La pubblicazione dei risultati del primo trimestre di quest’anno delle economie dei maggiori Paesi europei ha riservato alcune soddisfazioni ma anche una grossa preoccupazione. Le soddisfazioni vengono, per esempio, dall’economia italiana che indica una crescita dell’1,2 per cento. Per contro la Germania segnala un PIL in calo dello 0,1 per cento. Poca cosa in sostanza, se questo dato non facesse seguito a un altro dato negativo per l’ultimo trimestre del 2022. Si tratterebbe quindi di una «recessione tecnica», secondo la definizione usata dallo stesso istituto tedesco che pubblica i dati trimestrali sulla congiuntura. La preoccupazione nasce dalla considerazione che la Germania resta pur sempre la locomotiva delle economie europee e un partner importante di quelle mondiali. Ma gli economisti non si mostrano eccessivamente preoccupati, ricordando fra l’altro che anche gli Stati Uniti lo scorso anno hanno vissuto una recessione tecnica, però poi hanno chiuso l’anno in termini positivi. Il quadro generale dell’evoluzione economica, nonostante le molte tensioni geopolitiche e anche economiche, benché a livelli piuttosto bassi, mostra una buona tenuta delle varie economie. L’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) – che riunisce quasi una quarantina di Paesi, tra cui anche la Svizzera – indica un tasso globale di crescita del PIL dell’1,5 per cento, pur con alcune variazioni fra i vari tassi nazionali.
Negli USA la crescita è stata dell’1,6 per cento, ma in Gran Bretagna il PIL è aumentato soltanto dello 0,2 per cento. L’UE, nel suo complesso, può annunciare una crescita dell’1,2 per cento. Questo dato è importante per la Svizzera poiché proprio nei Paesi dell’UE conta i suoi maggiori partner commerciali. Questo dato attenua le preoccupazioni create dal dato della Germania, che resta pur sempre il nostro maggior cliente. Sorprende, in termini positivi, anche il risultato dell’Italia, pure fra i maggiori partner della Svizzera. L’Italia coglie i frutti dell’azione del Governo Draghi e si aspetta dal nuovo Governo un’azione efficace nell’utilizzo dei crediti concessi dall’Europa nell’ambito del piano di ripresa dell’economia (PNRR). Per quanto attiene alla Svizzera, possiamo contare sui dati più recenti, pubblicati dalla Segreteria di Stato dell’economia (SECO). Anche in questo caso le sorprese non sono mancate. Il PIL è infatti aumentato dello 0,5 per cento nel primo trimestre, nonostante la frenata in Germania, mentre alla fine dello scorso anno la crescita si era bloccata. Secondo gli economisti della SECO si è trattata di una reazione che ha evitato una recessione tecnica anche per la Svizzera, a seguito di quella tedesca.
Il risultato è dato da una buona crescita dei consumi privati, generata da una situazione positiva sul mercato del lavoro, avviato verso la piena occupazione, con tendenza in aumento nell’ambito salariale e con un tasso di inflazione non tale da influire sulla tenuta dei consumi interni e del turismo. Anche gli investimenti delle aziende crescono a un buon ritmo e perfino le esportazioni sono in aumento. I pareri non sono unanimi sull’evoluzione dei prossimi mesi. Il Centro di ricerca congiunturale del Politecnico di Zurigo (KOF), per esempio, pubblica un barometro congiunturale in peggioramento per la seconda volta, nel mese di maggio, soprattutto per l’industria manifatturiera. La SECO resta però positiva sull’evoluzione del PIL, per cui gli economisti della Confederazione prevedono per tutto l’anno una crescita moderata, attorno all’1,1 per cento. Il 2023 non sarà comunque un anno di boom economico, poiché mancano le premesse tanto a livello nazionale quanto internazionale. A livello mondiale le banche centrali stanno aumentando i tassi di interesse in modo da rallentare l’economia per ridurre l’inflazione, mentre non mancano molte incertezze sull’evoluzione politica, ma anche economica, per quanto concerne il problema energetico o quello delle catene di rifornimento, per non dire della minaccia di nuove epidemie o di un ritorno del Covid-19. Del resto, parecchi Paesi non sono ancora riusciti a riportare le loro economie al livello pre-Corona. Tra questi perfino la Gran Bretagna, che in più è alle prese con le conseguenze della Brexit e quindi con una crescita che resta di un mezzo per cento sotto quella dell’ultimo trimestre del 2019, come d’altro canto anche la Germania.
La Svizzera figura tuttora nel gruppo dei più forti, con un PIL del 3,6 per cento più alto rispetto a quello del 2019. Anche altri Paesi, come Stati Uniti e Svezia, hanno nettamente superato il livello di benessere di prima della pandemia (+5%) e la stessa UE constata un miglioramento del 2,4%. Altri Paesi sono però in ritardo e questo potrebbe avere un certo influsso sulla crescita globale del 2023. Da notare, poi, che tutti sono alle prese con un tasso di inflazione in leggera discesa, ma sempre troppo elevato. Questo obbliga le banche centrali (e anche quella svizzera) a una politica restrittiva, che può contrastare eventuali politiche di sostegno all’economia.