Quando la ragione spezza le catene

Le nostre radici – Dall’illuminismo scaturisce un’Europa nuova, lungamente ostacolata dai poteri politici e religiosi tradizionali
/ 17.10.2022
di Alfredo Venturi

«L’uomo nasce libero ma è dappertutto in catene». Così il filosofo svizzero Jean-Jacques Rousseau riassume la sua visione del mondo e della società, costruendo con queste parole uno dei pilastri dello spirito illuministico. Siamo a metà Settecento, al centro di quell’epoca dei Lumi che contribuirà a forgiare l’identità dell’Europa liberandola dall’asfissia del dogmatismo e promuovendo la libertà di pensiero. Negli anni di questa grande rivoluzione culturale l’atteggiamento del visionario Rousseau si accompagna, e spesso si contrappone, a quello del pragmatico Voltaire. Se il primo elabora la teoria del «buon selvaggio» e parla di democrazia diretta, il secondo invita a non fare un dogma dell’idea del progresso, in sé sacrosanta, dopo che si è fatta la guerra ai dogmi. La verità è che non tutto va per il verso giusto, eppure dobbiamo levarci dalla testa l’idea pessimistica di vivere in quello che il filosofo e matematico Leibniz, parodiato proprio da Voltaire nei panni del dottor Pangloss, considerava «il migliore dei mondi possibili».

In quel pezzetto di pianeta che si chiama Europa l’appassionato impegno di un gruppo di filosofi e scienziati guidati da Denis Diderot e Jean-Baptiste d’Alembert, riesce a portare a termine l’Encyclopédie, nonostante gli ostacoli disseminati sul suo cammino da un potere atterrito dalla sfida della libertà di pensiero. Diciassette volumi pubblicati fra il 1751 e il 1772, sessantamila voci, la diffusione dalla Francia al resto del Vecchio continente e alle colonie americane lungo la costa atlantica. Così l’illuminismo conquista l’Europa e si fa strada in America attraverso le pagine e le tavole del Dizionario ragionato delle scienze, delle arti e dei mestieri, come anche si chiama l’Enciclopedia. È proprio quell’aggettivo, «ragionato», a riassumere lo spirito nuovo dei Lumi, che proclama il primato della ragione, la riscossa dell’intelligenza incaricata di liberare l’uomo dalle catene di cui parla Rousseau.

Ma non è impresa facile e non lo sarà mai. I poteri costituiti vegliano sul rispetto della tradizione, sia pure senza scalfire il tenace ottimismo di uomini come Diderot. Proprio quest’ultimo si esprime così, con uno slancio non privo di un tocco di ingenuità, in una lettera del 1762: «Questa opera sicuramente produrrà, nel tempo, una rivoluzione negli animi. Io spero che i tiranni, gli oppressori e i fanatici non ne traggano vantaggio: così avremo reso un servizio all’umanità». Questo servizio gli illuministi lo hanno certamente reso entrando a vele spiegate nella storia e arricchendo la nostra mente, anche se tiranni e fanatici hanno continuato a imperversare. Diderot parla di «rivoluzione negli animi», ma non si tratta soltanto di questo. Il terremoto illuminista è la base ideale delle due grandi rivoluzioni che prima in America quindi in Francia sconvolgono per sempre i vecchi schemi del rapporto fra il potere e i popoli. E se i coloni americani che fondano gli Stati Uniti introducono nella politica un diritto nuovo, il perseguimento della felicità, gli uomini della Rivoluzione francese sintetizzano in tre concetti, libertà, uguaglianza e fraternità, i capisaldi del vivere civile.

Un’Europa nuova, quella scaturita dall’illuminismo, anche se lungamente ostacolata e repressa dai poteri tradizionali, politici o religiosi che siano. Dopo la cruenta epopea napoleonica che segue la Rivoluzione, gli Stati del Continente stringono un’alleanza, non a caso definita «santa», con la finalità specifica di stroncare sul nascere, con il reciproco appoggio militare, ogni tentativo di riproporre la pretesa dei diritti umani e civili. Ma il fuoco acceso dal pensiero illuminista persiste sotto la cenere e l’Ottocento, il secolo delle «magnifiche sorti e progressive», saprà riscoprire la suggestiva visione dei Lumi. Quella stessa che alcuni decenni prima aveva affascinato l’Europa colta, arrivando fino alle corti regali di Federico II di Prussia e di Caterina II di Russia. Partito dal precursore John Locke e riproposto da uomini come Gotthold Lessing o Emmanuel Kant, che ricerca le vie capaci di condurre alla pace perpetua fra i rissosi regni d’Europa, ormai il nuovo pensiero pervade ogni angolo del Continente. Si sogna la pace internazionale ma anche la pace interna; non a caso Cesare Beccaria tuona contro la tortura e la pena di morte, gli strumenti preferiti da chi gestisce il potere e vi si aggrappa con tutti i mezzi possibili.

Proprio negli anni più difficili dell’età dei Lumi, quando le monarchie assolute cercano di contrastare la nuova visione del mondo, la soppressione della Compagnia di Gesù viene percepita come una vittoria della ragione contro il dogma, dunque in pieno spirito illuminista. In realtà molti fattori contribuiscono all’espulsione dei gesuiti dagli Stati europei. Per esempio la loro potenza economica, la loro diffusione mondiale, il ruolo preminente nell’educazione, il fatto di rappresentare e difendere il potere della Chiesa, il prevalere del sacro sul politico. Espulsa dal Portogallo nel 1759, negli anni successivi la Compagnia di Gesù conosce la stessa sorte in quasi tutti gli Stati d’Europa, finché nel 1773 papa Clemente XIV, che fino ad allora li aveva difesi, si rassegna e decreta la fine dei gesuiti. L’ordine sopravvive soltanto, per volontà di Caterina II, nelle aree cattoliche della Russia. In questo modo ne viene garantita la continuità, facilitando il compito di papa Pio VII che nel 1814 ricostituisce la Compagnia. Dunque i gesuiti, soppressi in piena età dei Lumi, tornano in vita nei tempi della Restaurazione, il che contribuisce a rafforzare la loro immagine anti-illuministica.

Del resto il seme dei nuovi valori è ormai gettato e non tarderà a germogliare, segnando il lungo periodo di pace quasi completa che fra gli ultimi decenni dell’Ottocento e il fatale 1914 permetterà all’Europa di progredire, sia pur faticosamente, verso la modernità. A questo punto il meccanismo della storia s’inceppa, quegli stessi Stati del Continente che Kant voleva fratelli si scoprono una volta ancora nemici. La vecchia Europa smarrisce la bussola e con le due guerre più devastanti della storia celebra il proprio suicidio. Ma durante il secondo conflitto, in un’isoletta del Tirreno, un gruppo di sognatori privati della libertà personale da un potere ottuso e violento indica la via del riscatto fondata su una visione democratica e permeata di spirito illuministico (sull’isola di Ventotene prese forma il manifesto Per un’Europa libera e unita). Nei tempi drammatici che stiamo vivendo è tutto ciò che ci resta, ma non è poco.