Maria deve pulire, fare il bucato, cucinare e occuparsi dei bambini, per 17 ore al giorno, sette giorni su sette, senza salario. Viene insultata, umiliata, picchiata, minacciata e subisce abusi sessuali. Dopo essere stata schiavizzata per nove mesi, la trentenne dell’Europa dell’est riesce a scappare e con l’aiuto di un vicino si rivolge alla polizia. Kamal lavora 15 ore al giorno in un ristorante ed è costretto a dormire con altre cinque persone sul pavimento in una stanza. Non riceve un salario e quando chiede al suo capo di essere pagato, questo lo aggredisce e lo minaccia di rimandarlo in Bangladesh. Kamal è allo stremo delle forze. Un cliente del ristorante nota la sua disperazione e lo accompagna dalla polizia. Non siamo in un Paese del sud del mondo, ma nella prospera Svizzera.
Due esistenze distrutte da persone senza scrupoli che fuori dalle mura domestiche conducono una vita normale, senza mostrare il loro vero volto, quello degli aguzzini. Difficile identificarli e portarli alla sbarra. A volte però succede. Per esempio, nell’aprile 2020 il Tribunale correzionale di Ginevra ha condannato un cittadino lituano a sei anni di detenzione per tratta e sfruttamento di esseri umani. L’imprenditore edile aveva reclutato operai nell’Europa dell’est per sfruttarli sui cantieri nei cantoni Ginevra, Vaud e Vallese, pagandoli da 20 centesimi a 6,50 franchi all’ora, alloggiandoli in condizioni disumane. In Svizzera le condanne si contano sulle dita di una mano. Eppure nel nostro Paese si registrano centinaia di vittime ogni anno. Nel 2020 la Piattaforma svizzera contro la tratta di esseri umani ha identificato 174 vittime, una cifra che è solo la punta dell’iceberg.
Infatti è un fenomeno criminale sommerso ed è quindi impossibile quantificarne il numero reale. Ciò che si sa è che la maggior parte delle vittime sono giovani donne straniere (86%), sfruttate soprattutto nel mondo della prostituzione. Ma anche gli uomini finiscono nelle grinfie di individui senza coscienza che li accalappiano con la promessa di un futuro migliore lavorando nel settore edile, agricolo o nell’industria alberghiera e della ristorazione. Come sappiamo, quando giungono in Svizzera la realtà è un’altra. Le vittime provengono in maniera particolare da Romania, Nigeria, Camerun e Ungheria, Paesi che non offrono molte prospettive. Ed è proprio facendo leva su questa situazione di povertà, disagio e vulnerabilità che i mercanti di persone fanno credere lucciole per lanterne. Finite nella loro rete, le vittime vengono trattate come merce, senza alcun riguardo per la dignità umana.
Ma cos’è esattamente la tratta di esseri umani? La definizione adottata a livello internazionale contempla varie forme di sfruttamento. Stando all’articolo 183 del Codice penale svizzero sono punite le attività volte ad assumere, procurare, offrire, ospitare o accogliere esseri umani ai fini dello sfruttamento sessuale, come manodopera o per il prelievo di organi. Secondo le stime dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Oil), a livello globale circa 25 milioni di persone sono vittime di lavoro forzato. La tratta è un commercio molto lucrativo. Si calcola che questa schiavitù moderna generi ogni anno 150 miliardi di dollari. In Europa, in un solo anno, i proventi criminali della tratta a scopo di sfruttamento sessuale sono stimati a circa 14 miliardi di euro. Il quinto rapporto globale sulla tratta di persone dell’Onu (Global report on trafficking in persons 2020) presenta una panoramica del fenomeno. Nel 2018 in 148 Paesi sono state individuate 50mila vittime, di cui il 50% erano donne e ragazze sfruttate sessualmente, il 38% erano uomini adulti impiegati come manodopera a buon mercato, il 6% era obbligato a svolgere attività criminali e il resto era costretto a chiedere l’elemosina, a sposarsi o a donare organi.
Vista la dimensione globale del fenomeno la lotta può solo essere concertata. L’Ufficio federale di polizia (Fedpol) collabora con le autorità di polizia Europol e Interpol per smantellare le reti internazionali. Inoltre la Svizzera ha concluso vari accordi bilaterali di cooperazione con numerosi Stati europei. Ad esempio, nell’ambito del contributo svizzero all’allargamento, la Confederazione ha promosso un progetto in Romania, Paese considerato uno dei principali Stati di origine della tratta di esseri umani e dei trafficanti nell’Ue. Ed è così che grazie alla collaborazione tra una Ong rumena, la polizia e la magistratura elvetiche è stato possibile arrestare un uomo e liberare una donna costretta a lavorare per lui in Svizzera. Purtroppo sono poche le indagini transfrontaliere che portano alla cattura dei mercanti di persone. Infatti le vittime provengono spesso da Paesi con cui la cooperazione tra le autorità investigative è complicata a causa della corruzione o delle strutture statali deboli che rendono difficile la lotta contro il crimine organizzato.
A livello nazionale la Svizzera ha lanciato nell’ottobre 2012 un piano d’azione contro la tratta di esseri umani. Nell’ottobre 2021 è stata presentata la valutazione degli sforzi profusi negli ultimi otto anni per lottare contro questo fenomeno. Stando al rapporto dell’Ufficio federale di polizia, 20 misure delle 28 previste sono state attuate. Tra queste ci sono campagne di sensibilizzazione, corsi di formazione per le autorità di perseguimento penale e le autorità migratorie, check-list per identificare gli autori. Presto verrà presentato un terzo piano d’azione nazionale che punterà soprattutto sull’assistenza delle vittime, sulla lotta contro lo sfruttamento lavorativo e sull’identificazione dei trafficanti che usano internet. Come ricorda la nuova strategia europea per la lotta alla tratta di esseri umani 2021-2025 sarà altrettanto importante puntare l’attenzione sui flussi di denaro visto che a capo ci sono organizzazioni strutturate come delle «piccole e medie imprese del crimine». Per questo motivo bisognerà rafforzare la collaborazione con le banche affinché siano in grado di segnalare le transazioni sospette alle autorità giudiziarie.
Che in Svizzera si possa fare ancora meglio ce lo ricorda un rapporto del Consiglio d’Europa. Il gruppo di esperti Greta elogia il nostro Paese per i progressi compiuti, lo bacchetta però perché non protegge a sufficienza i richiedenti l’asilo che sono stati vittime della tratta di esseri umani all’estero. Anche l’Alto commissariato per i rifugiati giunge alla stessa conclusione, ossia che la Confederazione non fa ancora abbastanza. E a causa della pandemia questo fenomeno è destinato ad aumentare. Stando a Europol e Interpol, le conseguenze economiche provocate dalla crisi provocheranno più emigrazione dai Paesi più poveri e di conseguenza anche più vittime della tratta di esseri umani.