Un capolavoro di equilibrismo

Le Camere approvano la legge d’applicazione per la modifica della Costituzione federale scaturita dall’Iniziativa contro l’immigrazione di massa del 9 febbraio 2014
/ 27.12.2016
di Marzio Rigonalli

Ci son voluti quasi tre anni di dichiarazioni e di discussioni, di progetti e di mezzi progetti, di accuse e di ballon d’essai, di passi un po’ avanti e un po’ indietro! Alla fine, dopo un’ultima maratona, le Camere federali sono riuscite ad approvare la legge d’applicazione dell’articolo 121 a della costituzione federale, scaturito dall’approvazione popolare dell’iniziativa dell’UDC contro l’immigrazione di massa il 9 febbraio 2014. Il testo concordato non induce certo a pensare al coniglio estratto dal cilindro, bensì ad un faticoso compromesso che cerca di conciliare il contenuto di un articolo costituzionale con la difesa d’importanti interessi nazionali. Pochi sono i partiti politici che si sono dichiarati veramente soddisfatti; la maggior parte di loro si è limitata a parole ed osservazioni di circostanza. Soltanto l’UDC si è espressa contraria al testo ed ha chiesto l’applicazione fedele della norma costituzionale.La nuova legge, contro la quale con ogni probabilità non verrà lanciato il referendum, non applica alla lettera l’articolo 121a della costituzione federale. Non prevede nessun tetto massimo annuale e nessun contingente annuale per gli abitanti dei paesi europei che vogliono immigrare e lavorare in Svizzera. Non fa sua nemmeno la preferenza nazionale, ossia la priorità data ad un lavoratore svizzero rispetto ad uno straniero. Si limita a privilegiare la mano d’opera indigena. I datori di lavoro sono chiamati a reclutare i residenti disoccupati, senza distinzione di nazionalità, piuttosto che ad assumere all’estero i lavoratori di cui le loro aziende hanno bisogno. È stato definito un articolato meccanismo che scatta quando vien raggiunto un alto tasso di disoccupazione in gruppi professionali, settori di attività o regioni economiche. I datori di lavoro vengono sollecitati a segnalare i posti vacanti e gli uffici regionali di collocamento dovranno svolgere un ruolo attivo per consentire ai disoccupati indigeni di trovare un posto di lavoro. In ultima analisi, l’imprenditore resterà comunque libero di assumere un lavoratore straniero se lo riterrà necessario. Misure supplementari potranno essere adottate dal Consiglio federale in caso di seri problemi causati dal massiccio afflusso di frontalieri.Non è chiaro in che misura questa nuova legge riuscirà a limitare l’immigrazione. Per saperne di più, probabilmente bisognerà aspettare l’ordinanza che emetterà il Consiglio federale e forse anche un primo periodo di applicazione pratica della legge. Intanto, il laborioso compromesso ha avuto subito almeno due conseguenze. Innanzitutto, ha consentito al Consiglio federale di estendere la libera circolazione delle persone alla Croazia, l’ultimo paese a diventare membro dell’Unione europea. La firma del relativo protocollo era stata posta da Bruxelles alla Svizzera come condizione per poter partecipare al programma di ricerca europeo Orizzonte 2020. La richiesta è stata ora soddisfatta, con grande sollievo da parte degli atenei e dei ricercatori elvetici, immersi in una fitta rete europea di consultazioni, informazioni, lavori condivisi e finanziamenti. In secondo luogo, ha portato un po’ di tranquillità nei rapporti tra l’UE e la Svizzera, rapporti che negli ultimi tre anni sono stati tesi, dopo l’approvazione dell’iniziativa popolare contro l’immigrazione di massa. Bruxelles temeva l’adozione da parte della Svizzera di tetti massimi e di contingenti annuali, che non avrebbe potuto accettare perché contrari alla libera circolazione della persone, uno dei principi fondamentali dell’Unione. Le prime reazioni registrate nella capitale belga ed europea sono state positive. Varie fonti della Commissione europea hanno parlato di un passo nella giusta direzione, pur aggiungendo che un giudizio più completo verrà dato soltanto quando sarà ultimato l’esame del testo della nuova legge e quando saranno stati consultati i governi dei 27 paesi membri.Che cosa succederà ora? Il fossato esistente tra la norma costituzionale e la legge d’applicazione, nonché le iniziative in corso o annunciate, indicano che il cantiere rimane più che mai aperto e che assisteremo presto a nuovi sviluppi. Due sono i percorsi che si stanno delineando. Il primo è quello dell’iniziativa popolare «RASA» (Raus aus der Sackgasse), che chiede l’abrogazione dell’articolo 121a della costituzione federale. Il Consiglio federale è contrario all’iniziativa e ha deciso di presentare un controprogetto. Il testo definitivo del controprogetto non è ancora pronto. Due varianti sono state inviate in consultazione, i cui risultati saranno noti entro la fine del mese di aprile. L’idea di base è quella di difendere gli accordi bilaterali con l’UE e d’impedire che possano venir cancellati con la norma costituzionale approvata il 9 febbraio 2014. Un rigido controllo dell’immigrazione porterebbe all’abrogazione della libera circolazione delle persone e, quindi, alla cancellazione degli accordi bilaterali. La votazione popolare si svolgerà nel corso dell’anno. Il secondo percorso è ancora più diretto e potrebbe essere quello annunciato dall’ASNI. Subito dopo il voto delle Camere federali, l’Azione per una Svizzera neutrale ed indipendente ha lanciato un’iniziativa che chiede di rinunciare all’accordo sulla libera circolazione delle persone a vantaggio di una gestione autonoma dell’immigrazione. L’iniziativa dell’ASNI ha sorpreso l’UDC, che voleva giocare questa carta più tardi, ma è stata ben accolta dagli altri partiti, perché consentirà di chiarire finalmente i nostri rapporti con l’Unione europea, optando per la libera circolazione delle persone e gli accordi bilaterali, oppure rinunciandovi. I sondaggi eseguiti fin ora mostrano che la maggioranza della popolazione è favorevole agli accordi bilaterali. L’ASNI intende cominciare al più presto a raccogliere le firme e se avrà successo, il voto popolare potrebbe avvenire fra un paio di anni.Il lungo e tortuoso iter che ci lasciamo alle spalle, ci consente infine di fare ancora un paio di considerazioni. Conviene innanzi tutto osservare che la soluzione adottata dalle Camere federali non è stata proposta dal Consiglio federale. È emersa dal lavoro di un gruppo di parlamentari, tra i quali il più attivo sembra essere stato il consigliere agli stati argoviese PLR, Philipp Müller. In altre parole, in quasi tre anni, il governo federale non è stato capace di proporre una via d’uscita suscettibile di trovare il consenso necessario. È poco per chi si attende che i sette saggi esercitino nel paese un ruolo guida. In secondo luogo, la contrapposizione dei partiti politici sul tema Europa ha registrato un cambiamento. Prima, l’UDC si trovava sola di fronte a tutti gli altri partiti. Questa volta, il PPD si è staccato dalle altre formazioni, si è avvicinato alle posizioni dell’UDC e si è astenuto nella votazione finale. È una scelta che riflette chiaramente la volontà del presidente Gerhard Pfister di imprimere un nuovo corso al suo partito. Infine, nonostante la legge approvata, la sensazione dominante è che siamo tutt’ora a metà del guado, in una situazione transitoria, senza alcuna certezza sugli ulteriori sviluppi. Una situazione che non è positiva né per l’economia, né per le prospettive future del paese, e dalla quale emerge con forza la necessità, addirittura l’urgenza, di definire in modo chiaro ed inconfondibile i nostri rapporti con l’Unione europea.