Una durata di vita di 60 anni?

Centrali nucelari - L’Ufficio federale per l’energia prevede fino al 2050 un forte aumento delle importazioni di energia elettrica. Prolungando l’attività delle centrali nucleari si potrebbero evitare grossi problemi di approvvigionamento
/ 09.08.2021
di Ignazio Bonoli

L’approvvigionamento elettrico della Svizzera è un tema di grande attualità di questi tempi. Il riaccendersi delle discussioni è dovuto anche alla decisione del Consiglio federale di chiudere le trattative su un accordo quadro con l’Unione Europea. Infatti, tale decisione rischia fortemente di mandare a monte un accordo sull’energia elettrica e creare non poche difficoltà alla fornitura di elettricità al mercato elvetico.
Si sa che l’interscambio di energia con l’Europa è sempre stato molto intenso. Questo è dovuto in gran parte al tipo di produzione in Svizzera e ai momenti di maggior consumo. La Svizzera, con gli impianti idroelettrici, raggiunge le punte massime di produzione durante l’estate, mentre registra le punte massime di consumo in inverno. Questo significa che, durante il periodo estivo, la Svizzera può perfino esportare energia elettrica, mentre in inverno è costretta ad importarne. Da qui l’importanza di uno scambio intenso con i paesi vicini.
Alla situazione si è potuto porre riparo in parte con la produzione delle centrali nucleari, che non dipende dalle stagioni. Questa nuova energia copre soltanto circa il 40% della produzione totale. In prospettiva però anche la Svizzera – come altri paesi – prevede la chiusura di queste centrali, la cui durata massima è stata valutata in circa 50 anni. Come altri paesi anche la Svizzera sta realizzando impianti di produzione alternativi, come quelli per l’energia solare o per l’utilizzazione del vento. Anche in questi casi però, per il momento, la produzione è limitata, mentre l’impatto ambientale è talvolta elevato.

Anche la produzione idroelettrica potrebbe essere aumentata, ma a costo di grossi investimenti e in tempi lunghi, con evidenti impatti ambientali pure in questo caso. Considerazioni di questo tipo hanno indotto a prevedere un prolungamento della durata di vita degli attuali impianti nucleari da 50 a 60 anni. E questo anche in considerazione del fatto che il consumo di elettricità continuerà ad aumentare e si intensificherà con la diversificazione dei modi di consumo: per esempio con il previsto passaggio dai motori a combustione a quelli elettrici.

In realtà non esiste un obbligo legale di chiudere le centrali nucleari dopo 50 anni. Il termine fa però in modo che i due principali produttori di energia nucleare – cioè le centrali di Gösgen e Leibstadt – dovranno chiudere entro il 2029 e rispettivamente il 2034. Qualche scalpore ha quindi suscitato la dichiarazione del direttore aggiunto dell’Ufficio federale per l’energia Pascal Previdoli durante un incontro dell’Associazione svizzera delle aziende elettriche. Previdoli crede, infatti, che un prolungamento di 10 anni della durata di vita delle centrali nucleari potrebbe risolvere parecchi problemi del mercato svizzero dell’elettricità.

Secondo l’Ufficio federale, già la chiusura della centrale di Beznau provocherà, nel 2023, un’impennata delle importazioni netta nel semestre invernale. Impennata che si accentuerà nel 2029 e poi toccherà la punta massima nel 2034, con la fine della produzione di energia nucleare in Svizzera. Dal canto suo la produzione di energia alternativa riuscirà a coprire solo in parte il fabbisogno di energia elettrica anche dopo il 2050. Un prolungamento di 10 anni della produzione nucleare svizzera risolverebbe buona parte del problema, per cui a Berna si sta studiando questa possibilità.

Ovviamente in primo piano ci sono i problemi di sicurezza e quelli delle scorie, che però sono conosciuti e, secondo gli esperti, anche risolvibili. Altrettanto ovviamente conta anche il prezzo di produzione. Qui nasce però un vantaggio per le centrali nucleari. Siccome non producono CO2 non devono sopportare alti costi di risanamento o di acquisto di costosi certificati di emissione e questo proprio in inverno, quando il consumo di energia cresce in tutta l’Europa. Del resto proprio le misure adottate dal piano climatico dell’UE provocheranno un forte aumento dei prezzi, che rimarrà costante nel tempo.

Un prolungamento della durata di vita delle centrali nucleari potrebbe perciò rivelarsi come un ottimo affare per le centrali stesse. Resta però un acuto problema politico da risolvere. I movimenti contrari al nucleare ricordano che le centrali che invecchiano sono soggette ad avarie frequenti e quindi a interruzioni di produzione. Non ci sono sufficienti esperienze per durate d’esercizio così lunghe. Inoltre, sarebbe assurdo finanziare i costi necessari invece di devolvere maggiori fondi alle produzioni alternative. Tuttavia il rischio di una carenza di energia elettrica dopo il 2035 è evidente e si dovrà risolverlo, anche in attesa di un eventuale rinnovato accordo con l’Unione Europea.