Una posizione di privilegio

La Turchia di Erdogan è pronta a un ruolo di primo piano sullo scacchiere internazionale, ma la guerra in Ucraina la frena
/ 24.07.2023
di Lucio Caracciolo

Che cosa vuole la Turchia? È la domanda forse più interessante che possiamo porci per capire il momento della guerra in Ucraina. Nessun altro attore di peso si muove oggi con altrettanta insistenza nel mondo per tentare di avviare una mediazione tra Putin e Zelensky. E affermarsi conseguentemente come potenza di rango globale. Ankara è formalmente ed effettivamente membro della Nato, ma a modo suo. Cerca il dialogo con Mosca, da cui acquista sistemi missilistici mentre arma con i suoi speciali droni Bayraktar gli ucraini. Impone e poi ritira veti a paesi che vogliono entrare nell’Alleanza Atlantica, a dimostrare di essere l’unico fra gli Stati associati a svolgere di fatto una politica indipendente dal leader americano. Penetra in Asia centrale, facendo leva sulle comuni radici turche degli – stan ex sovietici, in competizione con i cinesi e con gli stessi russi. Ripropone, senza troppo crederci, la propria candidatura all’Unione Europea costringendo i Ventisette a improbabili giochi di parole per spiegare che non se ne parla mentre ne parlano.

Il primo errore da evitare quando si analizza la posizione turca è identificarla con il suo attuale leader Erdogan. Personalità prorompente, ego molto visibile, ma pur sempre provvisorio capo della Repubblica Turca e non quell’autocrate che molti semplicisticamente vorrebbero vedere. Tanto da aver vinto, pur di misura, le ultime elezioni politiche e presidenziali che gli aprono altri cinque anni di governo al timone della nazione turca. Lo sfondo su cui Erdoğan e la Turchia – Erdogan con la Turchia – muovono le proprie pedine geopolitiche è rappresentato dall’idea fissa di vedersi riconosciuto il ruolo di Grande. E questo spiega anzitutto le sue apparenti contraddizioni, la sua quasi estetica capacità tattica, e il suo scarso interesse a non smentire sé stesso.

Dal punto di vista geopolitico il limite maggiore che si pone alle ambizioni di Erdogan è la compressione della Repubblica Turca nello spazio anatolico. Frutto della catastrofica sconfitta nella Prima guerra mondiale, quando l’impero ottomano, decadente da almeno mezzo secolo, evapora e si instaura la Repubblica di Atatürk. Siamo nel 1923. Esattamente cent’anni dopo Erdogan si propone di compiere un salto di scala. Di usare quindi l’Anatolia non solo come spazio di protezione della nazione turca ma quale trampolino di lancio. Per questo il primo obiettivo è quello di allargare la propria influenza nell’estero vicino. Non solo inseguendo i curdi lungo la direttrice siriana o irachena e nemmeno tanto annettendosi di fatto l’Azerbaigian quasi fosse una provincia del suo Stato. L’obiettivo primo, qualche volta evocato con parole minacciose, è la Grecia. Più precisamente le isole dell’Egeo che premono sulla penisola anatolica e che impediscono ad Ankara di realizzare il sogno della Patria Blu. Marchio con il quale la Marina turca, qualche anno fa, ha battezzato i suoi progetti di egemonia mediterranea, da intendersi come premessa dell’accesso all’Oceano Mondo. Ciò che codificherebbe effettivamente la Turchia come attore di primissimo piano.

Ma per arrivare a Suez devi passare le barriere dell’Egeo e di Cipro. Oggi Ankara controlla non troppo indirettamente la parte settentrionale dell’isola condivisa con i greci. In una prospettiva non molto lontana Erdoğan immagina di poter estendere se non il controllo diretto quantomeno la sua influenza indiretta su Cipro, intesa come crocevia del Mediterraneo orientale. Tutto questo, ovviamente, prevede la fine della guerra in Ucraina. Obiettivo che pare oggi lontano, e che limita il ruolo di mediazione di Ankara a questioni di dettaglio, perché né russi né ucraini – tanto meno gli americani – sanno come far terminare decentemente questo conflitto. L’unica cosa certa è che quando questa guerra effettivamente si sospenderà (di vera pace non è il caso di sognare) tutti ci accorgeremo del ruolo che la Turchia è venuta ad assumere nel Mediterraneo orientale e nella zona del Mar Nero, tanto da farne in prospettiva la potenza regionale dell’area.

Questo significherà che la Turchia sarà un attore di primo piano anche in Europa. Questo vale per gli approvvigionamenti energetici, in particolare di gas russo e azero, che potrebbe trasformare la penisola anatolica in un perno gasiero di primo piano, complementare a quello nordafricano. Ma vale anche per la potenza militare. Oggi che tutti riarmano, la Turchia parte da una posizione privilegiata, disponendo delle Forze armate più efficienti e credibili nell’area euro-mediterranea.