Record di migranti

Brexit sta mostrando i suoi effetti. In arrivo nel Regno Unito più extracomunitari e meno europei
/ 05.06.2023
di Barbara Gallino

Conservatori nella bufera. Nonostante Brexit e la millantata promessa di riacquistare il pieno controllo dei confini, l’immigrazione nel Regno Unito ha toccato una quota record: il saldo netto è di 606mila persone in più. Come se alla popolazione britannica si fosse aggiunto l’equivalente di una città delle dimensioni di Glasgow. I numeri pubblicati dall’Ufficio Nazionale di Statistica parlano chiaro: oltre 1 milione e 163mila individui si sono stabiliti nella «Perfida Albione» lo scorso anno; appena 557mila se ne sono andati. Dei nuovi residenti, circa 925mila sono cittadini extra-comunitari, ovvero 287mila in più rispetto al 2021, giunti nel Paese per studiare, lavorare o fuggire da conflitti o regimi oppressivi. Il tessuto socio-demografico britannico sta cambiando pelle: sempre più Commonwealth, più Paesi emergenti e meno Europa fra gli abitanti del Regno. Le due nazionalità che spiccano per numero di visti d’ingresso sono infatti l’India e la Nigeria. Seguono i profughi ucraini e gli immigrati dalla Cina, dei quali circa un quarto in fuga da Hong Kong. Poi quelli dal Pakistan. Le cifre sono un boccone duro da digerire per il Governo del premier Rishi Sunak, che ha fatto della lotta all’immigrazione il suo vessillo.

Quando i Tory vinsero le ultime elezioni politiche nel 2019, ponendo al centro della campagna elettorale proprio l’abbattimento dei nuovi ingressi, il saldo netto di immigrati ammontava infatti a 271mila, ovvero meno della metà. I fattori principali che hanno concorso al balzo in avanti sono principalmente tre: la guerra in Ucraina, il boom di studenti internazionali e il reclutamento di lavoratori specializzati dall’estero, soprattutto nel settore medico-sanitario. Quasi la metà dei visti di lavoro sono stati concessi infatti a professionisti di questo settore e il 96,3% di loro proveniva da Asia o Africa.

Ha registrato un’impennata del 20% pure il numero di visti concessi per studiare in Gran Bretagna. Sono gli studenti internazionali a sovvenzionare con il pagamento di rette molto più alte l’istruzione universitaria degli studenti britannici. Due terzi delle matricole straniere sono di origine asiatica, mentre continuano a diminuire quelle di origine europea, passate dal 5,3% del totale nel 2021 al 4,2% nel 2022. Si tratta di un trend in linea con tutti i movimenti in uscita ed entrata dall’UE del resto. Brexit sta sicuramente mostrando i suoi effetti. Sono appena 51mila i cittadini europei che si sono trasferiti nel Regno lo scorso anno a fronte di 202mila che sono partiti. Una magra consolazione, vista l’«invasione» dai Paesi extra-europei. Sunak non nega che si tratti di numeri troppo alti e non sostenibili e ha annunciato una stretta sui nuovi arrivi, senza tuttavia avventarsi ad indicare target precisi. La ministra dell’Interno Suella Braverman e il sottosegretario all’immigrazione Robert Jenrick, intanto, pare siano già al lavoro per ridurre i visti di lavoro, con l’intento di elevare la soglia di stipendio minimo per entrare nel Paese, da 27mila a 33mila sterline. Fra le misure dirette a diminuire gli ingressi, sono pure state annunciate nuove disposizioni per impedire agli immigrati con visto di studio di portare con sé i famigliari. In base alle regole attuali, infatti, gli studenti di Master universitari possono trasferirsi nel Regno insieme a partner e figli per un periodo fino a due anni dopo la conclusione del corso di studi. A partire dal gennaio del 2024 non sarà più così, fatta eccezione per gli studenti di dottorato.

Anche gli sbarchi clandestini lo scorso anno hanno registrato un aumento, tuttavia rappresentano solo l’8% dell’immigrazione di origine extra-comunitaria nel Regno Unito. Nel 2022 76mila persone hanno chiesto asilo politico nel Regno, ovvero 23mila in più che nel 2021, ma solo l’1% di loro ha visto accolta o rifiutata la domanda. Il rimanente 99% è in un limbo, in attesa di una decisione. Che le lentezze procedurali siano un deterrente per scoraggiare le traversate oltre Manica a bordo di mezzi di fortuna, di disperati alla ricerca di una vita migliore? Frattanto documenti governativi ottenuti in esclusiva da «The Guardian», rivelano che Whitehall punta a «deportare» fino a 3163 richiedenti asilo al mese a partire dal prossimo gennaio, in attuazione della normativa contro gli immigrati illegali che prevede che siano non solo privati della possibilità di chiedere rifugio politico, ma anche rispediti nel Paese d’origine se ritenuto non pericoloso, oppure in un Paese terzo come il Ruanda. Intanto una cosa è certa: la partita per le prossime politiche sarà tutta giocata sull’immigrazione, visto che secondo gli ultimi sondaggi rappresenta ormai la preoccupazione prioritaria dei sudditi. E il tempo per i Tories – da mesi in affanno rispetto ai Labour – è agli sgoccioli. Per quanto provi a ritardare l’appuntamento elettorale, Sunak ha tempo al più tardi fino a gennaio del 2025 – data ultima per la convocazione alle urne – per abbattere il saldo migratorio netto e salvare la faccia.