Risultati deludenti per le casse pensioni nel 2022

L’anno scorso si è verificato in media un calo dell’8,8% dei loro capitali, ma nel 2023 la situazione è migliorata
/ 24.07.2023
di Ignazio Bonoli

A fine maggio è stato pubblicato l’abituale rapporto di Swisscanto, l’associazione delle banche cantonali, sull’andamento delle casse pensioni nel 2022. Prima constatazione: lo scorso anno non è stato un buon anno per le casse pensioni svizzere, soprattutto per quanto concerne il rendimento degli investimenti. Contrariamente all’anno precedente, nel quale si è potuto registrare un miglioramento dell’8%, nel 2022 si deve constatare in media un calo dell’8,8% dei capitali delle casse pensioni. Si è quindi trattato dell’anno peggiore dal 2008. Seconda constatazione: si possono vedere grandi differenze di rendimento fra le varie casse. Mentre la peggiore perde il 16,2%, la migliore ha potuto contenere la perdita nell’1%. Questo significa una buona prestazione nel clima di generale calo del rendimento che ha caratterizzato lo scorso anno. Queste differenze si possono constatare anche se si esaminano le prestazioni delle migliori performances delle casse negli ultimi cinque anni rispetto alle peggiori. Nel 2022 il primo gruppo ha subito una perdita del 3,8%, mentre il secondo gruppo soffre di una perdita del 12,7%.

Ovviamente una cattiva prestazione nel settore degli investimenti si ripercuote sul grado di copertura degli impegni di ogni singola cassa. Lo scorso anno il grado di copertura delle casse è sceso in media del 12%, attestandosi attorno al 110%. Per il 10% delle casse migliori – sempre dal punto di vista del rendimento degli investimenti – il grado di copertura è stato in media del 116,5%, mentre per il 10% delle casse peggiori è stato del 102,9%. I motivi principali di questa evoluzione vengono visti in un aumento del tasso di inflazione, nell’aumento dei tassi di interesse e nella difficile situazione geopolitica. Non va però dimenticato che, dopo la crisi del 2008 (anno in cui il grado di copertura medio era sceso al 96,7%), le casse hanno potuto realizzare buoni rendimenti, costituendo così un solido capitale di base. Allora si temeva, invece, un persistere della sottocopertura, che avrebbe creato grossi problemi a tutte le casse.

Nel 2023, sulla base dei risultati dei primi mesi, la situazione è nettamente migliorata. L’indice calcolato dalla banca privata ginevrina Pictet, sulla base di un capitale delle casse simulato che si componga di un 25% di azioni, indica un miglioramento del 3,3%. Se questo capitale fosse del 40% di azioni, il miglioramento sarebbe del 3,8%. Grazie a queste buone performances, anche il grado di copertura sarebbe già salito al 112,5% in media alla fine del mese di marzo. Il rapporto della Pictet sottolinea ancora una volta quanto sia importante una buona gestione dei capitali delle casse. Cioè una gestione professionale degli investimenti dei capitali della previdenza, ripartendo il rischio su varie classi di investimento. Nel 2022 si costata che le casse con una prevalenza di investimenti nel settore obbligazionario hanno subito le perdite maggiori. Meglio sono invece andate le casse con investimenti importanti nell’immobiliare e negli alternativi.

Sul piano delle discussioni politiche è sempre preminente il problema degli interessi sul capitale di vecchiaia degli assicurati. Anche qui si constatano grandi differenze fra le singole casse. Differenze che variano dallo 0,96 al 4,28%. Il 10% delle casse migliori paga un interesse del 2,6%, il 10% delle peggiori solo l’1,1%. La media degli interessi sul capitale vecchiaia è dell’1,9%, cioè inferiore al tasso di inflazione. Questo rendimento si ripercuote ovviamente sul capitale di vecchiaia, sul quale si calcolerà poi la rendita degli assicurati al pensionamento.

Una recente inchiesta svolta dalla Sotomo per la società d’assicurazione Zurigo ha, ancora una volta, rilevato che la popolazione svizzera non dà troppa importanza al proprio capitale assicurato. Le maggiori attenzioni sono rivolte al costo della vita, piuttosto che alla silenziosa svalutazione dei propri risparmi e alla perdita di potere d’acquisto del proprio capitale di vecchiaia. Una leggera maggioranza ritiene inoltre corretto che le giovani generazioni finanzino le rendite dei pensionati. E questo benché il principio della previdenza professionale voglia che ognuno provveda (con il proprio datore di lavoro) a finanziare le proprie rendite di vecchiaia.

Lo scetticismo riguardo al principio della distribuzione (come per l’AVS), anche per il secondo pilastro, sta calando nella popolazione. Segno anche, secondo l’inchiesta, che una buona parte della popolazione sente una responsabilità sociale, garantita dallo Stato, piuttosto che una responsabilità individuale anche nel campo della previdenza professionale. Quando, però, si presenta una diminuzione dei rendimenti del capitale di vecchiaia (si voterà il prossimo anno sulla nuova legge), gli animi si riscaldano e torna in auge il principio della copertura del proprio capitale che non deve essere usato per altri scopi. Ci si rende conto che il previsto 60% dell’ultimo stipendio non basta più per offrire una pensione dignitosa. Si dovrà perciò tornare a contare sui propri risparmi anche nel secondo pilastro, eventualmente completato dai risparmi privati del terzo. Nel frattempo, con oltre 141’000 firme raccolte, il referendum contro la riforma della legge sulle casse pensioni è riuscito. Non è quindi da escludere che i buoni risultati realizzati dalle casse pensioni nei primi mesi di quest’anno abbiano contribuito alla riuscita del referendum. I punti principali del disavanzo sono la diminuzione del tasso di conversione del capitale di vecchiaia in rendita, nonostante le proposte di compensazione per le classi d’età più toccate, nonché un aumento dei contributi. Alla legge votata dal Parlamento federale si rimprovera inoltre di non aver provveduto a sanare la situazione che vede le rendite delle donne inferiori a quelle degli uomini. Ancora una volta toccherà al popolo decidere.