I servizi segreti militari russi, il temibile Gru, «hanno più funzionari dell’intelligence dispiegati in Messico che in qualsiasi altro paese del mondo. Da lì lavorano per intervenire nelle decisioni prese dagli Stati Uniti». L’ha detto a un mese esatto dall’invasione russa dell’Ucraina il comandante del Comando del nord degli Stati Uniti, Glen VanHerck. Dichiarazione ufficiale davanti al Comitato per i servizi armati del Senato statunitense. Da allora la polemica politica non accenna a smorzarsi.
In Messico la Russia ha una delle sue più grandi ambasciate nel mondo. Da sempre sospettata di essere un covo di spie. Soltanto che questa volta la questione è stata tirata fuori al Senato da un generale in una posizione chiave per la sicurezza degli Usa e nel bel mezzo di una guerra che vede l’America contrapposta alla Russia, seppur non come belligerante. Da qui l’infuocarsi dello scontro diplomatico. Anche solo l’ipotesi che il Messico possa – con la sua posizione di non condanna a Mosca – nascondere la disponibilità a far da stampella diplomatica a un isolato Putin è per la Casa Bianca un rischio troppo alto, da scongiurare. Per questo il pressing statunitense sul presidente messicano Andrés Manuel López Obrador. Vogliono stanarlo. O persuaderlo a fare una dichiarazione di distanza di fronte al Cremlino che finora non è arrivata.
Non è la prima volta che VanHerck richiama l’attenzione sull’attività russa in America latina, convinto che la principale minaccia militare per gli Usa non sia la Cina ma la Russia. Dice il generale riferendosi all’America latina: «Lì le organizzazioni militari transnazionali agiscono quasi senza opposizione e aprono una strada fatta di corruzione e violenza piena di brecce utili alla Russia e alla Cina per farsi largo nei vari Paesi». La sua denuncia è arrivata poco dopo che l’ambasciatore degli Stati Uniti in Messico, Ken Salazar, aveva criticato l’inaugurazione alla Camera messicana di un «comitato di amicizia russo-messicano». Sei legislatori del partito Morena di Obrador si sono accordati con venti parlamentari di sinistra per mettere in piedi questo comitato alla presenza dell’ambasciatore russo Viktor Koronelli. «Per noi questo è un segno di sostegno, di amicizia, di solidarietà in questi tempi complicati in cui il mio Paese non sta affrontando solo un’operazione militare speciale in Ucraina, ma una tremenda guerra mediatica», ha detto l’ambasciatore. Replica di Armando Contreras Castillo, un parlamentare fidatissimo di Obrador: «Siamo sempre pronti a fare tutto il possibile per aumentare l’amicizia, le relazioni e la cooperazione tra Messico e Russia». Mentre il presidente messicano ha reagito così: «Il Messico non è una colonia di nessuno» e «non ha mai inviato spie all’estero». «Siamo un Paese libero, indipendente e sovrano. Non siamo una colonia della Russia, della Cina o degli Stati Uniti, noi non andiamo a Mosca né a Pechino, non andiamo a Washington, né a Los Angeles a spiare quello che stanno facendo là».
Il ministro degli Esteri Marcelo Ebrard è tornato sulle accuse del generale Glen VanHerck e ha chiesto che presenti le prove di quel che ha detto. In un’intervista a «El Universal» e prima della sua partecipazione al World Government Summit, riferendosi alle proteste dell’ambasciatore americano in Messico, ha detto che gli Stati Uniti non dettano la linea al governo messicano riguardo alla situazione nell’Europa orientale. Grande attenzione da parte del Cremlino per questo battibecco. Per Mosca è cruciale in questo momento poter contare sulla non ostilità sia di paesi considerati suoi satelliti politici per eredità sovietica, come Cuba e Nicaragua, sia di un Paese importante nella geopolitica continentale come il Messico.