Era la vigilia di Natale quando i giornali pubblicavano la notizia che il Credit Suisse, e anche la Deutsche Bank, avevano trovato un accordo con la giustizia americana per mettere fine alle richieste di indennizzo, a seguito della grande crisi del «prime rate» americano nel 2008. Cosa che altre banche – e tra esse anche l’UBS – avevano già fatto da tempo a suon di miliardi di dollari.
Le due banche citate avevano tirato le cose un po’ più per le lunghe, sperando di trovare un accordo che potesse accontentare i contendenti. L’accordo è stato raggiunto nel senso che il Credit Suisse dovrà pagare una multa di 2,48 miliardi di dollari e la Deutsche Bank di 3,1 miliardi. Si poteva pensare a un esito scontato, visti i precedenti accordi con altre banche. Ma questa transazione prevede una novità: le due banche dovranno aiutare finanziariamente i debitori ipotecari originali, vittime prime della crisi, anche se questi debitori non hanno mai avuto una relazione con le banche interessate.
Questo perché le banche non hanno avvertito gli investitori della pessima qualità dei titoli che si basavano sulle loro ipoteche. Bisogna qui ricordare che le cartelle ipotecarie in America sono trattate su un apposito mercato e quando i debitori ipotecari hanno cominciato ad incontrare difficoltà nel pagare interessi e ammortamenti sui loro debiti, tutto il sistema è crollato. E così dopo aver conosciuto una crescita eccezionale, ha rischiato di trascinare con sé l’intero sistema finanziario globale. Alle banche si rimprovera di essere state a conoscenza della crisi del sistema, ma di non aver avvertito gli investitori della cattiva qualità dei titoli venduti.
Resta comunque ancora da valutare l’entità dei costi che la banca dovrà sopportare a favore dei debitori ipotecari. Il Credit Suisse valuta questa cifra in circa 2,8 miliardi di dollari nei prossimi cinque anni. Ma, come si può immaginare, si dovrà trovare una definizione esatta dell’impegno, che potrebbe assumere dimensioni magari superiori.
Per quanto concerne la multa, in realtà appare un po’ superiore a quanto si pensava qualche mese fa. Tuttavia non ha sorpreso gli ambienti zurighesi e nemmeno la borsa, che ha reagito in modo pacato, ritenendo che il CS sia in grado di assorbire il colpo. Ovviamente questo si ripercuoterà sul bilancio del quarto trimestre del 2016, che potrebbe chiudersi con un risultato negativo e provocare una diminuzione della quota primaria di capitale proprio.
In tutta questa faccenda, soggetta agli interventi delle autorità di sorveglianza degli istituti finanziari, il Credit Suisse è una delle banche che ne è uscita meglio. L’accordo con la giustizia americana dovrebbe essere l’ultimo impegno di questa portata.
Ora però, su tutta la faccenda pesa un’altra grossa incognita. La britannica Barclays Bank non ha voluto concludere un accordo extra-giudiziale con il fisco americano, per cui ora quest’ultimo procederà con una causa di diritto civile contro la Barclays e due ex-banchieri dell’Istituto. Alla banca si rimprovera di aver venduto titoli basati su ipoteche per 31 miliardi di dollari senza avvertire gli investitori della pericolosità di questi investimenti, omettendo inoltre il dovere di accertarsi della qualità dei debitori.
Secondo la banca, le accuse non corrispondono alla realtà dei fatti.
È raro che una banca si lasci trascinare davanti ai tribunali. In caso di accordo il rischio finanziario è calcolabile e pone un termine alla contesa. Non si sa però quale cifra abbiano chiesto le autorità americane, mentre la banca era disposta a versare due miliardi di dollari.
La Barclays sostiene che le perdite sui suoi titoli sono state inferiori a quelle di altre banche. Inoltre la banca stessa ha subito perdite. Dovrebbe perciò essere costretta a pagare una multa solo sugli utili realizzati o, al massimo, sulle perdite subite dai clienti. La banca non ha altre pendenze con la giustizia americana, per cui potrebbe partire da una posizione migliore.
Qualcuno pensa anche che sotto l’amministrazione Trump la giustizia americana potrebbe diventare meno severa con le banche. Il tribunale dovrà ora valutare attentamente le accuse delle autorità americane e la sua sentenza farà storia nelle travagliate vicende di molte banche. Se la Barclays dovesse vincere, le banche che hanno sottoscritto l’accordo si troverebbero a mal partito. Se da un lato le autorità americane non mancano di creare sorprese nelle loro accuse, dall’altro proprio la Barclays, in un caso di manipolazione dei cambi delle divise a Londra, si è trovata a dover pagare 2,4 miliardi di multa, nel tentativo fallito di implicare le autorità di sorveglianza americane.