Nella seduta dello scorso 20 gennaio, il Consiglio federale ha proposto di scorporare Postfinance dal gruppo Posta, di farla diventare una banca a pieno titolo e di privatizzarla parzialmente. Così facendo, prende una certa distanza dal progetto messo in consultazione la scorsa estate, ma che in verità non aveva suscitato entusiasmo. Allora, il governo proponeva il solito compromesso svizzero, volto soprattutto a trarre Postfinance dalle difficoltà in cui stava muovendosi negli ultimi tempi.
Punto principale della riforma doveva essere quello di togliere le limitazioni che non permettevano a Postfinance di occuparsi del mercato dei crediti e, in particolare, di quello ipotecario. In effetti, l’azienda stava soffrendo parecchio a causa del livello bassissimo dei tassi di interesse, con la prospettiva di un eventuale cambiamento di tendenza che sta sempre più allontanandosi nel tempo. Tuttavia, già durante la consultazione, alcune istanze avevano sollevato perplessità: accanto ai politici che temevano una distorsione della concorrenza da parte di un organismo parastatale, anche i Cantoni, temendo la concorrenza alle banche cantonali, avevano manifestato dubbi. Questo tanto più che la riforma sarebbe stata poi accompagnata da una parziale privatizzazione dell’istituto. L’entrata di un organismo statale nel mercato del credito e in quello ipotecario aveva sollevato qualche timore, anche di tipo politico.
Per finire, gli atteggiamenti critici, a volte molto critici, sembrano aver avuto il sopravvento, al punto di considerare probabilmente molto fragile il proposto compromesso. Di conseguenza, il Consiglio federale sembra avere voluto una soluzione più drastica: non solo ha soppresso le limitazioni imposte a Postfinance, ma ne ha anche proposto una totale privatizzazione. Quindi, non solo Postfinance viene tolta dal gruppo Posta, ancora in mano statale, ma viene completamente privatizzata.
Non ci è quindi voluto molto tempo affinché le critiche rivolte dagli ambienti economici si trasformassero in critiche da sinistra. L’operazione viene quindi considerata «un attacco frontale al servizio pubblico» e come tale va respinta. Va però detto che la Confederazione dovrà poi chiarire quale sarà il ruolo di questa nuova banca. La sua creazione si basava, infatti, sulla necessità di garantire un traffico sicuro dei pagamenti, tramite il servizio pubblico della Posta. Compito, quindi, conferito a un organismo statale con la legge che gli impone il servizio al pubblico, nella misura del 90% della popolazione, che deve poter raggiungere il servizio entro 20 minuti a piedi o tramite mezzi pubblici. Cosa che già oggi non è più attuale, visto l’enorme sviluppo del traffico digitale, del resto stimolato dalle stesse banche e da molte aziende che vogliono ridurre il consumo di carta.
La transizione tramite la privatizzazione di Postfinance non sarà comunque cosa facile. Lo stesso dipartimento competente (DATEC) dice che, prima della privatizzazione, la Confederazione dovrà decidere una nuova definizione del traffico sicuro dei pagamenti (e cioè un servizio pubblico in questo contesto). A tal proposito si sta costituendo un gruppo di esperti che dovrà chiarire tutti gli aspetti del ruolo pubblico di un servizio che diventa privato.
La discussione si estenderà al ruolo di tutti i servizi postali, anche perché l’attuale Postfinance è molto imbrigliata nel gruppo Posta, sia finanziariamente, sia aziendalmente. Lo si vede, per esempio, negli uffici postali, senza i quali Postfinance non potrebbe svolgere il ruolo di servizio pubblico che le compete. Lo potrà un’azienda privatizzata? La risposta condizionerà il futuro delle due istanze. Ma soprattutto saranno determinanti gli aspetti finanziari, dal momento che oggi Postfinance copre una gran parte dei costi della Posta e dovrà essere chiarito chi compenserà i relativi ammanchi.
La proposta del Consiglio federale tendeva a migliorare la situazione aprendo le attività di Postfinance a settori redditizi. Finanziamento trasversale che a molti non piaceva e che costringerà la Confederazione a concepire un nuovo mandato di prestazione per la nuova Postfinance. Cosa non facile per un istituto privato che deve anche attirare gli investitori, oltre ai clienti. Per il momento, però, il Consiglio federale dovrebbe garantire una certa copertura in caso di fallimento. Inoltre, trattandosi di una «banca sistemica» dovrà dotarsi del capitale necessario, la cui consistenza dovrà essere fornita, almeno all’inizio, dalla Confederazione, il che non significherà però una «garanzia» di tipo tradizionale. Restano comunque aperti i problemi finanziari della Posta, alla quale mancheranno in ogni caso gli utili di Postfinance. Un nodo non facile da sciogliere e che anche in campo politico rischia di sollevare parecchie opposizioni.