Un Papa in movimento

Vaticano - Il significato dei viaggi che caratterizzeranno l’estate di Francesco e uno sguardo ad alcune importanti nomine
/ 31.07.2023
di Giorgio Bernardelli

A meno di due mesi dall’intervento all’intestino, Papa Francesco il 2 agosto parte per un nuovo viaggio apostolico fuori dall’Italia, che lo porterà a Lisbona per la Giornata mondiale della gioventù, il mega-raduno dei giovani cattolici che quest’estate torna a fare tappa in Europa. Da Wojtyla in poi, negli ultimi trent’anni gli incontri dei pontefici con i «papa-boys» sono sempre stati una boccata d’ossigeno per la Chiesa cattolica ed è naturale che Bergoglio non volesse mancare all’appuntamento. Ma in questa strana estate vaticana il Papa che si rimette in viaggio – e che dopo la prima volta del 2017 farà tappa di nuovo anche al santuario delle apparizioni mariane di Fatima – assume un significato particolare alla luce dell’inatteso colpo all’acceleratore dato nelle ultime settimane da Francesco al suo pontificato.

Prima in Portogallo

Il Portogallo sarà, infatti, solo la prima tappa di un trittico di viaggi internazionali di grande rilievo in programma tra agosto e settembre. Dopo il bagno di folla tra i giovani cattolici provenienti da tutto il mondo, già il 31 agosto papa Francesco sarà infatti di nuovo in partenza per quella che in assoluto sarà la più anomala tra le visite apostoliche compiute dai pontefici in giro per il pianeta. Bergoglio andrà infatti a Ulan Bator per incontrare la piccolissima Chiesa apostolica della Mongolia: 1500 cattolici in tutto, sparsi nel territorio immenso del Paese della steppa. Sarà un viaggio in una frontiera missionaria, in un posto dove il cattolicesimo è rinato da appena trent’anni, sulle macerie lasciate dall’impero sovietico. Una comunità per la quale Francesco ha mostrato una particolare predilezione, avendo già assegnato l’anno scorso al suo giovane vescovo – l’italiano Giorgio Marengo – il titolo di cardinale.

Non può, però, sfuggire anche la collocazione geografica della Mongolia, Paese incastonato tra la Russia e la Cina, su una delle direttrici cruciali della geopolitica di oggi. E non è difficile immaginare che anche da Ulan Bator papa Francesco tornerà a lanciare il suo grido di pace per l’Ucraina, caduto finora nel vuoto. Come al momento scarsi risultati sembra aver prodotto la missione del suo inviato, il card. Matteo Zuppi, che ha fatto tappa nelle ultime settimane a Kiev, a Mosca e a Washington. Dopo la Mongolia per Francesco sarà poi la volta della Francia, dove il 23 settembre visiterà Marsiglia; una trasferta di un solo giorno, legata a un evento, un incontro di vescovi provenienti da tutti i Paesi del Mediterraneo. Ma il tema delle migrazioni – così caro a Bergoglio – e gli echi dell’ondata di violenze scatenatasi poche settimane fa da Nanterre in tutto il Paese, renderanno anche questo appuntamento decisamente rilevante.

Non sono, però, solo i viaggi a riempire l’estate dell’ottantaseienne papa Francesco: in queste settimane il pontefice ha preso anche alcune decisioni particolarmente significative per il governo della Chiesa. Una su tutte: la nomina di uno dei ruoli chiave del Vaticano, il prefetto del dicastero della Dottrina della fede, il ruolo all’ex Sant’Uffizio che nel pontificato di Giovanni Paolo II fu di Josef Ratzinger. Bergoglio ha chiamato un fedelissimo, l’arcivescovo argentino Víctor Manuel Fernández, 62 anni, teologo lontanissimo dal profilo dell’arcigno difensore dell’ortodossia. E proprio per chiarire a tutti che il cambio di registro era proprio la sua intenzione, insieme alla nomina Francesco ha inviato a Fernández una lettera in cui stigmatizza i «metodi immorali» usati in passato dal dicastero per perseguire possibili errori dottrinali. Al nuovo prefetto chiede di dedicarsi a custodire e ravvivare la fede, accrescendone l’intelligenza e la trasmissione al servizio dell’evangelizzazione, affinché «la sua luce sia un criterio per comprendere il senso dell’esistenza, soprattutto di fronte agli interrogativi sollevati dal progresso della scienza e dallo sviluppo della società».

Sguardo alle periferie

Fernández è stato immediatamente inserito nella lista di 21 nuovi cardinali annunciata – anche questa a sorpresa – domenica 9 luglio. Scelte come sempre effettuate dal Papa seguendo criteri propri, che guardano alle periferie della Chiesa molto più che alle diocesi considerate tradizionalmente importanti nel mondo cattolico. Con questo nono concistoro – che verrà celebrato ufficialmente il 30 settembre – il numero di cardinali creati da Francesco con diritto di voto in un futuro conclave supera ormai abbondantemente la soglia dei due terzi, necessaria per eleggere un pontefice. Oltre a Fernandéz tra i nomi dei nuovi cardinali scelti da Francesco altri due sono da tenere d’occhio: innanzi tutto il bergamasco Pierbattista Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme, che sarà il primo titolare di questo ruolo a entrare nel collegio cardinalizio. È un presule relativamente giovane (59 anni) ma con una grande esperienza maturata in un contesto difficile come quello del Medio Oriente e stimato anche da gruppi di orientamenti tra loro molto diversi all’interno del mondo cattolico: è un nome che spariglia le distinzioni tra conservatori e progressisti.

Dialogo con la Cina

L’altra nomina cardinalizia di peso è quella del vescovo di Hong Kong, mons. Stephen Chow Sau-yan: già in passato i pontefici avevano scelto l’ex colonia britannica per comprendere un presule cinese nel collegio cardinalizio. Ma la nomina del prudente mons. Chow assume un rilievo particolare nella situazione attuale di Hong Kong, scossa dalla dura repressione imposta da Pechino alle proteste del 2019. L’attuale vescovo non ha il profilo battagliero dell’ultranovantenne card. Zen, che scendeva in piazza con i giovani. È un uomo di mediazione, che poche settimane fa è stato anche in visita a Pechino. Ma ha comunque chiesto pubblicamente alle autorità un «gesto di clemenza» per le migliaia di persone in carcere per motivi politici. Nominandolo cardinale, Francesco gli affida il delicatissimo compito del dialogo con la Repubblica Popolare Cinese, che il Papa vuole assolutamente tenere aperto. In sintesi: quelle dell’estate 2023 sono tutte scelte e gesti di un pontefice che guarda alla Chiesa del futuro. Soprattutto a quella che verrà dopo di lui.