Una storia importante

Tra gli obiettivi per il periodo 2021-2024 della cooperazione internazionale ci saranno la lotta ai cambiamenti climatici e alle cause delle migrazioni
/ 11.11.2019
di Marzio Minoli

«Nel complesso l’umanità non è mai stata così bene come oggi. Le persone vivono meglio, più a lungo, in modo più sano e più sicuro. La cooperazione internazionale è uno dei fattori che ha contribuito al raggiungimento di questo traguardo». Queste parole le si possono leggere in un documento ufficiale della Confederazione, redatto al termine del periodo di consultazione, terminato lo scorso 23 agosto, sul contributo svizzero alla cooperazione internazionale per il periodo 2021-2024. Parole che, stando a quanto dichiarato dal governo elvetico, sottolineano l’importanza della partecipazione svizzera alla cooperazione internazionale per lo sviluppo dei paesi del Sud.

Il Consiglio Federale ha deciso di stanziare 11,37 miliardi di franchi per il quadriennio in questione, 265 milioni in più rispetto al periodo precedente. Risorse che principalmente saranno gestite dalla Direzione dello sviluppo e della cooperazione (DSC), un’agenzia del Dipartimento Federale degli Affari esteri. Ma anche dalla Segreteria di Stato per l’Economia (SECO).

Lo scopo è chiaro: creare le migliori condizioni di vita possibili nei paesi del Sud del mondo. In concreto, gli obiettivi dichiarati per il periodo 2021-2014 saranno la creazione di posti di lavoro, la lotta ai cambiamenti climatici e alle cause della migrazione irregolare e forzata e non da ultimo l’impegno per la pace e lo Stato di diritto.

Il Professor Pietro Veglio, presidente onorario della Federazione delle ONG della Svizzera italiana, la FOSIT, ci spiega meglio cosa vuol dire la cooperazione internazionale per la Svizzera.

Professor Veglio, prima di entrare nel merito della cooperazione internazionale, spieghiamo cos’è la FOSIT.
È una federazione cantonale di piccole organizzazioni non governative, le ONG, che operano, partendo dal nostro territorio, verso i paesi del sud. La FOSIT da una parte finanzia i progetti, grazie ai fondi della Confederazione, del Cantone e anche di alcuni comuni ticinesi, ma non solo. Si occupa anche della formazione dei membri, per poter dar loro i migliori mezzi possibili per essere efficienti dove operano.

Un momento non sempre facile per le ONG. All’estero sono spesso criticate e, diciamolo, anche denigrate, anche per mancanza di informazione. In Svizzera com’è la situazione?
Le ONG hanno diversi ruoli in Svizzera. Contribuiscono in modo fattivo a progetti nei paesi del Sud. Rispetto alla FOSIT naturalmente le grandi ONG hanno più mezzi. Inoltre, giocano un ruolo importante nella collaborazione internazionale allo sviluppo facendo pressione sulla Confederazione e sul Parlamento affinché vengano stanziati i fondi per queste attività.

Ecco, siamo arrivati alla collaborazione internazionale allo sviluppo. Come è organizzata?
Da una parte abbiamo la comunità internazionale, soprattutto i paesi del Nord sono all’avanguardia nei programmi di cooperazione. Poi ci sono le organizzazioni internazionali finanziate dai governi. Qui mi riferisco alle Nazioni Unite, alla Banca Mondiale e via dicendo. A questi si aggiungono naturalmente le ONG. Tutti assieme contribuiscono alle attività di sostegno.

Anche la Svizzera partecipa a queste iniziative. Il Governo stanzierà ancora più di 11 miliardi di franchi per i prossimi quattro anni. Rispetto al quadriennio precedente però ci sono delle novità…
Sì, ci sono delle novità, come ad esempio la riduzione dei paesi nei quali la Svizzera è attiva direttamente a livello bilaterale. Una decisione corretta, a mio modo di vedere, in quanto erano diventati troppi ed è anche giusto concentrare perché viste le risorse è meglio essere più efficaci in un minor numero di paesi. Naturalmente la questione è controversa in quanto ognuno la pensa in un certo modo sul quali siano i paesi da aiutare.

Altro obiettivo è quello di voler perlomeno stabilizzare la collaborazione con il settore imprenditoriale e finanziario svizzero. È una cosa che si fa già, ma le imprese evolvono e il loro modo di approccio può modificarsi nel tempo e possono offrire un contributo importante. Mi viene in mente come esempio l’Africa sub-sahariana dove c’è necessità di creare posti di lavoro e qui l’economia privata può e deve giocare un ruolo fondamentale. Basta guardare al documento che orienta la collaborazione internazionale, che detta l’agenda per lo sviluppo sostenibile fino al 2030, si vede chiaramente che gli obiettivi non possono essere raggiunti senza il contributo dei settori economici e finanziari.

Parlando di agende, in quelle politiche c’è un tema particolarmente presente ovvero i flussi migratori. Uno degli slogan più utilizzati è «Aiutiamoli a casa loro». Abbiamo visto che è una cosa che si fa, e con mezzi importanti. L’impressione è che le persone però non sappiamo esattamente cosa si faccia «a casa loro».
È chiaro che l’informazione non è sempre facile da fornire in modo adeguato. Lo sforzo viene fatto, nel senso di evitare che i migranti debbano emigrare. Un obiettivo, e qui bisogna essere chiari, che non si può raggiungere a corta scadenza. E allora qualcuno dice che l’aiuto esiste da anni ma non si vedono i risultati. Bisogna anche tener conto dell’aumento della popolazione, molto forte, soprattutto in Africa. C’è la fortissima urbanizzazione di questi paesi, un elemento che cambia, e di molto, le dinamiche. Senza dimenticare i cambiamenti climatici che stanno aggravando la situazione in molti paesi. Tutto questo per dire che le soluzioni-miracolo a corta scadenza non esistono.

Quando si pensa agli aiuti internazionali, anche qui l’idea generale è che tutti i fondi erogati vadano a finire nei paesi bisognosi. Quello che forse non è conosciuto è che anche per l’economia svizzera questi aiuti sono importanti.
Questo non è l’obiettivo principale della collaborazione internazionale, ma è innegabile che delle ricadute esistono. A parte il lato puramente economico, quindi l’acquisto di beni in Svizzera che poi serviranno ai progetti, vi è anche il fattore immagine. Lo dico perché nella mia esperienza internazionale ho visto quanto questo sia importante. La Svizzera è un paese ricco e il suo impegno è visto di buon occhio soprattutto dai paesi emergenti. Paesi dove le imprese elvetiche possono esportare i loro prodotti. Se il loro benessere aumenta, ne beneficiamo anche noi. Anche questo è uno degli obiettivi che stanno dietro la cooperazione internazionale.

Quando si parla di cooperazione internazionale vi sono due, diciamo, canali: i rapporti bilaterali, ovvero quelli diretti tra la Svizzera e il paese in questione beneficiario degli aiuti, ma anche quelli multilaterali, quindi attraverso istituzioni che spesso vengono viste con sospetto da una parte della popolazione.
La Svizzera agisce molto a livello bilaterale, ovvero direttamente nei paesi bisognosi, e questo è un fiore all’occhiello che la popolazione apprezza molto. Ma anche la collaborazione multilaterale, ovvero agire nell’ambito delle organizzazioni internazionali, come il fondo monetario internazionale, è molto importante. Ecco, qui forse la popolazione non capisce bene l’importanza di questa cosa. È vero che le critiche alle organizzazioni internazionali a volte sono giustificate, ci mancherebbe. Queste relazioni però sono importanti perché esiste un’ottima collaborazione tra quello che la Svizzera fa a livello bilaterale e l’attività di queste organizzazioni internazionali, rafforzando ulteriormente l’attività della Svizzera.

Professor Veglio, in conclusione, qual è la sfida più importante che secondo lei la comunità internazionale, anche attraverso le azioni che abbiamo citato, deve affrontare?
I cambiamenti climatici senza dubbio. Questa è una delle maggiori sfide che la comunità internazionale deve affrontare. E lo deve fare adesso. In particolare, l’adattamento ai cambiamenti climatici perché i cambiamenti non sono del futuro, ma stanno già avvenendo, in modo drammatico. Pensiamo all’agricoltura, ma anche alle infrastrutture urbane e qui ci saranno grosse necessità di finanziamento. E qui il ruolo della Svizzera dovrà essere importante. Naturalmente la lotta deve essere globale, la Svizzera da sola non può fare nulla. Quindi ci vorrà una maggiore coesione internazionale, anche se non è facile da ottenere.