Vi ricordate cosa pensavate a 11 anni o giù di lì? Chi scrive sicuramente a divertirsi, tra amiche e giochi in giardino, a come convincere i genitori ad acquistare quel nuovo schianto di zaino. Oppure a sfogliare libri d’avventura e d’amore sognando – accidenti ai cartoni animati – principi azzurri e castelli incantati.
C’è invece chi, a 11 anni, decide di percorrere a piedi oltre 320 chilometri – da casa sua nello Yorkshire, nel nord dell’Inghilterra, fino a Londra, più precisamente Westminster, sede del Parlamento britannico, per tentare di convincere i politici ad adottare una carbon tax, una tassa sui prodotti energetici che emettono biossido di carbonio nell’atmosfera. Un’ecotassa insomma. Un piccolo grande gesto che si inserisce nella lotta contro il cambiamento climatico.
Stiamo parlando di un bambino che si chiama Jude. La sua storia è stata raccontata dalla «Bbc» settimana scorsa, nel momento in cui proprio a Londra si svolgeva il summit preparatorio in vista della Cop26 di Glasgow (leggi articolo a lato). Sembra che il ragazzino sia stato influenzato dal saggio «Dire predictions: understanding climate change» (in italiano «Previsioni disastrose: capire il cambiamento climatico») del climatologo, geofisico statunitense Micheal E. Mann e di Lee R. Kump, professore di geoscienze all’Università della Pennsylvania. E sostiene le iniziative della Zero carbon campaign, un’associazione che tra le altre cose ha lanciato una petizione online per chiedere l’introduzione di una tassa sul carbonio nel Regno unito.
Ma perché proprio una marcia? Jude, racconta sempre la «Bbc», si è ispirato alla storia dell’amico di uno zio che ha fatto il giro del mondo in bicicletta per contribuire ad aumentare la consapevolezza sull’emergenza climatica. E soprattutto da Romeo, un bambino italo-inglese di 10 anni che l’anno scorso, durante il lockdown, è partito da Palermo, in Sicilia, per raggiungere Londra usando mezzi di trasporto non inquinanti – piedi, bicicletta, barca a vela – con gli scopi di riabbracciare la nonna Rosemary, di dare un segnale forte di rispetto nei confronti del pianeta e di comprare tablet per gli studenti rifugiati.
Di bambini e ragazzi che si mobilitano per l’ambiente, diventando delle icone non solo per i loro coetanei, ce sono ormai tanti, a partire da Greta Thunberg che nel 2018 – a soli 15 anni – ha iniziato il suo «Sciopero scolastico per il clima» davanti al Parlamento svedese, diventando ispiratrice e leader del movimento Friday for future (l’attivista, tra le altre cose, si è appena vaccinata contro il Coronavirus e postando una foto su Twitter ha ricordato quanto sia iniqua la distribuzione dei vaccini nel mondo). «Non sei mai troppo piccolo per fare la differenza», ha dichiarato più volte, dimostrando una determinazione e una forza fuori dal comune nel confrontarsi con leader navigati e organizzazioni internazionali.
Hanno seguito le orme di Thunberg ad esempio le statunitensi Alexandria Villaseñor (classe 2005) e Isra Hirsi (2003), cofondatrici di US youth climate strike (Sciopero dei giovani statunitensi per il clima). Che dire poi di Autumn Peltier che aveva solo 8 anni quando ha compreso che non tutte le persone in Canada hanno liberamente accesso all’acqua potabile. Da lì è iniziato il suo impegno ambientalista. Nel 2018, a 13 anni, la ragazza ha parlato davanti all’Assemblea generale delle Nazioni unite sul tema della protezione dell’acqua. E potremmo continuare…
Tutti volti giovanissimi, con una grinta da vendere e la capacità di sfruttare i mezzi di comunicazione di massa per diffondere il loro messaggio. E proprio perché sono così giovani colpiscono ancora di più nel segno. Cosa ci dicono? La situazione è gravissima. È talmente evidente che lo capiamo anche noi – bambini – mentre voi adulti continuate a perdervi in chiacchiere inutili e nei vostri stupidi interessi personali. Guardate a noi, al futuro. È soprattutto per le nuove generazioni che bisogna intervenire e subito. Jude, gli altri e le altre hanno messo da parte bambole e trenini per convogliare le loro energie in qualcosa di importante, di più, in qualcosa di vitale. Molti di loro non si limitano ad esprimersi in merito a questioni ambientali ma spaziano nel campo della difesa dei diritti umani, delle donne, delle popolazioni indigene ecc. Alcuni saranno stati probabilmente influenzati da genitori consapevoli, ma ben venga. Come dice una di questi piccoli «influencer etici», Anya Sastry: «Quando i leader iniziano a comportarsi come bambini, i bambini devono iniziare ad agire come leader».
Se è un bambino a fare la differenza
Jude, 11 anni, a piedi fino a Londra per la carbon tax e gli altri piccoli attivisti
/ 02.08.2021
di Romina Borla
di Romina Borla