Russia, una guerra civile all’orizzonte?

L’incubo del Cremlino è la nascita di una vera resistenza alimentata anche dalla rabbia dei soldati tornati dal fronte
/ 29.08.2022
di Anna Zafesova

«Un solo paese, un solo presidente, una sola vittoria». Lo slogan coniato dal deputato Leonid Slutsky – l’erede dell’ultranazionalista Vladimir Zhirinovsky alla guida del Partito liberal democratico di Russia, e il presidente del comitato Esteri della Duma – ai funerali di Darya Dugina ha messo in imbarazzo il Cremlino, ed è sparito dai reportage della televisione russa. Sono rimasti di pubblico dominio invece sia la richiesta del presidente della Duma Vyacheslav Volodin di far processare da un tribunale speciale i prigionieri di guerra ucraini, sia la promessa del ministro degli Esteri Sergei Lavrov di «punire senza pietà il barbaro crimine». Il Servizio federale di sicurezza di Mosca (Fsb), dopo un’indagine-lampo di meno di due giorni, ha annunciato che a piazzare la bomba sotto il fuoristrada dell’attivista nazionalista Dugina è stata una agente ucraina scappata subito dopo l’attentato in Estonia. Ma a inquietare è stata soprattutto la promessa della capa della propaganda statale russa Margarita Simonyan di «mandare qualcuno ad ammirare le guglie di Tallinn», una palese allusione agli agenti russi che avevano avvelenato l’ex spia Sergei Skripal a Salisbury e che si erano giustificati in un’intervista alla stessa Simonyan di essere andati «a vedere la guglia della cattedrale» della città inglese.

La «pista ucraina» raccontata dall’Fsb – con la presunta killer che avrebbe girato indisturbata per Mosca, in compagnia di sua figlia dodicenne e di un gatto, a bordo di una Mini Cooper piuttosto vistosa alla quale cambiava regolarmente le targhe – lascia più domande che risposte, mentre le conseguenze politiche dell’omicidio appaiono già molto più chiare. Un «assassinio di Kirov», ha commentato subito a caldo la giornalista di opposizione Yulia Latynina, alludendo all’attentato al leader comunista di Leningrado che ha offerto a Stalin il pretesto per scatenare le purghe contro i suoi stessi seguaci. Una tradizione nazionale radicata, e la morte di Dugina è stata trasformata in un martirio, con Vladimir Putin che ha inviato a suo padre, il filosofo di estrema destra Aleksandr Dugin, un messaggio di condoglianze che elogia «l’autentico cuore russo» che batteva nel petto di Darya, e i commentatori dei talk show di propaganda che parlavano di una «nuova santa vergine della Russia», mentre gli esponenti dell’estrema destra ultranazionalista – i più rappresentati anche al funerale – hanno promesso vendetta contro gli ucraini, senza distinzione tra civili e militari. Un’escalation che però, a guardare bene, non è stata benedetta – almeno per ora – dal Cremlino, che ha mandato al funerale soltanto un emissario di terzo rango, e censurato la dichiarazione di Slutsky troppo simile agli slogan nazisti.

Segni di una probabile lotta interna, non solo tra l’Fsb e i militari russi – Dugin è figlio di un generale dello spionaggio militare Gru ed è considerato vicino a quella branca dei servizi, responsabile peraltro degli avvelenamenti di Salisbury – intenti a scaricarsi a vicenda le colpe del fallimento dell’offensiva russa, ma anche tra i falchi del Cremlino e i pragmatici più prudenti. Le truppe russe che hanno invaso l’Ucraina sono ferme ormai da più di un mese, mentre Kiev – grazie anche ai missili di precisione forniti dall’Occidente – sta distruggendo metodicamente aeroporti, depositi e caserme nelle retrovie russe. Le indiscrezioni sulle difficoltà di Putin di reclutare soldati si sono tramutate di recente in una valanga di rivelazioni su centinaia di militari – soprattutto dei corpi scelti d’assalto – che si rifiutano di andare in guerra. Chi per motivi morali, chi più banalmente per protesta contro l’inefficienza del comando, costata già migliaia di vite di soldati, le cui famiglie per giunta non sempre vengono risarcite secondo quanto promesso dal governo. Gli attacchi ucraini alla Crimea – considerata dopo l’annessione del 2014 come intoccabile e piena di vacanzieri russi datisi alla fuga – e la bomba che ha ucciso Dugina, in un quartiere di dacie dei vip moscoviti, hanno portato in Russia un senso di vulnerabilità mai provato nei primi sei mesi di guerra.

Nulla di strano, dunque, che un attentato – indipendentemente dal reale motivo e mandante – possa venire usato per fomentare il nazionalismo e intensificare la caccia al nemico interno. Nei giorni immediatamente successivi alla morte di Darya sono stati arrestati o incriminati decine di oppositori, tra cui diversi candidati alle elezioni amministrative di settembre (il comunista Sergei Burtsev ha riportato anche percosse gravissime). E l’arresto dell’ex sindaco di Ekaterinburg Evgeny Roizman – che rischia 10 anni per «discredito delle forze armate», cioè aver denunciato la guerra come «invasione dell’Ucraina» – ha portato in carcere l’ultimo famoso esponente dell’opposizione russa. Ora la resistenza al regime resta in mano a un’armata di attivisti locali, prevalentemente giovani, che animano una protesta in Rete, aiutano i deportati ucraini, scrivono sui muri «no alla guerra» e scendono in piazza con proteste solitarie, che gli costano quasi immancabilmente l’arresto. Ma anche se la rivendicazione dell’omicidio di Dugina fatta da un finora sconosciuto «Esercito nazionale repubblicano» appare per ora poco fondata, nelle provincie russe sta crescendo un’opposizione non soltanto pacifica. Almeno 25 commissariati militari bruciati, un incremento degli incidenti ferroviari talmente vertiginoso da far sospettare una «guerra dei binari» simile a quella che ha fermato qualche mese prima l’avanzata russa dalla Bielorussia, misteriosi incendi ed esplosioni a fabbriche e depositi militari... L’incubo del Cremlino è la nascita di una resistenza vera, alimentata anche dalla rabbia (e dalle competenze) dei soldati che rientrano dal fronte. Una caccia alle streghe preventiva, con la scusa degli infiltrati ucraini che uccidono a Mosca, potrebbe essere funzionale anche a impedire quella guerra civile che rischia di nascere.