Se degli assassini governano Kabul

La lista delle restrizioni e privazionidecise dai talebani si fa sempre più lungamentre l’Occidente rimane a guardare
/ 02.05.2022
di Francesca Marino

Riassunto dell’ultimo mese in Afghanistan: morti e feriti il 19 aprile a Kabul, dove un liceo frequentato da membri della comunità hazara di confessione sciita è stato attaccato con granate e bombe. Mentre tre giorni prima aerei pakistani bombardavano a tappeto Khost e Kunar: ufficialmente per ammazzare terroristi appartenenti al Tehrik-i-taliban Pakistan, in realtà facendo strage di donne e bambini. D’altra parte, prendersela con donne, bambini, ragazzini, giornalisti o attivisti dei diritti umani in Afghanistan (ma anche in Pakistan) è ormai diventato lo sport nazionale.

In meno di un mese il governo terrorista di Kabul è riuscito a superare sò stesso: le scuole secondarie (ma anche molte scuole primarie) per le ragazze rimangono per decreto chiuse fino a nuovo ordine. Sempre secondo gli ultimi decreti emanati, le donne non possono più volare, viaggiare con treni e autobus oppure allontanarsi da casa per una distanza superiore a qualche chilometro senza un parente maschio che le accompagni. Non solo, il governo di Kabul – quello stesso a cui fin troppi dicevano di volere dare una possibilità – ha legiferato anche a proposito dei parchi divertimenti: fine dell’ingresso libero, uomini e donne saranno ammessi su giostrine e autoscontri soltanto in giorni separati. Ai signori uomini che appartengono alle milizie talebane è vietato andare a divertirsi indossando l’uniforme o portando con sé armi e mezzi militari. Probabilmente per evitare i commenti ironici via media e social media ai post con foto di truci guerrieri armati di kalashnikov che si divertivano a far cozzare le macchinine.

E ancora: niente più viso rasato per gli uomini, che devono sfoggiare la barba d’ordinanza pena essere gonfiati di botte e, anche se è inutile precisare, burqa integrale, possibilmente nero e completato da guanti neri, per le donne. Agli studenti universitari è stato vietato l’uso del cellulare, mentre tutti i canali televisivi internazionali, inclusa la «BBC» e «Voice of America», sono stati oscurati. La lista delle restrizioni e delle privazioni è lunga, lunghissima, ma non sembra importare a nessuno. Gli aiuti internazionali sotto forma di cibo, quelli gestiti dal governo, sono stati destinati non a sfamare la popolazione ma a pagare in natura gli stipendi dei dipendenti statali. Non si registrano reazioni da parte dei rappresentanti di istituzioni e organizzazioni internazionali, quegli stessi che invocavano il riconoscimento della banda di assassini che governa Kabul e lo sblocco dei fondi congelati nelle banche estere.

A fine gennaio Kai Eide, ex ambasciatore e veterano della Missione di assistenza Onu in Afghanistan (Unama), twittava: «Fiero che il governo norvegese abbia invitato a Oslo il governo talebano, la società civile e i paesi chiave. E compiaciuto, da veterano, di aver incontrato il facente funzioni ministro degli esteri Amir Khan Muttaqi. Per me la libertà di espressione, per tutti, è una sfida prioritaria ma gli Stati Uniti devono sbloccare i fondi congelati per evitare catastrofi». I talebani erano infatti stati invitati dal governo norvegese e sono arrivati a Oslo con un jet privato per incontrare rappresentanti di Stati Uniti e di vari paesi europei nonché una non ben definita «società civile» afghana. Non ben definita perché il novanta per cento della società civile protestava difatti in piazza sia a Oslo sia in patria, repressa però a colpi di kalashnikov dagli sgherri dei signori che Eide era stato così fiero di incontrare. Giorni dopo, sempre a bordo di un jet privato, i talebani volavano a Ginevra, invitati da una dubbia organizzazione non governativa, sempre per incontrare «rappresentanti della società civile».

L’assioma, elaborato e propagandato dai lobbisti del Pakistan in sede internazionale, è il seguente: il terrorismo non finirà fino a che l’Afghanistan non sarà stabile, e l’Afghanistan non sarà stabile fino a che l’occidente non aprirà i cordoni della borsa e riconoscerà di fatto il governo dei talebani. Come fa Islamabad, come fa il Qatar, come ha fatto la Cina inviando il ministro degli esteri Wang Yi a Kabul per invitare i talebani, da cui è stato calorosamente accolto, a un incontro dei ministri degli esteri della regione. Il fatto che Pechino massacri i fratelli musulmani uiguri non sembra importare ai difensori della fede afghani. Che si trovano in buona compagnia. Antonio Guterres, segretario generale dell’Onu, si è speso moltissimo per sbloccare i fondi destinati al governo di Kabul. D’altra parte, per chi non trova scandaloso passare i nomi dei dissidenti uiguri all’ambasciata cinese di Ginevra, finanziare terroristi sulla lista delle stesse Nazioni Unite non è davvero un problema.