Ciò che unisce il conflitto russo-ucraino agli inizi della Prima e della Seconda guerra mondiale è il ruolo della Russia: 14 mesi fa assaltò l’Ucraina. Nell’agosto 1939 con la firma del trattato di non aggressione fra i ministri degli Esteri Molotov e von Ribbentrop, l’URSS consentì a Hitler d’invadere la Polonia e scatenare l’Apocalisse. Nel luglio 1914 lo zar Nicola II, influenzato dal proprio ministro degli Esteri Sergej Sazonov, indusse la Serbia a respingere il duro ultimatum dell’impero austro-ungarico, conseguenza dell’omicidio a Sarajevo del principe ereditario Francesco Ferdinando e della moglie Sofia. Gli autori erano stati i patrioti della Giovane Bosnia, provincia dell’Austria-Ungheria, ispirati dal capo dei servizi segreti di Belgrado, Dragutin Dimitrijevic fautore dell’unione di tutti gli slavi.
Per quanto i 10 punti dell’intimazione asburgica fossero iugulatori, la Serbia alla fine li avrebbe accettati senza la totale garanzia della Russia di proteggerla da ogni attacco. Davanti a questo secco rifiuto, il vecchio imperatore di Vienna Francesco Giuseppe dovette cedere alle insistenze del primo ministro von Stürgkh e del capo di Stato maggiore von Hötzendorf d’invadere la Serbia. Su entrambi influì la certezza di avere accanto l’impero germanico del Kaiser Guglielmo II. Tuttavia, al di là del singolare gioco di garanzie scatenato dalla Russia, a provocare il conflitto fu la speranza delle oligarchie di Berlino, Vienna, San Pietroburgo di risolvere con le armi i crescenti problemi interni: in Germania contrastare i successi politici del partito socialdemocratico; in Russia bloccare il malcontento di contadini e operai; in Austria mettere un freno alle nazionalità ansiose di autonomia.
Niente di simile con quanto accaduto fra Russia e Ucraina. Putin è stato mosso dalla voglia di ristabilire i vecchi confini dell’URSS, il cui crollo a suo modo di vedere è la più grave catastrofe del Ventesimo secolo; dal convincimento che gli USA e la NATO fossero fuorigioco dopo la figuraccia rimediata nel 2021 in Afghanistan; dalla certezza che l’Europa fosse troppo ricca e vigliacca per sfidare l’arsenale atomico di Mosca; dall’assicurazione del suo servizio segreto sull’appoggio che gran parte degli invasi avrebbero dato agli invasori. Insomma, se davvero assisteremo alla deflagrazione della Terza guerra mondiale, sarà per motivi assai differenti da quelli che scatenarono la Prima. E lo stesso dicasi per la Seconda guerra mondiale. Allora pesarono i calcoli di Hitler, una volta garantitosi il confine orientale: assoggettare l’Europa con una serie di operazioni lampo e concludere poi un vantaggioso accordo con la Gran Bretagna; la conservazione del suo enorme impero d’oltremare in cambio del controllo alla Germania del Vecchio Continente.
Caso mai, la lezione che l’Occidente non ha capito è stata la Conferenza di Monaco nel settembre 1938. Allora l’inglese Chamberlain e il francese Daladier, pur di non dover guerreggiare con Hitler, acconsentirono a cedergli la regione cecoslovacca dei Sudeti, la cui popolazione era prevalentemente di lingua tedesca. Hitler firmò un inutile documento, in cui escludeva di avere altre richieste. Chamberlain al ritorno a casa lo sventolò sostenendo che certificasse «la pace per il nostro tempo». Inascoltata Cassandra, Churchill pronosticò: «Dovevate scegliere tra la guerra e il disonore; avete scelto il disonore, avrete lo stesso la guerra». In meno di un anno Hitler si pappò l’intera Cecoslovacchia e la Polonia. Forse gli USA, la NATO e l’Europa sarebbero dovuti intervenire nel 2014 quando Putin si annesse la Crimea e allungò le mani su alcune province del Donbass. Invece, come Francia e Gran Bretagna a Monaco, vollero fidarsi delle ragioni del despota: in fondo riportava a casa una terra da sempre russa e concessa all’Ucraina nel 1954 dal neosegretario del partito comunista sovietico, l’ucraino Kruscev; nel Donbass prometteva di voler solo proteggere la popolazione russofila. Più o meno i termini dell’accordo di Minsk siglato, nel settembre 2014, da Russia e Ucraina sotto il patronato dell’OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa), ma regolarmente violato da entrambe le parti.
L’ultima differenza tra il conflitto russo-ucraino e le due guerre mondiali riguarda i tempi d’intervento. Il 28 luglio 1914 l’Austria-Ungheria aggredì la Serbia. Il primo agosto la Germania scese in campo contro la Russia, che aveva già annunciato l’intervento in difesa del proprio alleato, e due giorni più tardi contro la Francia. Nel giro di poche ore la Gran Bretagna si schierava al fianco di Parigi. L’Italia avrebbe rotto gli indugi 10 mesi più tardi, gli USA nella primavera del 1917. Il primo settembre del 1939 la Germania assaltò la Polonia, il 3 settembre Francia e Gran Bretagna le dichiararono guerra. Nel giugno 1940 si sarebbe aggiunta l’Italia; nel giugno 1941 l’URSS fu invasa dalla Germania, nel dicembre 1941 gli USA furono aggrediti a Pearl Harbor dal Giappone. Chissà se Putin ha considerato che in entrambe le occasioni i responsabili del conflitto sono saltati per aria? Nel 1918 l’impero russo, quello tedesco e quello austroungarico; nel 1945 il Terzo Reich e il regime fascista di Mussolini. Concludiamo con Einstein: «Se ci sarà una Terza guerra mondiale, la quarta verrà combattuta con le fionde».