Il Qatargate, come è stato chiamato ricorrendo una volta ancora al suffisso che richiama i tempi di Richard Nixon travolto dal Watergate, è lo scandalo più grave che mai abbia intaccato la credibilità dell’Unione europea. L’emirato sul Golfo Persico non ha badato a spese per avere da Bruxelles un trattamento di riguardo, in particolare sulla questione dei diritti umani, e per avere più peso nella comunità internazionale. In fondo le casse di famiglia dell’emiro Tamim bin Hammad al Thani sono ben fornite: si parla di un patrimonio di 335 miliardi di dollari, provenienti dall’esportazione del metano e dalla partecipazione a numerose multinazionali.
E così milioni di euro sarebbero finiti nelle tasche di Eva Kaili, l’eurodeputata greca vicepresidente del Parlamento di Strasburgo, dell’ex europarlamentare italiano Antonio Panzeri e di chissà quanti altri, visto che l’indagine della magistratura belga è tuttora in corso dopo avere portato all’arresto di quattro persone. Le accuse sono pesantissime: corruzione, associazione a delinquere, riciclaggio di denaro. È accaduto proprio mentre la stampa internazionale rivelava le tremende condizioni di lavoro di chi ha realizzato le faraoniche strutture destinate a ospitare il torneo mondiale di calcio, attraverso il quale l’emirato voleva proporsi al mondo come scintillante vetrina di modernità. In particolare venivano chiamate in causa le misure di sicurezza, la cui carenza avrebbe provocato in pochi anni la morte di oltre seimila lavoratori.
Eppure negli ambienti del Parlamento europeo veniva proposta una narrazione del tutto diversa. Il Qatar, sosteneva la vicepresidente Kaili, spicca nel mondo arabo per essere in prima linea in materia di rispetto dei diritti dei lavoratori! Un punto di vista che ha avuto la sua spiegazione quando gli inquirenti hanno trovato 750 mila euro a casa sua, in buona parte stipati in un trolley di suo padre. Eva Kaili è stata immediatamente destituita dalla carica nell’Europarlamento, oltre che posta agli arresti. Tanti bei quattrini anche nell’appartamento di Panzeri a Bruxelles, esattamente mezzo milione di euro, e qualche altro migliaio nella sua casa italiana in provincia di Bergamo. Si pensa che parte di quel denaro dovesse essere distribuito fra i parlamentari corrotti, una sessantina secondo la stampa greca.
Mentre si indaga sul possibile coinvolgimento dei servizi di diversi Paesi, per esempio il Marocco, altri personaggi della scena brussellese vengono coinvolti nella vicenda: si tratta di politici e di funzionari, lobbisti, portaborse, tutto quel mondo frenetico che gravita attorno alle istituzioni comunitarie. Per esempio Francesco Giorgi, compagno di Eva e assistente di un parlamentare che per ora non risulta implicato. Giorgi, anche lui in stato d’arresto, collabora con gli inquirenti aiutandoli a completare il puzzle dello scandalo. Altro accusato Niccolò Figà-Talamanca, che guida No Peace Without Justice, una Ong vicina ai radicali italiani. E infine l’eurodeputato belga Marc Tarabella, la cui abitazione è stata perquisita, come vuole la legge, in presenza della presidente del Parlamento, la maltese Roberta Metsola. Naturalmente il Qatar nega che tutto questo sia avvenuto e sui media del Paese impegnati in trionfali cronache calcistiche il grande scandalo di Bruxelles è passato sotto silenzio.
Il colpo per l’Unione europea, già indebolita dalla scarsa coesione dei Paesi-membri in particolare sui temi connessi con la guerra ucraina, è durissimo. Si chiede chiarezza, si propone per prevenire simili episodi un’agenzia che vigili sulla trasparenza degli atti e sulle relazioni con le lobby, una struttura che del resto è stata proposta da tempo. La presidente della Commissione Ursula von der Leyen e la stessa Metsola chiedono che tutti i responsabili siano chiamati a rispondere e promettono pulizia e rigore. Una misura in agenda al Parlamento europeo, la liberalizzazione dei visti per i cittadini del Qatar, è stata rinviata. L’eurodeputato spagnolo José Ramón Bauzá ha sospeso ogni attività del Gruppo di amicizia Qatar-Ue, di cui è presidente.
Il colpo è durissimo anche per la frazione parlamentare dei socialisti e democratici, attorno al quale gravitano tutti i personaggi finora coinvolti. Sconvolge il fatto che questo disgustoso episodio di corruzione riguardi gente di sinistra, abituata da sempre ad agitare la questione morale. Sconvolge in particolare la posizione di Panzeri, sindacalista da una vita e a suo tempo segretario generale della Camera del lavoro di Milano. Un uomo chiamato a difendere i diritti dei lavoratori che in cambio dei biblici trenta denari (ma si parla anche di una vacanza da 100 mila euro graziosamente offerta dai tesorieri dell’emiro) arriva a difendere un Paese in cui decine di migliaia di sventurati provenienti dal Pakistan, dal Bangladesh, dalle Filippine e da altri luoghi bersagliati dalla povertà sono stati costretti a lavorare sottopagati e privi dei più elementari dispositivi di sicurezza.