Essere astronauti non è cosa per tutti. La scorsa settimana l’Amministrazione federale dell’aviazione americana ha riscritto le regole per la definizione dello status di astronauta. L’autorità statunitense ha fatto sapere che non basta viaggiare almeno a 80 chilometri dalla superficie terrestre, ma gli abitanti della navicella devono anche aver compiuto, durante il volo, «attività essenziali per la sicurezza pubblica o per contribuire alla sicurezza del volo umano spaziale». Il messaggio è chiaro: voi ricchi imprenditori che spendete soldi ed energie per volare nello spazio non potete definirvi astronauti perché siete solo passeggeri. La discussione è particolarmente accesa in questo periodo, dopo la competizione sui viaggi commerciali nello spazio lanciata da sir Richard Branson, magnate inglese e padre della Virgin group, e da Jeff Bezos, ricchissimo fondatore di Amazon.
Per diciassette anni la divisione scientifica della Virgin ha studiato e progettato un razzo spaziale in grado di portare in orbita bassa – subito oltre l’atmosfera terrestre, non nello spazio profondo – le persone comuni e non addestrate. È il grande sogno dei voli commerciali nello spazio, una specie di ossessione per Richard Branson che crede da tempo, come Bezos, che l’orbita sia il futuro degli spostamenti veloci di persone e merci. L’11 luglio scorso il miliardario inglese, a settant’anni, è diventato il primo uomo a testare con successo il suo personale veicolo spaziale. Partito dallo spazioporto nel New Mexico di proprietà della Virgin, Branson e il suo team hanno volato per pochi minuti tra l’atmosfera e lo spazio, in assenza di gravità, prima di far ritorno sulla terra. Era il quarto test di volo del nuovo veicolo della Virgin. A bordo della navicella, battezzata SpaceShipTwo, c’erano il pilota Dave Mackay e il copilota Michael Masucci e quattro passeggeri: il patron Branson, la responsabile dell’addestramento di Virgin galactic Beth Moses, l’ingegnere capo Colin Bennett e la capa della ricerca scientifica Sirisha Bandla. Quest’ultima, di origini indiane, è diventata una star in India per i successi ottenuti con la Virgin.
Neanche dieci giorni dopo il volo della Virgin galactic, il 20 luglio scorso è stata la volta della New shepard, la navicella costruita dalla Blue origin di Jeff Bezos. Il fondatore di Amazon, appassionato di affari spaziali e visionario promotore del turismo oltre l’atmosfera terrestre, ha iniziato nel 2000 a lavorare nel settore fondando la Blue origin, che recentemente è arrivata a collaborare con la Nasa, l’agenzia spaziale americana. Anche solo per come è costruita, con il più grande finestrino mai progettato per un veicolo spaziale, la New shepard ha come obiettivo soprattutto il turismo. Il volo della Blue origin nello spazio è durato poco più di dieci minuti, e insieme al fondatore Jeff Bezos hanno volato il fratello, Mark Bezos e due persone rappresentative del futuro dei viaggi spaziali, la più anziana e il più giovane a viaggiare oltre l’atmosfera terrestre. La prima si chiama Wally Funk, oggi ha 82 anni e negli anni Sessanta era stata selezionata come astronauta del programma spaziale americano, senza mai volare. Il secondo è lo studente diciottenne olandese Oliver Daemen, che ha «vinto» il biglietto sulla navicella di Bezos dopo che il riccone che aveva acquistato il viaggio per 28 milioni di dollari è stato costretto a ritirarsi.
La competizione tra la Virgin galactic di Branson e la Blue origin di Bezos (a cui andrebbe aggiunta anche la SpaceX di Elonk Musk) è stata definita la nuova corsa allo spazio tra miliardari, una competizione che riguarda il raggiungimento di record e primati ma anche il primo posto nella collaborazione con le agenzie governative e l’innovazione. Dopo i due voli, per giorni l’industria spaziale internazionale ha parlato di un passaggio storico, perché fino a poco tempo fa il volo umano spaziale è stato gestito da compagnie istituzionali, regolamentato dai Governi e dalle autorità internazionali. E il motivo è che lo spazio è d’interesse pubblico e scientifico, ma per progettare ed eseguire un volo è necessario un mastodontico budget da cui si ricavano difficili vantaggi economici. L’arrivo delle compagnie private nel settore aerospaziale e nell’esplorazione rende tutto più competitivo, ma non meno problematico.
Una delle polemiche che più hanno accompagnato i tour turistici di Branson e Bezos nello spazio ha a che fare con la lotta ai cambiamenti climatici: secondo Dallas Kasaboski, analista della società di consulenza spaziale Northern sky research, un singolo volo di turismo spaziale suborbitale, della durata di circa un’ora e mezza, può generare tanto inquinamento quanto un volo transatlantico di dieci ore. Ci si domanda quindi se sia sostenibile iniziare a promuovere l’idea di viaggi spaziali quotidiani riservati a ricchi passeggeri, in un momento in cui sempre più Governi riconoscono la necessità di attuare politiche a zero emissioni.
L’altro aspetto interessante della sfida spaziale è la trasformazione che ha avuto il concetto di esplorazione sin dai tempi della Guerra fredda. La corsa allo spazio di oggi, infatti, non è più uno scontro tra ideologie – da un lato l’Unione sovietica, dall’altro l’America che si contendevano il primato nelle conquiste scientifiche – ma di sistemi. La Cina, con l’aiuto della Russia, sta continuando il suo programma spaziale ambizioso e futuristico, guidato dalla leadership di Pechino, dove il settore della ricerca scientifica è sovrapposto a quello della difesa. Il programma spaziale cinese è un programma militare. Dall’altro capo del mondo c’è l’America, e il sogno spaziale coltivato dalla propaganda della Nasa sin dagli anni Settanta e Ottanta. Il programma americano di volo umano, lo Space shuttle, è andato in pensione definitivamente nel 2011, dopo una serie di disastri (come quello del Challenger nel 1986) e il progressivo definanziamento dei costosissimi progetti. Adesso la Nasa può appoggiarsi alle idee e agli ingegneri delle compagnie private, con cui collabora ormai da qualche anno. A oggi il modello spaziale americano è misto, ma sempre più lontano da quello militaristico di Pechino e Mosca.
Una gara tra miliardari e militari
Nella corsa allo spazio il confronto è tra due modelli. Da una parte ricchissimi privati che collaborano con la Nasa, dall’altra la Cina con il suo ambizioso programma in cui i settori della ricerca e della difesa si sovrappongono
/ 02.08.2021
di Giulia Pompili
di Giulia Pompili