Proprio alla vigilia della Festa Nazionale, la Banca Nazionale Svizzera ha pubblicato i dati del bilancio al 30 giugno. Il momento della pubblicazione non è risultato molto felice, per due motivi: l’utile d’esercizio di soli 1,2 miliardi di franchi torna a risvegliare le preoccupazioni dei cantoni di non ricevere – in tutto o in parte – la sospirata partecipazione all’utile della BNS; inoltre, proprio nei giorni seguenti la pubblicazione, il franco svizzero ha accentuato il suo indebolimento nei confronti del dollaro e soprattutto dell’euro. Alla fine della settimana, la divisa europea non era più tanto lontana dalla soglia di 1,20 franchi svizzeri, livello che la Banca nazionale aveva smesso di perseguire il 15 gennaio 2015.
Comunque, i dati del bilancio di metà anno sono un fatto ineluttabile e non possono riferirsi a probabili risultati futuri o a speranze di miglioramento nei mesi a seguire. In realtà alcuni sintomi di un probabile miglioramento potevano già essere visti, per esempio nel fatto che l’utile semestrale è dovuto esclusivamente agli utili sull’euro, che però non sono riusciti a compensare le forti perdite sul dollaro e altre divise. Globalmente le perdite di cambio sono così state complessivamente di 11,8 miliardi di franchi, compensate da 4,4 miliardi per interessi e 1,8 miliardi per dividendi, mentre il buon andamento delle borse ha provocato un utile di 9,4 miliardi su titoli e altri strumenti di capitale; titoli e strumenti di debito hanno invece registrato una perdita di 3,6 miliardi.
Di conseguenza, l’utile sulle posizioni in valuta estera, sempre il più sensibile nel bilancio della Banca Nazionale, è così risultato di 100 milioni di franchi soltanto. L’oro ha fruttato una plusvalenza di 300 milioni, mentre l’utile sulle posizioni in franchi è stato di 900 milioni di franchi. Con questi risultati non sarebbe possibile far fronte alla necessità di costituire accantonamenti, ma questa decisione deve essere presa alla fine dell’anno e alla luce dei risultati annuali.
Se consideriamo i tassi di cambio utilizzati dalla Banca Nazionale per l’allestimento del bilancio, vediamo già un aumento dell’1,9% del tasso sull’euro, ma un peggioramento del 5,9% di quello sul dollaro, accanto a diminuzioni minori per altre valute. Il vero cambiamento della situazione è però avvenuto in luglio, con un miglioramento di circa il 4% dell’euro sul franco e di oltre l’1% anche del dollaro. Dei 724,4 miliardi di divise a bilancio, il 40% è in euro e il 35% in dollari. Questi investimenti, tradotti in franchi, avrebbero provocato un miglioramento del bilancio di oltre 15 miliardi di franchi.
Alla fine della prima settimana d’agosto, la situazione era già nettamente migliorata, poiché il tasso di cambio bancario dell’euro era ormai sopra 1,15 franchi e quello del dollaro a 0,97 franchi. Difficile dire oggi se questa situazione migliorerà ulteriormente nei prossimi mesi. Alcune premesse favorevoli ci sono: la ripresa dell’economia della zona euro in primis, ma anche l’ottimismo che sta dimostrando la borsa americana.
Non mancano comunque le incognite, quali la politica monetaria della Banca centrale europea, che continua ad essere espansiva e quindi foriera di inflazione. Sul piano politico premono le disavventure dell’amministrazione Trump negli Stati Uniti e l’avvicinarsi delle elezioni in Germania e in Italia. Infine, anche l’atteggiamento di Russia e Cina (con la minaccia nucleare in Corea del Nord) sul piano internazionale. In ogni caso un euro vicino a 1,20 franchi è un’ottima premessa per l’economia svizzera, anche se nasconde un possibile rilancio dell’inflazione e quindi un aumento dei tassi di interesse.
La Banca nazionale Svizzera continua comunque a ritenere sopravvalutato il franco svizzero e a dare grande importanza al differenziale fra i tassi di interesse svizzeri ed europei. Di conseguenza, essa può prevedere un ulteriore indebolimento del franco sui mercati valutari. Con questa tendenza il suo bilancio di fine anno sarà molto migliore di quello di fine semestre. L’attuale tendenza del franco è però determinata dallo spostamento di capitali sul mercato dell’euro e del dollaro, dove i rendimenti sono migliori.
D’altro canto è evidente che il mantenimento di livelli eccezionalmente bassi dei tassi di interesse in Svizzera può provocare un aumento del tasso di inflazione e costringere la BNS a rivolgersi con più attenzione verso questo aspetto della sua politica e quindi provocare un aumento delle quotazioni del franco. Decisivi saranno i tempi entro i quali gli investitori decideranno di tornare su un franco che non considerano più sopravvalutato.