Solo un miracolo salverà il Venezuela

Duello Maduro-Guaidó – Una guerra civile a bassa intensità è la prospettiva più probabile. La Cia dietro i tentativi di destituire Maduro
/ 06.05.2019
di Lucio Caracciolo

Un sanguinoso stallo sembra lo scenario meno improbabile per il Venezuela, alle prese da ormai tre mesi con il duello fra il presidente in carica, Nicolas Maduro, e il suo autoproclamato rivale, Juan Guaidó. La recente spallata di Guaidò, con il colpo di mano in una base aerea di Caracas che ha portato alla liberazione, grazie al sostegno di un gruppetto di militari, del leader dissidente Leopoldo Lopez, non ha portato alla disgregazione del regime. Malgrado crescenti segni di inquietudine e incertezza, il grosso delle Forze armate venezuelane resta schierato con il regime.

Lo scontro si è quindi trasferito per le strade e nelle periferie del grande Paese sudamericano, dove sono cadute le prime vittime. I sostenitori di Guaidò organizzano scioperi e manifestazioni improvvisate, represse con mano sempre più dura dalla polizia. Maduro, malgrado la crescente pressione interna e internazionale, non sembra disponibile alla resa. E i militari che lo sostengono non si fidano delle promesse dell’opposizione, mentre temono le rappresaglie del capo.

Sullo sfondo, uno dei più grandi produttori mondiali di petrolio, dotato delle riserve più ampie al mondo, superiori (300 miliardi di barili) persino a quelle saudite, è al disastro economico e sociale. Rispetto a un picco produttivo di circa 3 milioni di barili al giorno, dal bacino dell’Orinoco se ne estraggono ormai meno di un milione, mentre l’embargo americano – gli Stati Uniti erano il principale cliente della Pdvsa, la compagnia di Stato locale – ha disseccato le casse del Venezuela.

Oramai la moneta locale è priva di valore, si sopravvive di baratto, mercato nero, improvvisazioni. Milioni di venezuelani sono fuggiti in Colombia, Brasile e altri paesi della regione, creandovi fra l’altro situazioni piuttosto critiche. La pressione di quasi tutti i paesi sudamericani per una rapida soluzione della crisi – naturalmente a favore dell’opposizione – si spiegano anche con questa emergenza.

Ma il caso venezuelano riguarda direttamente le massime potenze mondiali. Gli Stati Uniti sostengono apertamente Guaidò. È stata la Cia, d’accordo con la Casa Bianca, a invitare il giovane leader dell’opposizione democratica a fare il gran passo dell’autoproclamazione a presidente, avvertendolo che i militari, stanchi di Maduro, l’avrebbero appoggiato. Grave errore di calcolo, che ha messo Guaidò in una situazione estremamente difficile. I regimi si cambiano al volo, oppure tutto diventa azzardato e rischioso. Il tempo gioca a favore di Maduro. E l’appoggio americano, a meno che non si materializzi in intervento armato, non sbloccherà da solo la crisi.

In verità, la linea dura verso Maduro è voluta soprattutto dagli eredi dei neoconservatori nell’attuale amministrazione, a cominciare dal responsabile del Consiglio per la Sicurezza Nazionale, John Bolton. L’idea è di far saltare il regime bolivarista a Caracas e, sulla scia, anche quelli ideologicamente affini e alleati a Cuba e in Nicaragua. Così da omologare agli standard di Washington l’intero cortile di casa dell’impero americano.

Maduro può contare – vedremo in che misura e fino a quando – sul sostegno di Mosca e Pechino, in funzione schiettamente antiamericana. Istruttori russi sono presenti e attivi a Caracas, insieme ai cubani, mentre i cinesi, che hanno molto puntato sul Venezuela non solo per attingere alle sue materie prime, paiono più cauti. Quanto agli europei, si sono come d’abitudine divisi, dopo il patetico ultimatum di otto giorni dato a Maduro nei primi giorni di crisi, nella convinzione errata che il suo tempo fosse scaduto.

La prospettiva di una degenerazione progressiva verso la guerra civile, magari a bassa intensità, sembra materializzarsi ogni ora di più. Anche se una parte delle Forze armate cambiasse campo, un’altra parte resterebbe con Maduro, accentuando il rischio di un copioso e incontrollabile spargimento di sangue. La soluzione politica, ovvero un accordo fra i due litiganti per nuove elezioni, appare in questo contesto assai lontana. Dello Stato venezuelano non resta molto, visto che si fronteggiano due presidenti, due assemblee elettive, due corti supreme, che tutte si pretendono legittime. A meno di miracoli, il Venezuela si sta avviando ad allungare la lunga lista degli Stati falliti.