Ue-Mercosur, c’é l’accordo

Commercio globale - L’intesa bilaterale è stata siglata a Bruxelles dopo vent’anni di negoziati. In una fase di tensioni commerciali internazionali, è un segnale al protezionismo di Donald Trump
/ 08.07.2019
di Angela Nocioni

Dopo vent’anni di tira e molla il braccio di ferro diplomatico l’ha vinto la Germania. La Francia, alla fine, pur temendo la reazione dei suoi imprenditori agricoli, ha ceduto. È stato questo, in estrema sintesi, il dietro le quinte della tesissima negoziazione per l’accordo commerciale tra Unione europea e Mercosur firmato la settimana scorsa a Bruxelles.

Si tratta del più grosso accordo, in tema commerciale, mai firmato dalla Ue. Darà infatti accesso alle imprese europee a un mercato di 260 milioni di consumatori: tanti ne comprende il Mercosur, l’area di libero mercato sudamericano costituita da Argentina, Brasile, Uruguay e Paraguay. Si crea quindi un’area di libero scambio che comprende 780 milioni di persone attraverso l’eliminazione di dazi e, in teoria, si dovrebbe anche inchiodare agli accordi di Parigi sul clima il Brasile (che da solo conta 200 milioni di persone) dell’attuale governo di Jair Bolsonaro, estremista di destra totalmente contrario al rispetto dei patti globali sui cambiamenti climatici, ma portatore degli interessi della potente lobby brasiliana dell’agrobusiness che era molto interessata ad ottenere l’accordo.

La firma è stata presentata, anche dai francesi, come prova dell’intenzione europea di difendere le regole della libera circolazione delle merci (di quella delle persone, al momento, non se ne parla nemmeno) in una fase politica in cui Cina e Stati uniti tornano a difendere barriere protezionistiche d’ogni sorta. L’Unione europea punta quindi a rivendicare d’essere un bastione della libertà di scambio a fronte di due superpotenze tutte intente a prove di forza reciproche giocate sui dazi. Quanto questa rivendicazione sia puramente retorica e quanto invece aderisca alla realtà è un interrogativo al quale si potrà rispondere solo quando si vedrà come e se l’accordo fra Ue e Mercosur sarà ratificato dagli Stati membri del Parlamento europeo e quindi solo dopo che sarà passato al vaglio degli interessi di ciascuno. La Francia, che deve vedersela con la probabile reazione non entusiasta dei gilet gialli, ha già fatto sapere di voler verificare il testo parola per parola.

Poiché, però, i negoziati dell’accordo tra Ue e Mercosur duravano da vent’anni, il solo fatto che alla fine un documento finale sia stato firmato è una notizia notevole.

Le prove tecniche del patto iniziarono addirittura nel 1995, quando a Madrid venne firmato un Accordo quadro di cooperazione interregionale. Prevedeva la creazione di una zona di libero scambio fra i due spazi economici da realizzare entro il 2005 e che non fu poi realizzata.

Ora, ad accordo firmato, le industrie europee (e quella tedesca per prima) guadagnano 260 milioni di consumatori a cui proporre senza dazi auto e prodotti industriali. Dall’altra parte i produttori agricoli del Sud America contano di moltiplicare le loro esportazioni nella Ue: carne e zucchero brasiliani, limoni argentini ecc.

Il commissario europeo all’agricoltura, Phil Hogan, ha messo le mani avanti: «L’accordo presenta grosse sfide per gli agricoltori europei, la Commissione è disponibile ad aiutarli a superarle». In cosa si concreterà questa disponibilità, al momento, non si sa.

L’Unione Europea è già, in realtà, il primo partner commerciale per il Mercosur. Per la Ue il Mercato comune del Sudamerica è il sesto per flussi commerciali. 

Negli ultimi dieci anni, nonostante un rallentamento economico che ha investito entrambe le regioni, le esportazioni europee verso il Mercosur sono comunque raddoppiate.

Gli interessi europei si concentrano principalmente nell’esportazione di prodotti dell’industria manifatturiera, (soprattutto macchinari, prodotti del settore dei trasporti e preparati chimici). Le importazioni dal Mercosur riguardano principalmente i prodotti agricoli, che rappresentano il 43% del totale importato, e le materie prime, che sono il 28%.

Nonostante la bilancia commerciale sia a favore dell’Unione Europea, nel settore agricolo lo squilibrio è netto. I paesi del Mercosur esportano già verso la Ue prodotti agroalimentari per circa 21 miliardi di euro annui. Le importazioni in questo settore, si fermano invece a soli 2 miliardi all’anno, confermando la vocazione esportatrice dei paesi sudamericani e la crescente domanda di prodotti di questa provenienza nel mercato europeo.

L’argomento brandito dai critici dell’accordo, guidati dalle associazioni di categoria francesi appoggiate anzitutto dalle irlandesi e dalle italiane, riguarda essenzialmente i timori per la genuinità dei prodotti alimentari. I produttori europei lamentano la scarsa tracciabilità delle carni provenienti da Brasile e Argentina e standard sanitari considerati assai dubbi. Quel che poi ufficialmente non viene detto, ma viene abbondantemente lasciato capire, è che i meccanismi di controllo del rispetto di tali standard sono da molti ritenuti non affidabili.

Con l’iniziale proposta europea in questo settore si è provato ad escludere nuove concessioni per le importazioni di carne, suscitando proteste nel Mercosur.

Nonostante gli ostacoli doganali, l’Ue rappresenta il principale partner commerciale del blocco sudamericano: le esportazioni europee verso Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay hanno raggiunto i 45 miliardi in valore nel 2018, mentre le importazioni hanno toccato quota 42,6 miliardi. L’Europa è il principale investitore straniero in quell’area che ha un prodotto interno lordo di 2,2 mila miliardi di dollari ed è il quinto più grande mercato fuori dai confini comunitari.

Al momento i dazi che si applicano alle auto sono del 35 per cento. Quelli che si applicano ai macchinari vanno dal 20 al 35 per cento. I prodotti farmaceutici hanno dazi del 14 per cento.

Questi pochi dati basterebbero da soli a spiegare perché la Germania ha tanto spinto per ottenere l’accordo. La Francia, invece, in una lettera inviata alla Commissione europea così ha illustrato le ragioni della sua preoccupazione: «Per ogni accordo commerciale, ci sono alcuni paesi maggiormente beneficiati e altri che ottengono minori vantaggi. Una situazione che si è verificata anche con altri trattati conclusi in questo mandato, come quello con il Giappone, Singapore e Canada: non si verifica mai un’equa redistribuzione dei benefici. Ad esempio, nell’accordo con il Giappone – dove l’agrifood è un mercato di notevole interesse – la Francia e l’Italia sono stati tra i paesi più favoriti per le loro esportazioni».

La premessa serviva a chiedere poi maggiori garanzie sul rispetto degli standard produttivi, ambientali e fitosanitari per tutti i prodotti venduti nell’Ue, soprattutto per la carne, in modo da «offrire ai cittadini comunitari prodotti di qualità». Una preoccupazione condivisa dalle organizzazioni e cooperative agroalimentari Ue, che si sono opposte all’accordo, parlando dei rischi di aumentare le importazioni da paesi come il Brasile dove, tanto per dirne una, «il governo Bolsonaro ha autorizzato oltre 150 nuovi pesticidi».

Alla fine l’ha comunque spuntata la Germania, che guidava un blocco composto anche da Spagna, Portogallo, Olanda, Svezia, Repubblica ceca e Lituania. Vincente, almeno per quanto riguarda la retorica politica, è stato l’argomento della necessità di opporsi ai venti protezionistici che spirano da parte populista. «Siamo ad una svolta – hanno scritto questi paesi in una lettera rivolta alla Commissione Ue – l’Unione europea non può cedere il passo ad argomenti populisti e protezionistici nemmeno nella politica commerciale».