Senza gli Usa, con la Cina

Rcep - I leader di 15 paesi della regione Asia-Pacifico hanno firmato uno dei più grandi trattati commerciali della storia: un accordo che istituisce la più grande area di libero scambio al mondo. L’India è la grande assente
/ 23.11.2020
di Lucio Caracciolo

Gli Stati Uniti attraversano una fase di confusione acuta e la Cina ne profitta. Ne è testimonianza l’annuncio della firma di un accordo che istituisce la più grande area di libero scambio al mondo: senza gli Usa, con la Cina al centro di un sistema di 15 paesi asiatici. È la Regional Comprehensive Economic Partnership (Rcep). Vi partecipano le 10 nazioni dell’Asean – gli Stati del Sud-Est asiatico – ovvero Vietnam, Cambogia, Indonesia, Malaysia, Laos, Myanmar, Filippine, Singapore, Thailandia e Brunei – insieme a Corea del Sud, Giappone, Australia, Nuova Zelanda e appunto Repubblica Popolare Cinese. Insieme, più o meno un terzo dell’economia globale e oltre 2 miliardi di abitanti. Sarebbe dovuta esserci anche l’India, che si è tirata indietro all’ultimo momento anche perché temeva di essere invasa dai prodotti cinesi a basso costo – oltre che per considerazioni geopolitiche, che ne fanno un nemico permanente di Pechino.

È la conseguenza lineare della scelta americana di rinunciare alla Trans-Pacific Partnership, sabotata da Trump. E della successiva scelta di aprire una guerra commerciale con la Cina, divenuta sempre più pesante e carica di significati non solo economici. Sicché la TPP è andata avanti prima senza gli Stati Uniti poi, su iniziativa di Pechino, si è integrata con la Repubblica Popolare. Anche se non sarà un’area di libero scambio profonda, come ad esempio quella nordamericana fra Usa, Canada e Messico o quale l’Unione Europea, si tratta di un’intesa che conferma nella Cina il leader regionale cui fanno riferimento paesi amici e soprattutto soggetti vicini agli Usa o addirittura suoi alleati.

Si palesa così l’impossibilità per gli americani di sigillare una catena di contenimento dell’espansione economica e commerciale della Repubblica Popolare. Negli ultimi mesi, infatti, l’amministrazione Trump aveva stretto i bulloni della pressione su Pechino. Fino a proporsi di «liberare» il popolo cinese dalla dittatura del Partito comunista, assimilato all’omologo sovietico se non al nazismo.

La Cina fra l’altro si garantisce di non dover intaccare il sistema delle grandi imprese di Stato, che costituiscono tuttora il nerbo della sua economia. Così anche quanto a proprietà intellettuale o servizi, su cui Pechino continua a muoversi come crede. La Cina partecipa dunque in posizione dominante a un sistema regionale che le permetterà di riscrivere le leggi del commercio asiatico, in contrasto con le norme ereditate dalle regolamentazioni volute dagli Stati Uniti dopo la Seconda guerra mondiale.

Il «Global Times», giornale cinese che esprime gli orientamenti del regime, celebra con gusto questo successo: «La Rcep rappresenta il fallimento del tentativo di accerchiamento della Cina voluto dall’amministrazione Trump». Come si vede, il sottotesto geopolitico dell’operazione è ben chiaro.

L’obiettivo della nuova amministrazione americana, secondo il «Global Times», sarà di «alterare la catena di fornitura globale centrata sulla Cina e portare il centro di gravità delle reti di produzione globale di nuovo verso gli Stati Uniti e i loro alleati». Ma questo è impossibile: «La rivalità fra Cina e Stati Uniti ha raggiunto lo stadio in cui nessuna delle due nazioni può sopprimere l’altra. Almeno sotto il profilo commerciale, una strategia di contenimento colpisce il benessere globale e danneggia gli interessi economici di entrambi i paesi. Sfortunatamente, questo senso comune non è stato ancora preso sul serio dalle élite politiche americane».

Possibile che con Biden la musica cambi? Qualche gesto di apertura è da aspettarsi. Difficile che la sostanza e la durezza dello scontro cambino. Uno dei pochi temi su cui gli americani concordano è la necessità di sbarrare la strada all’ascesa cinese. Con le buone o con le cattive. Se necessario con una guerra limitata.

In questa fase la Cina fruisce del vantaggio di aver superato la crisi del Covid-19 mentre gli Stati Uniti ne sono pienamente investiti. Un dato di fatto di cui devono tenere conto tutti i paesi. A cominciare da quelli attorno alla Cina, che fanno del commercio con l’Impero del Centro il cuore delle rispettive economie.