Quali gli effetti in Svizzera?

Global minimum tax - Berna si è già in gran parte adeguata. Restano aperte questioni quali le trattenute sui brevetti e le misure per compensare la perdita di concorrenzialità fiscale
/ 14.06.2021
di Ignazio Bonoli

Con l’accordo raggiunto a inizio giugno a Londra dai ministri delle finanze del G7 per una tassa minima sulle grandi imprese, si è praticamente sbloccata la discussione in seno all’Ocse, di cui anche la Svizzera fa parte. L’improvvisa accelerazione a queste trattative è stata data dalla decisione americana di accettare una tassa minima del 15% sugli utili aziendali delle grandi multinazionali, tra cui e soprattutto i grandi colossi digitali.
 L’intento dei grandi Paesi industrializzati è anche quello di eliminare le «oasi fiscali» che danno loro parecchio fastidio. Fra queste il presidente Biden ha recentemente incluso anche la Svizzera. E questo benché la Svizzera abbia soppresso nel 2019 i vantaggi fiscali a favore delle holding estere. Del resto, oggi in Svizzera, il tasso medio di imposta per le società è proprio del 15%. Lo stesso che viene applicato anche dal Canton Ticino. In ogni caso, parlando di imposte in Svizzera, bisogna sempre tener conto della sovranità fiscale dei Cantoni. Così, secondo un’indagine della Kpmg, 18 dei 26 Cantoni e Semicantoni applicano un tasso inferiore al minimo del 15%. Tra i Cantoni più favorevoli, Zugo e Nidvaldo applicano il 12%. In sostanza una riforma applicata nell’ambito dell’Ocse non cambierebbe di molto la situazione. Per questo il responsabile delle Finanze Ueli Maurer, reduce dall’incontro di Parigi del G20 (vedi «Azione» del 26.4.21), all’inizio di aprile, aveva cercato di rassicurare gli interessati svizzeri.

Un problema particolare viene però sollevato in Svizzera con la tassazione privilegiata dei redditi da brevetti. Per esempio, nel Canton Zugo, questa imposta potrebbe scendere fino al 9%. La Svizzera, firmando l’accordo dell’Ocse, vorrebbe poter salvare questa particolarità. Ma alla luce dell’accordo di Londra potrebbe esser molto difficile ottenere tassi che scendano sotto il 15%.

Le nuove regole si applicherebbero a partire da aziende che realizzano cifre d’affari di almeno 750 milioni di euro. Le piccole e medie aziende non sarebbero quindi sottoposte al nuovo regime fiscale. Regime che, invece, si applicherebbe a circa 250 aziende in Svizzera, a carattere multinazionale. Ci si chiede quindi a Berna che cosa si possa fare per mantenere in Svizzera queste aziende.

Il Dipartimento delle finanze ha creato un gruppo di lavoro che sta valutando la situazione. In realtà, finora, le imposte inferiori compensavano in parte gli alti costi del lavoro. Non solo, ma nel 2018 queste aziende hanno procurato entrate fiscali per 24 miliardi di franchi. Se le nuove regole dovessero aggiungere un punto percentuale al tasso d’imposta medio attuale, ciò significherebbe 1,5 miliardi di maggiori entrate.

È perciò pensabile che Confederazione e Cantoni possano prevedere allentamenti fiscali dello stesso ordine di grandezza. Lo specialista fiscale di Economiesuisse vede due possibilità: compensare i maggiori oneri salariali in misura adeguata, oppure sostenere gli sforzi di ricerca e sviluppo con il maggior gettito fiscale realizzato. Lo fanno, per esempio, Francia e Gran Bretagna al posto di eventuali sussidi diretti.

La riforma Ocse prevede però anche un’altra novità: trasferire le maggiori entrate fiscali dal Paese sede a quello in cui le multinazionali realizzano le maggiori cifre d’affari. Qui subentra anche il problema delle vendite per internet, praticata oggi da grandi complessi. Gli americani propongono di sottoporre a questo regime solo le circa cento maggiori e più redditizie aziende del mondo.

Anche in Svizzera ci sono aziende come Nestlé, Novartis, Roche che potrebbero essere sottoposte al regime particolare. Gruppi che pagano circa 2 miliardi di franchi all’anno di imposte. Se si applicasse, per esempio, un riversamento del 20%, si tratterebbe pur sempre di alcune centinaia di milioni. Il contrario potrebbe avvenire per multinazionali estere verso la Svizzera.

Difficile valutare l’impatto finanziario globale. Il ministro svizzero delle Finanze Ueli Maurer calcola un calo del gettito fiscale tra 0,5 e 5 miliardi di franchi. Ma il flusso verso i Paesi di «smercio» potrebbe aumentare, come potrebbe crescere anche il numero delle aziende colpite. Il pericolo è però anche un altro: quello delle perdite di concorrenzialità. La Kpmg non è però pessimista. Molti Paesi manterranno le loro imposte sugli utili al 25% o anche oltre, per cui la Svizzera non avrebbe molto da perdere, tenendo anche conto che il fisco non è il solo fattore per cui un’azienda decide di stabilirsi in un dato Paese, inoltre la riforma Ocse concerne le grandi aziende e non i loro dirigenti. Paesi come la Svizzera non hanno un grande mercato interno e, quindi, devono molto del loro Pil alle esportazioni.