Dopo l’ondata di «fusionite» che ha colpito pressoché tutti i comuni della Svizzera, da qualche tempo è in atto un certo ripensamento. Alcuni comuni sono delusi dei miglioramenti che un’unità più grande avrebbe dovuto portare e che invece non si vedono. Ma anche a livello più alto, cioè a livello di Associazione dei comuni svizzeri, si constata che anche comuni più grandi hanno poco potere decisionale e soprattutto non riescono a influire su decisioni che vengono prese dall’alto, cioè da Cantoni e Confederazione. Lo ribadisce in un’intervista il nuovo direttore dell’Associazione, Christoph Niederberger, che evoca anche la possibilità di chiedere un referendum comunale, simile a quello oggi riservato ai cantoni.
L’Associazione svizzera dei comuni è il rappresentante dei comuni a Berna. Dei 2222 comuni che conta oggi la Svizzera ben 1600 fanno parte dell’Associazione, il cui scopo principale è quello di rafforzare il ruolo delle comunità locali, in quanto base del sistema federalistico svizzero. Accanto all’impegno politico, l’Associazione offre ai suoi membri parecchi servizi nel campo della formazione, della gestione e dell’amministrazione dei comuni. Dal 1. agosto di quest’anno ha un nuovo direttore che dispone di una vasta esperienza nel campo della gestione degli enti pubblici. Ingegnere forestale, 47 anni, Niederberger è stato segretario del Dipartimento delle finanze del canton Obwalden fino al 2010, per poi assumere il segretariato generale della Conferenza dei direttori dei dipartimenti cantonali dell’economia.
Insieme con l’attuale presidente dell’Associazione, il consigliere agli Stati UDC sciaffusano Hannes Germann, ha lanciato l’idea di un referendum comunale a livello di Confederazione. Idea non del tutto nuova, poiché pochi anni fa le città svizzere avevano chiesto di ampliare i loro diritti politici. Un’iniziativa parlamentare chiedeva che le città con più di 100’000 abitanti potessero disporre ognuna di un seggio al Consiglio degli Stati con diritto di voto limitato. L’iniziativa è stata respinta a grande maggioranza dal Consiglio Nazionale.
Ora si spera che la stessa sorte non debba toccare anche alla proposta di referendum comunale. Secondo i proponenti, la sola possibilità di indire un referendum potrebbe aumentare il peso dei comuni nel dibattito politico. Sarebbe un mezzo di pressione di un certo peso, precisa il nuovo direttore dell’Associazione dei comuni. Anch’egli è però cosciente che le possibilità concrete di riuscita sono poche. La Commissione dei diritti politici del Consiglio Nazionale si è già occupata del tema e ha deciso di respingere la proposta con 12 voti contro 8 e tre astensioni. Ma, secondo i sostenitori, il risultato significa che il referendum comunale gode di parecchie simpatie.
Tuttavia, questa non è l’unica difficoltà da superare. La stessa associazione delle città svizzere che, pur essendo d’accordo che si sollevi ancora una volta il tema del ruolo dei comuni, teme che il referendum vada unicamente a favore dei piccoli comuni, a cui dovrebbe contrapporre il peso e l’importanza politica dei grandi agglomerati. I rispettivi interessi possono infatti essere molto divergenti, per esempio sui problemi del traffico o della suddivisione di compiti e competenze. Tuttavia, il nuovo strumento, anche secondo le città, potrebbe servire laddove si voglia contrastare la crescente tendenza, presso Confederazione e cantoni, di scaricare oneri sui comuni, con conseguente perdita di competenze. Un esempio probante è quello recente in campo sociale, in particolare per i costi delle cure, dell’assistenza agli anziani e agli invalidi.
Sul piano cantonale, già sette cantoni, compreso il Ticino, conoscono l’istituto del referendum comunale. A livello federale, qualcuno ricorda anche l’azione dei cantoni di 25 anni fa, quando venne costituita la Conferenza dei governi cantonali, in vista delle trattative bilaterali con l’Unione Europea, diventando una delle voci importanti nella Confederazione. Solo nel 2003 si decise però il lancio di un referendum cantonale.
Per i comuni l’operazione sarebbe molto più difficile, ma potrebbe essere un passo, magari solo teorico, ma importante, per sottolineare il ruolo dei comuni nella Confederazione, porre un limite alla perdita costante di potere politico e disporre di un mezzo in più per esercitare una certa pressione a Berna. Si potrebbero così contrastare decisioni prese dall’alto e imposte all’organo esecutivo che di regola non viene nemmeno consultato.