Ancora una volta il popolo svizzero sarà chiamato a pronunciarsi su un soggetto di non facile comprensione e che si presta a interpretazioni divergenti: la riforma III dell’imposizione delle imprese, oggetto di un referendum.
Quello delle perdite fiscali per la Confederazione è l’argomento principale dei referendisti (vedi «Azione» del 17.10.2016). Ma – ancora una volta – il problema non può essere limitato alle sole perdite fiscali per la Confederazione. È già noto da tempo che il sistema di privilegi fiscali concessi da alcuni Cantoni alle società di sede è mal visto tanto a livello dell’Unione Europea, quanto a livello dell’OCSE. Inoltre, sul piano interno, si rimprovera ad alcuni Cantoni di praticare – con questo strumento – una concorrenza fiscale eccessiva nei confronti dei loro vicini.
D’altro canto non si può nemmeno negare che queste società privilegiate fiscalmente offrono in cambio posti di lavoro pregiati (e quindi anche buoni contribuenti, nonché importanti ricadute economiche), al punto che la Confederazione risarcirà i Cantoni che più soffriranno dall’eliminazione di questi privilegi.
Ogni riforma – e in particolare quelle fiscali – tende a migliorare una data situazione, tenendo conto degli interessi particolari (in questo caso dei Cantoni), ma soprattutto dell’interesse generale (quello dell’economia nazionale), evitando nella misura del possibile conseguenze spiacevoli. Saranno infatti interessate in Svizzera 24’000 aziende con 150’000 posti di lavoro. Il rischio che si corre è di provocare la partenza di alcune di esse verso lidi più attraenti, ciò che comprometterebbe anche l’attuale gettito fiscale per la Confederazione, che è di circa 4 miliardi di franchi.
Che questa politica del compromesso (anche fiscale) abbia ottenuto in Svizzera notevoli successi, lo dimostrano le cifre delle più recenti statistiche fiscali pubblicate dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) per i 35 paesi più ricchi dell’Organizzazione. Sono stati qui valutati sia l’influsso delle strategie fiscali sullo sviluppo dell’economia, sia quello sui gettiti a favore dello Stato. Stando ai dati per l’anno 2014, la Svizzera ottiene buone note proprio per quanto concerne i gettiti fiscali dovuti alla tassazione delle aziende. Gettiti che assommavano al 2,8 per cento del prodotto interno lordo. Dieci anni prima erano del 2,2 per cento e nel 1990 soltanto dell’1,7 per cento. A dipendenza della congiuntura, questi dati variano leggermente di anno in anno.
Nonostante tassi d’imposta per le aziende piuttosto bassi, la quota dei gettiti sul PIL era nettamente superiore a quella dei quattro paesi confinanti (eccetto il Liechtenstein) ed era nella media dei paesi dell’OCSE. Inoltre il PIL per abitante in Svizzera, anche tenendo conto del livello dei prezzi sensibilmente più alto, era notevolmente superiore a quello della maggior parte degli altri paesi. Ciò è sicuramente dovuto a parecchi fattori, ma anche alla politica fiscale.
Il successo della politica fiscale svizzera per le aziende si manifesta con i gettiti delle imposte sugli utili, commisurato al numero di abitanti. Nel 2014, questi introiti in Svizzera erano di circa il 50 per cento superiori a quelli della media dei paesi dell’OCSE e quasi il doppio di quelli dei paesi confinanti, nonostante nel confronto internazionale presenti sempre aliquote di imposta sugli utili inferiori. Se, inoltre, si considera la media ponderata delle aliquote sugli utili nei capoluoghi di ogni cantone, si constata che la tassazione degli utili delle aziende è di circa un terzo inferiore a quella media dei paesi confinanti.
Rispetto alla situazione attuale, il pacchetto di riforme in votazione il 12 febbraio provocherà un leggero aumento di imposte per aziende internazionali molto mobili. A breve scadenza si potrebbero quindi registrare gettiti superiori, ma le imprese piccole e medie del mercato svizzero beneficeranno di riduzioni d’imposte.
Il successo del sistema fiscale svizzero è evidente non solo nel confronto internazionale. Anche sul piano puramente interno i gettiti sono infatti aumentati da 6 a 18 miliardi di franchi per le tasse sugli utili aziendali (per Confederazione, cantoni e comuni) con una crescita superiore al PIL. La cosa non è passata inosservata all’estero, per cui le pressioni sul sistema fiscale svizzero sono aumentate.
Sistema che conferma che le imposte elevate aumentano i gettiti a breve scadenza, ma poi gli utili tassabili tendono a diminuire, a causa sia di manovre di aggiramento, sia di partenze, sia di minori arrivi di aziende, soprattutto se le aziende internazionali godono di una grande mobilità. La riforma attuale tende a ridurre al minimo questi inconvenienti.