i giorni vengono lanciati sull’Ucraina, i crimini di guerra commessi dall’esercito russo e l’eroica resistenza delle forze militari e del popolo ucraino, hanno fatto slittare in secondo piano l’elezione presidenziale francese. La gravità delle notizie che arrivano da Kiev, l’afflusso in Occidente dei rifugiati ucraini, le conseguenze per gli occidentali delle sanzioni economiche decise contro la Russia, e il timore di un’estensione del conflitto, hanno lasciato poco spazio ai tradizionali meeting e dibattiti elettorali, e hanno ridotto l’interesse che di solito una campagna elettorale arriva a suscitare. L’appuntamento del 10 aprile rimane comunque importante, perché avviene soltanto ogni cinque anni e perché i poteri che detiene l’inquilino dell’Eliseo sono rilevanti e determinanti per la politica interna ed estera francese. Dodici sono i candidati che affrontano questa sfida elettorale. Più della metà provengono dall’estrema destra o dall’estrema sinistra, ma soltanto cinque possono aspirare a qualificarsi per il secondo turno, in programma il 24 aprile.

Nella sua veste di presidente uscente, Emmanuel Macron ha dimostrato di saper gestire crisi gravi e di uscirne senza dover sopportare troppi danni. La guerra in Ucraina e le sue implicazioni europee sono la terza crisi che deve affrontare. La prima fu la mobilitazione dei gilet gialli, iniziata nel novembre 2018 e protrattasi per mesi con blocchi a Parigi, agli incroci stradali e intorno a città secondarie. La seconda fu la pandemia di coronavirus, diffusasi a partire dal 2020 e da cui non siamo ancora completamente usciti. Il bilancio dei suoi cinque anni di presidenza presenta luci e ombre. Il bilancio economico è positivo, con una buona crescita economica e un significativo calo della disoccupazione. I suoi avversari l’accusano però di aver favorito le classi più agiate e di non aver portato a termine le riforme promesse. Con il suo partito La République en marche, Macron ha ora proposto un programma che s’iscrive nella continuità, con alcune riforme importanti, come per esempio l’innalzamento dell’età di pensionamento a 65 anni, e soprattutto con un impegno crescente a favore della sovranità e dell’indipendenza della Francia e dell’Europa in tutti i settori, da quello militare a quelli economico ed energetico. I sondaggi lo danno come favorito sia al primo che al secondo turno.

Sempre stando ai sondaggi, la principale avversaria di Macron è Marine Le Pen, la presidente del Rassemblement national, il partito di estrema destra creato da suo padre Jean-Marie Le Pen, che fino al 2018 si chiamava Front national. Nel 2017 Marine Le Pen venne sconfitta da Macron al secondo turno. Ottenne il 34% dei voti. In questi ultimi cinque anni ha cercato di allargare la sua base elettorale, ammorbidendo le sue posizioni estreme. E ci è riuscita, perché una buona parte delle classi popolari voterà per lei. I punti centrali del suo programma sono la lotta contro l’immigrazione, con drastiche misure destinate a bloccarla quasi completamente, e il rifiuto dell’Europa. Non uscendone come voleva alcuni anni or sono, ma boicottandola all’interno, con iniziative destinate a bloccare qualsiasi passo verso una maggiore integrazione. Su una linea analoga si muove Eric Zemmour, l’altro rappresentante dell’estrema destra. Ex giornalista, polemista, autore di varie pubblicazioni, Zemmour è sceso nell’arena politica l’autunno scorso, dichiarandosi candidato all’Eliseo e fondando un nuovo partito denominato Reconquête. È ossessionato dalla grande sostituzione, ossia dall’arrivo di un grande numero di musulmani che prenderebbero il posto dei francesi. Si schiera dunque contro l’immigrazione, il multiculturalismo e la globalizzazione della società francese. Sul piano internazionale ha avuto molte difficoltà a distanziarsi dal dittatore russo dopo l’invasione dell’Ucraina, è contro l’integrazione europea ed è favorevole all’uscita della Francia dalla Nato.

La destra moderata, rappresentata dal partito I Repubblicani, presenta Valérie Pécresse, presidente della regione Île-de-France. La sua designazione è avvenuta dopo una lunga selezione interna. A lei vengono attribuite molte qualità, ma lo spazio politico di cui dispone è molto ristretto. Il suo programma deve distinguersi sulla sua sinistra dal programma di Macron, che gode del sostegno di molti repubblicani, e sulla sua destra da quello di Marine Le Pen e di Zemmour, che trovano molte simpatie in quella destra che è sensibile alle questioni che riguardano l’immigrazione e l’identità. È un esercizio difficile che, almeno per ora, non trova molti riscontri positivi nell’elettorato.

L’ultimo candidato che potrebbe superare il primo turno è Jean-Luc Mélenchon. Secondo i sondaggi, il leader della France insoumise arriva in testa tra i candidati di una sinistra divisa in più partiti e mai così debole come in questa occasione. Il totale delle preferenze a sinistra rischia di non superare il 30%. È la terza volta che Mélenchon si candida alle presidenziali. Il suo programma prevede l’uscita della Francia dalla Nato, il non allineamento, la pensione a 60 anni e una nuova Costituzione che dovrebbe far nascere la VI Repubblica. L’obiettivo è di ridurre i poteri del presidente e di accrescere quelli del parlamento e del popolo con maggiori possibilità di controllo e di ricorso al referendum.

Dietro alla lunga lista di candidati si profila una società frammentata, che negli ultimi anni si è spostata a destra. Una società che vive male l’immigrazione di altre culture e di altre religioni, non per un eccessivo numero di immigrati, ma perché non è mai riuscita a condurre una vera politica d’integrazione. Una società senza una personalità forte, capace di entusiasmare i francesi e di riunirli intorno a un ambizioso progetto. I sondaggi dicono che Macron verrà confermato per un secondo mandato. È probabile. La prudenza, però, rimane di rigore. La storia c’insegna che soltanto tre degli otto presidenti che la V Repubblica ha avuto finora sono riusciti a svolgere due mandati. L’ultimo fu Jacques Chirac.