Rio de Janeiro senza Carnevale, causa Coronavirus. Lo spettacolo di strada più grande del mondo quest’anno non si terrà. Cancellato lo show della sfilata dei carri al Sambodromo, ma anche i balli dietro a carri improvvisati, i «blocos de rua», che spuntano ovunque in città fino al martedì grasso. Troppo pericoloso per il livello raggiunto dalla pandemia in Brasile, il più grave di tutta l’America latina.
Il sindaco Eduardo da Costa Paes, di area progressista, ha scelto contro la Covid una strada opposta a quella del Governo centrale, che continua a minimizzare l’emergenza. Il politico ha ordinato fino al 22 febbraio il divieto assoluto di sfilate delle famose scuole di samba e di «blocos de rua». Chi viola la norma potrà essere accusato di crimine contro la salute pubblica. Vietata anche l’attività dei commercianti ambulanti. Il sindaco assicura: «Guai seri per chi disobbedisce. Sarà una guerra di gatti contro il topo».
Le grandi scuole di samba hanno già fatto sapere che rispetteranno i divieti. Per limitare le sorprese è comunque in corso un grosso lavoro di monitoraggio di Internet per intercettare la vendita di biglietti online. Ed è stato proibito pure l’accesso in città ad autobus non di linea.
Le restrizioni a causa della pandemia promettono di avere maggiore successo di quelle tentate 3 anni fa, però subito ritirate per evitare l’insurrezione popolare, dall’ex sindaco evangelico Marcelo Crivella. Lui – vescovo di una chiesa pentecostale benedetto dal boom elettorale dei candidati evangelici nelle penultime elezioni amministrative – nel 2018 aveva deciso che il megashow del Sambodromo andasse cancellato per offesa al pudore. Troppo edonismo, secondo lui, troppi corpi esposti per strada.
Poiché i fondi per le scuole di samba, cellule fondamentali dello spettacolo carioca, sono in mano al sindaco, lo strumento per cancellare la festa Crivella ce l’aveva davvero. Gli sarebbe bastato negare il finanziamento di due milioni di reais alle suddette scuole. Minacciò infatti di farlo ma poi, dopo che gli spiegarono il rischio di barricate, capì l’antifona e cambiò idea.
Quest’anno si rischia invece la disobbedienza organizzata per tutt’altra ragione. Il presidente Jair Bolsonaro ha un discreto zoccolo duro di sostenitori a Rio de Janeiro e suo figlio Eduardo ha molto potere in città. Bolsonaro è negazionista rispetto alla Covid: ha sostenuto a lungo si trattasse di una banalissima influenza. Da quando è stato lui stesso contagiato ha attenuato i toni polemici, ma ogni tanto la carta della negazione della pandemia se la gioca ancora perché pare avere un ritorno in termini di consenso. La sua teoria è che il virus sia l’occasione colta da un non individuato potere occulto planetario per controllare i comportamenti individuali. Questa teoria rischia di attecchire in certi ambienti, in un Paese in cui 3 persone su 4 si informano esclusivamente attraverso i social network. Dei vaccini contro la Covid Bolsonaro ha detto: «Volete vaccinarvi? Poi non lamentatevi se vi spuntano squame da camaleonte!». Se alla diffidenza contro la vaccinazione di massa si aggiunge la frustrazione collettiva per la festa cancellata, non sorprende che il sindaco Paes sia preoccupato per possibili proteste organizzate.
Una vera rivolta contro una vaccinazione di massa a Rio c’è stata, più di un secolo fa. Era il 1904. La città era allora ancora capitale. Una terribile epidemia di vaiolo sembrava inarrestabile. Il Governo in quel periodo stava ridisegnando il centro storico, vicino al porto, aprendo grandi viali ispirati allo stile francese e quindi sventrando agglomerati di case popolari in cui vivevano in condizioni assai precarie migliaia di persone. Queste ultime furono costrette a spostarsi altrove.
La riforma sanitaria e la campagna di vaccinazione contro il vaiolo furono affidate a un giovane medico, Oswaldo Cruz, che, consapevole della dimensione sociale del problema, pensò di poterlo affrontare creando dei veri e propri «battaglioni sanitari». Questi furono però percepiti dalla popolazione, estenuata dal trasferimento coatto in favela a causa dei lavori, come un esercito d’occupazione armato di siringhe. Fu così che alla sacrosanta vaccinazione contro il vaiolo si opposero barricate di gente rabbiosa, intossicate da una propaganda messa a punto dall’opposizione al Governo riunita nella «Lega contro il vaccino obbligatorio». Si parlava allora del pericolo di trasformazione in mucca di chi si fosse lasciato inoculare un vaccino di origine animale. Il 13 febbraio 1904, raccontano le cronache dell’epoca, dopo una rivolta studentesca soffocata dalla polizia, Rio sembrava una zona di guerra.
Rio senza Carnevale teme disordini
Feste e cortei annullati per la Covid mentre monta la frustrazione dei negazionisti
/ 15.02.2021
di Angela Nocioni
di Angela Nocioni