Metti due giovani ticinesi grintosi con la voglia di arrivare che hanno fatto una interessante esperienza – umana e professionale – all’estero, nello stesso luogo e nella stessa organizzazione. Sorge spontanea la curiosità e ti chiedi come Francesca Cerza, classe 1987, durante i suoi studi di Master Business Administration a Friburgo abbia deciso di fare uno stage di diversi mesi presso lo Swissnex di Boston e, ugualmente, ti chiedi che cosa abbia spinto Niccolò Iorno, classe 1985, biotecnologo con studi a Zurigo e a Parigi, a trasferirsi e a lavorarci per sei anni. Sicuramente lo spirito di innovazione, di inclusione e di grande apertura di un progetto che sembra perfettamente interpretare lo spirito dei nostri tempi e la necessità di uno sguardo sempre rivolto al futuro. Un progetto che offre ai giovani svizzeri – studenti, imprenditori, start upper – la possibilità di stare laddove il futuro già avviene e prende forma tracciando il sentiero di domani. «Boston come città è geniale, giovane, innovativa, un posto multiculturale in cui vive gente ambiziosa che viene da Harvard, vuole cambiare il mondo, c’è un’energia che ti stimola ogni giorno. Il primo anno ho avuto il privilegio di interagire con almeno due premi Nobel», racconta entusiasta Niccolò. Swissnex rappresenta dunque una preziosa opportunità di cui forse non tutti alle nostre latitudini sono a conoscenza. Per saperne di più ne abbiamo parlato con Mauro Moruzzi, Capo della Divisione Relazioni Internazionali della Segreteria di Stato per la formazione, la ricerca e l’innovazione.
Come e quando è nata Swissnex?
Storicamente la Rete Swissnex è partita come una spin off dell’ambasciata. Nasce dal concetto tradizionale di consigliere scientifico di ambasciata, una figura nata intorno agli anni 50 a Washington e andata via via espandendosi con il compito di promuovere e favorire la cooperazione internazionale nel settore della ricerca scientifica e tecnologica. Negli anni 2000, visti i tempi, ci si è chiesti se non fosse giunto il momento di andare oltre e cioè di portare questi consiglieri scientifici fuori dall’ambito strettamente diplomatico inserendoli invece in veri e propri hub scientifici di tecnologia e di innovazione. Così 17 anni fa è nato il primo hub.
La città era Boston, se non sbaglio?
La ricerca in America non si fa a Washington, e Boston, al di fuori dei confini della Silicon Valley, è la top location per lo sviluppo tecnologico e l’innovazione, con un altissima concentrazione di cervelli, spirito imprenditoriale e capitali. L’allora Segretario di Stato, il Consigliere scientifico di ambasciata e l’ambasciatore a Washington decisero di imbarcarsi nel progetto. La congiuntura fu loro propizia perché quasi contemporaneamente un facoltoso banchiere fece una importante donazione alla Confederazione per acquistare l’edificio destinato a diventare il primo hub, ovvero un negozio di alimentari a cinque minuti dal Massachussets Institute of Technology e da Harvard. La condizione che pose fu quella di utilizzare il locale per un periodo minimo di dieci anni promuovendo e coltivando l’interazione tra Svizzera e Stati Uniti nell’ambito della collaborazione scientifica. Sono passati 17 anni, dunque abbiamo ampiamente superato la soglia indicata e gli hub nel frattempo si sono moltiplicati.
Quanti hub rappresentano Swissnex nel mondo?
Tre anni dopo Boston è nato l’hub di San Francisco poi Singapore, Shanghai, Bangalore, Rio de Janeiro e San Paolo. Ognuno di essi è il punto, la piattaforma, il nodo all’interno di una grande Rete che mette in relazione e in comunicazione la Svizzera con il resto del mondo facendo incontrare tra loro i vari attori e le varie competenze provenienti dall’ambito della ricerca, dell’innovazione, della formazione, che non si incontrerebbero altrimenti. Grazie al lavoro dei singoli hub e allo spirito, che sta alla base del progetto, siamo diventati un supporto importante per il monitoraggio di quanto sta avvenendo, siamo una sorte di grande sensore in grado di rilevare elementi e sviluppi che sono determinanti per il futuro ma che non necessariamente sono ancora stati percepiti come tali.
È come se Swissnex costruisse dei ponti tra i saperi e le persone?
Esatto, Swissnex costruisce ponti tra la Svizzera e le più importanti zone di innovazione, tra l’industria locale tradizionale più competitiva e le potenzialità dello sviluppo tecnologico che arrivano ad esempio dalla California e poi unisce, fa incontrare persone e competenze contribuendo a rafforzare la piazza scientifica e industriale Svizzera.
Ma tutti gli hub funzionano allo stesso modo, lavorano agli stessi progetti?
La caratteristica peculiare di questi centri è quella di concentrare in un’unica sede persone competenti, idee e risorse. Poi però ogni hub si muove a modo suo con grandi differenze da paese a paese perché le logiche cambiano, il contesto politico e culturale pure. Per questo sul posto mettiamo a disposizione degli specialisti con il know how necessario per suggerire modalità da seguire, istituzioni da contattare e attori sul posto da coinvolgere per i diversi progetti. Quando un progetto internazionale di innovazione non funziona, nell’80 % dei casi è per motivi culturali, perché non ci si capisce, i tempi non sono uguali, le basi legali nemmeno, il modo di comunicare è diverso. Oggi chiamiamo Rete Swissnex non solo gli Swissnex in senso stretto ma anche i consiglieri scientifici di ambasciata il cui ruolo sta evolvendo nella stessa direzione, anche se mezzi e strumenti a disposizione sono più limitati in ambito strettamente diplomatico: ciò non toglie che sono risorse preziose per i partner svizzeri.
In concreto, quali sono le entità in Svizzera che si rivolgono a voi?
I nostri clienti tradizionali sono gli attori diretti del mondo della ricerca e della formazione svizzera cioè le università, i politecnici, e le scuole universitarie professionali o altre istituzioni del campo sul territorio. Dunque possono entrare a far parte di Swissnex studenti, dottorandi, docenti, giovani start upper, imprenditori ma talvolta anche multinazionali come la Nestlé o Swiss Re, interessate a fare scouting e disposte in cambio a mettere a disposizione risorse, contatti e know how. Grazie alla nostra Rete siamo in grado di aprire molte porte ai giovani e alle istituzioni svizzere permettendo loro di incontrare mondi e realtà diverse.
Ci fa un esempio di cooperazione tra Swissnex e le università?
Sette anni fa quando c’è stato lo sviluppo dei social media nessuna università svizzera aveva un’ idea chiara dell’importanza che il lavoro con i social media potesse avere per lo sviluppo della propria strategia di comunicazione e per la promozione della propria struttura. Così la Swissnex di San Francisco ha fatto la proposta di organizzare un seminario di un paio di settimane per i responsabili della comunicazione di tutte le università svizzere dei vari cantoni, inclusi i politecnici e le scuole universitarie professionali. È stato il punto di partenza dello sviluppo delle loro strategie di comunicazione web.
E invece tra Swissnex e il mondo dell’industria?
Il cantone di Neuchâtel ha creato una struttura gestita da giovani privati attivi nell’industria della microtecnica, dell’informatica, dell’orologeria ecc, e ha pensato di affittare posti di lavoro all’interno di Swissnex per formare cinque dei suoi giovani. L’idea di questa esperienza immersiva nasce dalla volontà di far incontrare tra loro persone con conoscenze e background diversi al fine di creare collaborazioni e una comprensione approfondita di ecosistemi diversi. Così i cinque giovani spediti dal Cantone di Neuchâtel, giovani imprenditori provenienti da una regione con poche competenze dal punto di vista dell’informatica in una logica dell’industria 4.0 stanno acquistando nuove competenze e know how da impiegare in un’industria manufatturiera svizzera tradizionale che mira a rimanere all’avanguardia.
Informazioni
www.swissnex.org