Tangentopoli spagnola

Corruzione – Il primo ministro Rajoy dovrà comparire davanti ai giudici proprio mentre la corruttela all’interno del suo partito raggiunge livelli record
/ 08.05.2017
di Gabriele Lurati

«Ladro, ladro». Con queste parole è stato accolto Mariano Rajoy durante una visita ufficiale avvenuta dieci giorni fa in Uruguay. L’eco degli ultimi casi di corruzione che hanno colpito il Partito popolare (Pp) è arrivato fino in Sud America. Il premier sarà presto convocato dalla magistratura a dichiarare in qualità di testimone nella maxi-inchiesta sul finanziamento illecito del Pp che si protrae da parecchi anni e che vede coinvolti esponenti di spicco del suo partito, molti di questi già finiti in carcere. E proprio mentre Rajoy si stava preparando per affrontare lo scoglio più importante della legislatura quale è l’approvazione della legge di bilancio, un nuovo scandalo rischia di creare ora seri grattacapi al premier.

Ignacio González, un importante dirigente del Pp ed ex presidente del governo regionale di Madrid, è finito in carcere per un caso di malversazioni e riciclaggio di denaro, accusato di avere un conto multimilionario in Svizzera. Ciò ha portato anche alle dimissioni di una storica figura del partito conservatore come Esperanza Aguirre, ex ministra dell’Istruzione ed ex presidente del Senato. Questa vicenda è però solo l’ultima di una sterminata lista di casi di corruzione che vede coinvolti i popolari e i cui strascichi giudiziari si trascinano da nove anni, più precisamente da quando Luis Bárcenas, ex senatore e tesoriere del partito, fu arrestato e diede inizio ad una serie di indagini e arresti eccellenti nell’ambito del cosiddetto caso «Gürtel» (il nome dato dagli inquirenti proviene dalla traduzione al tedesco del cognome del controverso imprenditore Francisco Correa, conosciuto anche come «Don Vito», e condannato a 13 anni di carcere in quanto fulcro di questa vasta trama di corruzione estesa a tutto il Partito popolare). Bárcenas, responsabile della contabilità del partito, avrebbe elargito mazzette e pagato in nero per anni diversi dirigenti popolari, tra cui anche lo stesso Rajoy, secondo le pubblicazioni di vari giornali. Tra le più importanti vittime di questo scandalo vi è Rodrigo Rato, già numero due del partito ed ex direttore del Fondo monetario internazionale, ora accusato dai giudici di frode e appropriazione indebita, così come vari ex ministri del Pp, anch’essi finiti in carcere.

Non c’è regione di Spagna nella quale abbiano governato i popolari negli ultimi quindici anni, dove non vi siano stati grandi casi di corruzione e politici di spicco del Pp non siano finiti in manette: dalla regione di Valencia alle Baleari (caso che ha portato alla sbarra persino la sorella del re, la Infanta Cristina poi assolta, ed il marito Iñaki Urdangarín, condannato in primo grado a sei anni di carcere), dalla regione di Murcia (dove il mese scorso si è dimesso per corruzione il presidente del governo del Pp) alla Galizia, fino all’ultimo grande caso di Madrid. Il ripetersi di questi innumerevoli casi di malversazione avvenuti quando Rajoy era segretario e massimo responsabile del partito rendono ormai evidente che la corruzione all’interno del Pp era sistemica e non un caso isolato (alcuni magistrati hanno parlato anche di vere e proprie «trame criminali e mafiose»). Per questo motivo ora un tribunale ha deciso di chiamare a dichiarare anche il premier, in quanto persona informata sui fatti.

Ma se Madrid piange, anche Barcellona non sta molto meglio. L’ultimo grande caso di corruzione ha coinvolto la famiglia di Jordi Pujol, per oltre un ventennio presidente del governo catalano nonché padre storico del nazionalismo catalano moderato, ora indagato per evasione fiscale. Il «clan Pujol» avrebbe nascosto nelle banche del vicino paradiso fiscale di Andorra esorbitanti somme di denaro (centinaia di milioni di euro, secondo la stampa spagnola). Il «patriarca» Jordi Pujol, sua moglie e due dei loro figli sono stati chiamati più volte a testimoniare da una commissione di inchiesta voluta dal Parlamento catalano. Il bottino messo da parte dai Puyol era tale che il figlio maggiore, Jordi Pujol Junior, non ha potuto nascondere la propria opulenza. Durante un’audizione parlamentare Puyol Jr. ha ammesso che tra i suoi hobby vi è quello delle macchine di lusso, indicando senza pudore che nel suo garage vi sono Ferrari, Jaguar, Lotus e altre otto macchine d’epoca, per un valore stimato dai giornali in quasi due milioni di euro. La sfrontatezza di Jordi Puyol Jr. è però giunta al capolinea, dato che è stato arrestato a fine aprile con le accuse di riciclaggio ed evasione fiscale.

Il clima politico-giudiziario che si sta vivendo in questi tempi in Spagna è molto pesante e ricorda in effetti quello della Tangentopoli dei primi anni 90 in Italia. Per tutto il mese scorso i giornali hanno informato quotidianamente di svariati casi di corruzione: ogni giorno finiva in manette un politico quando non era il turno di un imprenditore a finire dietro le sbarre. Ad aggravare la situazione vi è stato poi il tentativo da parte dell’esecutivo di interferire nei processi giudiziari in corso. Secondo le ricostruzioni dei media, sarebbero state fatte pressioni da parte del governo di Rajoy affinché venissero sostituiti i magistrati che si stanno occupando proprio dei processi giudiziari contro il Pp. Il ministro della Giustizia e il viceministro dell’Interno si sarebbero addirittura sentiti telefonicamente o incontrati personalmente con alcuni colleghi di partito indagati in questi casi di corruzione al fine di rassicurarli o informarli circa la loro posizione giudiziaria.

Vista la gravità della situazione, il partito della sinistra radicale di Podemos ha comunicato che proporrà al Parlamento una mozione di sfiducia contro il premier. Il movimento guidato da Pablo Iglesias ha giustificato questa mossa politica estrema perché a loro parere «si starebbe vivendo un momento di assoluto deficit democratico e sarebbero in corso manovre fatte per evitare che si indaghino i corrotti». È molto difficile che questa mozione vada in porto, dato che gli altri due partiti che hanno favorito la nascita del governo di minoranza di Rajoy (Ciudadanos e Partito socialista) si sono limitati a chiedere solo l’apertura di una commissione parlamentare d’inchiesta contro il premier e le dimissioni del ministro di Giustizia.

Rajoy dovrà quindi rendere conto di questi fatti sia in Parlamento che davanti ai giudici. La sua posizione è traballante ma lui tira dritto per la sua strada e punta tutto sui buoni numeri dell’economia. In un Paese «normale» un primo ministro con casi di corruzione del genere si sarebbe già dimesso nove anni fa quando scoppiò il caso Gürtel e fu evidente che Bárcenas, amico intimo di Rajoy, aveva messo in piedi un sistema di contabilità parallela che permetteva pagamenti in nero ai dirigenti del partito. In Spagna però la corruzione è socialmente considerata un male minore e, soprattutto, non penalizza molto dal punto di vista elettorale. È probabile perciò che Rajoy ne uscirà indenne anche questa volta, come sempre è avvenuto nel corso di tutta la sua carriera politica.