Un’Alleanza che si consolida

Il probabile allargamento a nord-est della Nato è in grado di mutare i termini del rapporto fra Russia e Occidente
/ 18.04.2022
di Lucio Caracciolo

Putin ha scatenato l’invasione dell’Ucraina per impedire che entrasse nella Nato. Ipotesi peraltro non immediata e che oggi pare esclusa. Che cosa vorrà e potrà fare Putin nel caso molto probabile che Finlandia e forse anche Svezia entrassero quest’anno nell’Alleanza atlantica? Di sicuro c’è che, insieme all’annunciato riarmo tedesco, il possibile allargamento a nord-est della Nato appare dotato di un valore strategico tale da mutare i termini del rapporto fra Russia e Occidente. Diamo uno sguardo alla carta geografica. Se, come pare, Finlandia e Svezia entrassero nell’Alleanza ne conseguirebbero i seguenti mutamenti geostrategici.

Primo. San Pietroburgo, storica capitale della Russia zarista, porto russo rivolto verso occidente, città natale di Vladimir Putin, sarebbe a un tiro di schioppo dalle avanguardie atlantiche piazzate sulla riva nord del Golfo di Finlandia. Secondo. Il Mare Baltico diventerebbe un mare totalmente atlantico, con la Russia all’angolo (San Pietroburgo esposta a un possibile blocco navale in caso di guerra aperta) o accerchiata (l’exclave di Kaliningrad alias Königsberg nell’ex Prussia orientale, stretta via terra fra Polonia e Lituania, vedrebbe potenzialmente chiuso anche il suo accesso al mare).

Terzo. La frontiera terrestre fra Nato e Russia si prolungherebbe di altri 1300 chilometri circa. Tanto ampio è infatti il confine russo-finnico lungo la Carelia. Sempre viva è la memoria della guerra del 1939 fra Unione Sovietica e Finlandia, caso di eroica resistenza di un paese relativamente piccolo e spopolato contro una superpotenza militare. Quarto. La Svezia atlantica non sarebbe in sé una enorme novità in termini pratici, dato che già da sempre e oggi più di prima questo paese formalmente neutrale è all’avanguardia nella geopolitica di contenimento della Russia. Ricordo una conversazione di qualche anno fa con un esponente del governo svedese che, alla mia domanda su che cosa volesse dai russi, stabilì: «Devono sparire».

Quinto. L’integrazione dell’intera Scandinavia nell’alleanza a guida americana contribuisce a virarne verso nord-est il baricentro. Si consolida così una Nato baltica, ad oggi molto più rilevante e affidabile per gli Stati Uniti di quanto non siano i paesi fondatori, oltre che la stessa Germania. Questo ci porta a considerare un aspetto della guerra in corso che si tende a trascurare o a oscurare. Doppio movimento: progressivo distacco dell’America dall’Europa e viceversa; rapida divaricazione fra i paesi europei della Nato. Il primo movimento è espresso nell’inconsueta dichiarazione di Biden alla vigilia del conflitto, poi continuamente ripetuta: «Gli Stati Uniti e la Nato non vogliono fare la guerra alla Russia». Dove il sottotesto recitava: la faremo con mezzi economici, potenzialmente devastanti. Ora, non è affatto detto che a un certo punto Biden non cambi idea. Ma quella scelta di campo iniziale ha gelato le aspettative di chi considerava inossidabile la protezione strategica americana dell’Europa atlantica.

La vera ragione per cui gli Usa non hanno messo sul tavolo, come d’uso in circostanze simili, l’opzione militare non consiste nel fatto che l’Ucraina non appartiene alla Nato e quindi non può ambire alle garanzie espresse nell’articolo 5 del Patto atlantico, per cui l’aggressione a uno Stato membro implicherebbe il sostegno anche militare di tutti gli altri al socio in pericolo. A parte che ogni articolo di qualsiasi trattato, specie se così rilevante, è aperto alle interpretazioni opportunistiche, il punto è un altro. Washington non vuole garantire militarmente l’Ucraina in questo caso non perché estranea formalmente alla Nato ma perché attaccata da una potenza nucleare. Scritto altrimenti: se questo è vero, che garanzia americana esisterebbe in caso di attacco nemico a un socio Nato da parte della Russia o di altra potenza atomica.

Tutto lascia prevedere che se anche nella guerra del Donbass si arrivasse presto a una tregua effettiva – la pace è per un altro secolo, se mai – le onde lunghe del conflitto continueranno a battere le coste un tempo stabilite e oggi erose dalla più inattesa delle guerre. Il grado di impreparazione dell’Occidente all’attacco russo è tale da costringerci a risposte improvvisate. C’è poco tempo per riflettere. Si prendono decisioni di portata storica quando la guerra è appena iniziata. Probabilmente non potrebbe essere altrimenti. Poi forse alcuni soggetti geopolitici si pentiranno delle scelte fatte «a caldo». Speriamo vivamente di sbagliare.