Un duello all’ultimo sangue

La guerra mondiale è al momento sventata ma il conflitto tra russi e ucraini continuerà a tempo indeterminato. Spetterà poi all’Europa aiutare Kiev a rimettersi in piedi, mobilitando risorse che non ha
/ 28.11.2022
di Lucio Caracciolo

Nelle ultime settimane la guerra in Ucraina ha cambiato paradigma. Si è profilata infatti una forma di intesa molto informale ma effettiva che coinvolge russi, americani e cinesi. In breve: non vogliamo che questa guerra trascenda in guerra mondiale. I segnali in questo senso sono venuti sul fronte dei rapporti fra Russia e America prima, America e Cina poi. Già da alcuni mesi emissari del Cremlino e della Casa Bianca si sono incontrati a più riprese per esplorare le possibilità di un negoziato concreto che ponga se non fine almeno pausa alla guerra in Ucraina. I cinque giorni spesi da Sergej Lavrov a settembre negli Stati Uniti, incontrando alcuni importanti esponenti americani, hanno avviato una rete di contatti che si è ormai strutturata. Non c’è nessun tipo di intesa sulla soluzione, ma c’è invece un accordo sul fatto che la guerra va limitata. Arrivando a un cessate il fuoco invernale, punto di partenza per un congelamento di lungo termine del conflitto.

In questo senso si sono spesi anche i cinesi, in modo parallelo all’iniziativa americana. A Samarcanda in settembre Xi Jinping aveva manifestato nei modi più chiari la sua insoddisfazione per la prestazione russa in Ucraina. Soprattutto per essere stato male informato – lui ha detto di non esserlo stato affatto, ma nessuno ci crede – da Putin circa tempi e modi dell’«operazione speciale». Il leader del Cremlino non l’ha presa affatto bene, anche perché nel frattempo Pechino si è rifiutata di offrire qualsiasi sostegno militare ai russi. Nei giorni successivi all’incontro di Samarcanda la tensione tra Pechino e Mosca è cresciuta, sia pure in modo sotterraneo. Qualche segnale chiaro c’è comunque stato: per esempio un deposito della COSCO (China Ocean Shipping Company, una compagnia di Stato cinese che fornisce servizi di spedizioni e di logistica) in Ucraina è stato colpito dall’artiglieria russa.

La svolta verso l’intesa informale a tre è arrivata a metà novembre. Prima la vicenda che non sarà mai del tutto chiarita del missile piovuto in Polonia il 15 novembre, poi l’incontro bilaterale tra Joe Biden e Xi Jinping a Bali, durante il summit del G20.  Quanto al missile, pochi minuti dopo l’impatto il Pentagono aveva già provveduto a derubricare l’evento come incidente causato per errore da un missile non partito dalla Russia. Per tutta la notte frenetiche consultazioni tra americani e loro alleati – informalmente anche tra americani e russi – hanno stabilito che il missile doveva essere ucraino. Segnale che Zelensky non è stato pronto a cogliere. Anzi nei giorni successivi ha continuato a insistere sull’origine russa del missile, in plateale opposizione alla versione americana e atlantica. Non si può immaginare una più evidente dimostrazione di quanto oggi le posizioni ucraine e americane tendano a divergere.

I russi stanno intanto intensificando la guerra alla società ucraina. Colpendo ripetutamente le infrastrutture energetiche del popolo «fratello», Mosca sta mettendo in ginocchio l’economia e la vita quotidiana in Ucraina. Putin è convinto che il tempo giochi a suo favore e che prima o poi Zelensky dovrà venire a Canossa. Si aprono quindi scenari drammatici per il futuro dell’Ucraina, quale che sia l’esito dello scontro sul terreno. A questo punto in gioco non sono tanto Crimea e Donbass, quanto le prospettive di uno Stato ucraino capace di tornare alla normalità una volta sospeso il conflitto armato. Proprio il fatto che le due maggiori potenze hanno stabilito di non volersi troppo coinvolgere nello scontro, ciascuna temendo anzitutto per la tenuta del fronte interno, lascia a russi e ucraini di stabilire come e per quanto tempo continuare a dissanguarsi in una lotta sanguinosa, in cui alla fine ciascuno è convinto di giocarsi la sopravvivenza.

Il bilancio provvisorio informa che la guerra mondiale è al momento sventata. Questa è la buona notizia. Allo stesso tempo ci dice che questa guerra, ridotta al duello all’ultimo sangue fra Ucraina e Russia, può durare a tempo indeterminato. E che poi spetterà a noi europei aiutare l’Ucraina a rimettersi in piedi mobilitando risorse che non abbiamo. Se è vero che a fine inverno i costi della ricostruzione ammonteranno a 1 trilione di euro, e che il Pil ucraino è inferiore ai 200 miliardi, se ne deve concludere che per diversi anni il futuro di quel Paese sarà compromesso. Nessuno in Europa può accettare l’idea che alla nostra frontiera con la Russia si apra un buco nero. È quindi urgente che i Paesi determinanti nell’Unione europea, a cominciare da Francia, Germania, Polonia e Italia, studino subito un piano di rientro dell’Ucraina entro parametri accettabili per un Paese che ha già troppo e ingiustamente sofferto.