Un salvagente per i media

Votazione federale 1 - Il 13 febbraio al voto il pacchetto di aiuti supplementari ai media, soprattutto alla carta stampata, anche per compensare gli aumenti dei costi di distribuzione postali
/ 07.02.2022
di Alessandro Carli

Calo della pubblicità e degli abbonati, con problemi finanziari non indifferenti: i giornali sono alle corde. A quasi quatto anni dalla netta bocciatura dell’iniziativa «No billag» (con il 71,6% dei voti) per lo smantellamento del canone radio-TV, il settore dei media deve nuovamente affrontare un voto popolare. Il prossimo 13 febbraio, gli Svizzeri dovranno dire se vogliono aumentare di 151 milioni di franchi l’aiuto annuo concesso ai media, contro il quale è stato lanciato il referendum. Secondo i primi sondaggi, questo sostegno finanziario non è scontato.

Nel corso degli anni, gli introiti dei media tradizionali si sono sciolti come neve al sole. Ne è conseguito un impoverimento del paesaggio mediatico svizzero, in particolare dell’informazione locale. Il Consiglio federale ricorda che i media locali e regionali contribuiscono al processo di formazione dell’opinione politica e alla coesione sociale, ma versano in difficoltà finanziarie: gli introiti della pubblicità confluiscono sempre più nelle casse delle grandi piattaforme Internet internazionali.

A causa della difficile situazione finanziaria, dal 2003 sono scomparsi più di 70 giornali. Senza sostegno, altre testate rischiano di dover chiudere i battenti, mentre radio locali, televisioni regionali e media digitali saranno sempre di più in difficoltà. La copertura degli avvenimenti svizzeri si è ridotta, provocando una carenza informativa, segnatamente regionale e locale, sostiene la ministra della comunicazione Simonetta Sommaruga.

Il pacchetto di aiuti mira a consolidare i media locali e regionali, affinché «gli abitanti di tutte le regioni continuino a essere informati su quanto accade nelle loro vicinanze». Prevede anche una riduzione per la distribuzione di quotidiani e settimanali in abbonamento, nonché per la stampa associativa e per quella delle fondazioni. Il testo comprende pure il sostegno alle agenzie di stampa, dato che distribuiscono ad altri media informazioni provenienti da tutta la Svizzera, nonché alle scuole di giornalismo e al Consiglio svizzero della stampa, con un contributo annuo di 28 milioni.

Inoltre, viene aumentato il sostegno alle radio locali private e alle televisioni regionali. Come ora, unitamente ai giornali e ai media digitali, sono libere di informare in ogni ambito. Le autorità non potranno influenzare i contenuti degli articoli o delle trasmissioni. L’indipendenza dei media è garantita. Il pacchetto di misure è finanziato, nella proporzione di 1/3, con il canone radiotelevisivo esistente e, di 2/3, attingendo alle finanze federali. Non sono necessarie nuove imposte. In tutto è previsto un aiuto annuo massimo di 151 milioni di franchi.

Per il comitato referendario «No ai media finanziati dallo Stato», che riunisce una settantina di deputati dell’UDC, del PLR e del Centro e che si è costituito lo scorso giugno dopo l’adozione parlamentare delle misure di sostegno alla stampa, questi aiuti sono «inutili e dannosi» e screditano i media, che perdono la loro indipendenza e non possono più fungere da «quarto potere». Ma l’autonomia dei giornalisti «non è assolutamente messa in causa», ha replicato Simonetta Sommaruga. Il progetto si basa infatti su strumenti comprovati, in vigore da tempo, che non hanno mai destato sospetti sul lavoro dei media.

La stampa scritta disporrà complessivamente di 120 milioni per la distribuzione dei quotidiani in abbonamento o dei giornali associativi. Una novità: altri 30 milioni serviranno a sostenere i media online. Questo importo, che costituisce anche uno dei punti più contestati del pacchetto di aiuti, sarà prelevato dalle risorse generali della Confederazione. Sin dalla metà degli anni Novanta, le emittenti radiofoniche locali private e quelle televisive regionali ricevono contributi per il loro servizio pubblico. Ora ammontano a 81 milioni di franchi annui e saliranno a 109 milioni (+28).

La ministra della comunicazione ha ribadito che «senza i media, mancano informazioni importanti». Google o Facebook non riferiscono sui fatti regionali, sottolineano anche gli editori, gli ambienti culturali e sportivi, la sinistra e i Verdi liberali. Per costoro, le radio, i giornali locali, le televisioni regionali o i media online restano mezzi indispensabili. Coprono avvenimenti politici, economici, culturali, sportivi e sociali. Proprio i dibattiti politici e sociali hanno bisogno di un’informazione diversificata, credibile, fondata e a volte provocatoria.

Un punto di vista contestato dagli oppositori, secondo i quali i media finanziati dallo Stato «impediscono un dibattito pubblico diversificato e minano la libertà d’espressione». Secondo loro «si tratta di un veleno per la democrazia». Il comitato di referendum vede in questi aiuti soprattutto uno sperpero di denaro dei contribuenti che «non sono il bancomat dei gruppi editoriali», come CH-Media o Ringier, che metterebbero le mani sul 70% del pacchetto. «Il progetto non migliorerà la capacità di adattamento dei media e questo aiuto finanziario supplementare – avverte economiesuisse – «manca l’obiettivo e introduce un precedente». Infatti, perché iniettare fondi direttamente in un determinato settore economico e non in un altro?

In caso di bocciatura del progetto, i media svizzeri non riceveranno alcun sostegno finanziario supplementare, con il rischio di veder scomparire altre testate e di assistere all’indebolimento di radio e tv locali. Ma la decisione spetta al cittadino e, come detto, il dato non sembra ancora tratto.