Il presidente della Russia, Vladimir Putin, pare ossessionato dal nazismo che sarebbe tollerato da una nazione, l’Ucraina, guidata dall’ebreo Volodymyr Zelensky e in cui il partito che s’ispira a Hitler – Svoboda – nelle elezioni del 2019 ha raccolto circa l’1,5% dei voti (non superando la soglia di sbarramento). Dentro il mazzo dei reprobi con venature naziste Putin ha poi infilato anche l’Occidente, accusato di voler distruggere la cultura russa: «L’ultima volta sono stati i nazisti in Germania a condurre una tale campagna di distruzione della cultura indesiderabile» e ha aggiunto di ricordare bene le immagini dei libri bruciati nelle piazze. Viceversa, nel suo ciclico andirivieni, la Storia ci segnala che le inquietanti coincidenze avvengono proprio tra il Führer e lo zar di Mosca. Eppure il tanto deprecato Occidente ha applaudito l’insediamento di un reduce del Kgb alla testa della Russia, mentre avrebbe impedito con ogni mezzo l’insediamento di un reduce delle SS alla testa della Germania. Hitler attribuiva, non a torto, i 10 anni di profonda crisi economica della Germania alle pesantissime clausole del trattato di pace stipulato a Versailles nel 1919. Putin ha definito la scomparsa dell’Urss la più grande catastrofe geopolitica del XX secolo, addossandone la responsabilità al partito comunista sovietico incapace di avviare una transizione democratica, ma con il retropensiero che la Nato ne abbia approfittato in tutte le maniere.
Hitler aveva anticipato nel Mein Kampf i micidiali propositi in seguito attuati, tuttavia non fu preso sul serio, in molti casi perché nessuno aveva dedicato la minima attenzione al suo supponente libretto. Putin già nel 2007, durante la conferenza di Monaco, aveva annunciato di ritenere il modello unipolare, cioè americano, inaccettabile e «generalmente impossibile»; aveva rinfacciato agli Usa di non possedere il potenziale necessario per imporre la propria opinione al mondo; aveva sostenuto che la Nato si fosse espansa all’est violando gli accordi; e per niente farsi mancare, aveva imputato all’Occidente di lottare contro la povertà nei paesi del Terzo mondo soltanto per ottenere benefici. Una posizione assai netta, volutamente ignorata dai diretti interessati troppo solleticati dai tanti affari con la Russia e fiduciosi nell’evoluzione democratica di Putin. Ma che la Russia mai avrebbe somigliato ai sistemi parlamentari con pesi e contrappesi degli Stati Uniti e della Gran Bretagna lo stesso Putin l’aveva anticipato nel Natale del 1999, durante il suo primo discorso da capo del governo, Eltsin ancora presidente. Anzi, aveva precisato che «per i russi lo stato forte non è un’anomalia di cui liberarsi. Al contrario, essi lo considerano una fonte e una garanzia di ordine, l’iniziatore e la principale forza dietro ogni cambiamento».
Hitler giunse al potere sulla spinta degli oltre 17 milioni di voti (quasi il 44%) raccolti nelle elezioni del 1933. I tedeschi lo volevano alla cancelleria di Berlino, incuranti degli psicopatici dei quali si era circondato e dei tanti crimini sanguinari già commessi. Putin è un prodotto del Kgb, messosi in mostra a San Pietroburgo grazie anche all’alleanza con una consorteria mafiosa. Il suo trasferimento a Mosca, l’ascesa nella cerchia di Eltsin, la direzione del Fsb (i servizi segreti), la nomina a capo del governo e infine la vittoria nelle presidenziali del 2000 hanno rappresentato la rivincita dell’ala dura del Kgb, come magistralmente raccontato da Catherine Belton in Gli uomini di Putin. Al pari di Hitler, pure Putin gode di largo consenso popolare soprattutto negli strati più poveri, da decenni abituati a trovare conforto nel sogno imperiale, ci sia lo zar, il soviet o l’autocrate.
Hitler ambiva alla creazione del Reich millenario e voleva avviarlo con l’annessione della natia Austria, bloccata dall’Italia nel ’34 e accettata, invece, dagli Stati europei nel ’38. Gli austriaci lo accolsero in delirio lanciando fiori dai balconi; soltanto in pochissimi capirono che si trattava di una sottomissione. Putin accarezza il sogno della Grande madre Russia e il suo primo passo è stato, nel 2014, l’annessione della Crimea, da oltre due secoli territorio della Russia e dove la stragrande maggioranza è filorussa. Nel 1954 era stato l’ucraino Kruscev, fresco successore di Stalin al comando dell’Urss, a regalarla ai compatrioti per far dimenticare i milioni di morti durante la carestia architettata proprio da Stalin per eliminare i kulaki. In ogni caso, però, la Russia ha compiuto un sopruso. Europa e Usa l’hanno subito per evitare il peggio, come detto da Obama ai dirigenti ucraini.
Nella conferenza del ’38, anch’essa a Monaco, Hitler si fece consegnare i Sudeti dagli imbelli Chamberlain e Daladier con la promessa di non avanzare ulteriori pretese. Invece si prese anche la Cecoslovacchia e cominciò a preparare il resto. Allo stesso modo Putin ha tentato di far credere che gli sarebbe bastato rimettere i confini a posto con l’Ucraina per ritenersi soddisfatto. E se Hitler scatenò il secondo conflitto mondiale con l’invasione della Polonia, sicuro che Francia e Gran Bretagna non avrebbero mosso un dito, pure Putin ha minacciato la Polonia («ci basta mezzora per distruggere Varsavia»), però ha compreso che non gliela farebbero passare liscia. E confidiamo che il sadico divertimento della Storia si fermi qui, senza giungere all’ultima, irrimediabile similitudine.
Putin come Hitler
La Storia ci segnala inquietanti coincidenze
/ 04.04.2022
di Alfio Caruso
di Alfio Caruso