Primo comandamento: credere

UFO - Non essendoci prove della loro esistenza nei cieli della terra, il dibattito attorno agli extraterrestri è questione di fede, non di conoscenza – Ciò non toglie che resta una credenza diffusa
/ 08.11.2021
di Luciana Grosso

Avete presente la domanda «Tu credi agli UFO»? Se la si guarda da vicino, si scopre che la parte più importante di quella frase sta nel verbo. «Credere» è il verbo che si usa per tutto quello che non si vede, non si tocca, non supera la prova della logica, ma che comunque si considera indiscutibilmente vero. E, non a caso, è anche il verbo che si usa per gli UFO. Non si chiede mai «Tu cosa sai degli UFO?» ma solo «Tu credi agli UFO?». Il verbo è credere, non sapere. La scelta non è casuale, perché, allo stato delle cose, essere convinti dell’esistenza degli UFO è una faccenda di fede, più che di prove e di conoscenza. Perché gli UFO, con buona pace dei milioni di video che girano on line e di chi dice di avere le prove, non li ha mai visti, davvero, nessuno.

Sia chiaro: questo articolo non vuole dire che gli extraterrestri non esistono. Solo, vuol dire che non lo sappiamo, perché non li abbiamo mai visti. E non abbiamo prove che quelle cose che ogni tanto vengono riprese dai cellulari siano visitatori dallo spazio. Forse no, o forse sì, al momento, non ci sono prove che arrivino da qualche parte a migliaia di anni luce da qui.

Però ci sono prove di un’altra cosa. Ossia del fatto che gli UFO, per come li intendiamo oggi, ossia forme di vita intelligente ed evoluta che vogliono entrare in contatto con noi, per salvarci o per distruggerci, sono stati sia un formidabile che un controproducente strumento di propaganda ai tempi della guerra fredda.

La faccenda funziona così: fino al 1947, l’ipotesi di vite diverse, in altri mondi, lontano dal nostro era, appunto, solo un’ipotesi. Ma nessuno, fino al giugno di quell’anno, aveva mai davvero parlato o sentito parlare né di UFO. Poi un giorno, il 24 giugno del 1947, Kenneth Arnold, un pilota in ricognizione vicino al monte Rainier, nello Stato di Washington, tornò dal suo giro dicendo di aver visto, mentre era in volo, nove oggetti misteriosi: disse che erano argentei lucidi, di forma tondeggiante e allungata, velocissimi e che si muovevano «come farebbe un disco che volasse sull’acqua». Non solo quell’Arnold fu il primo a vedere degli UFO (oggetti volanti non identificati) ma fu anche il primo a usare l’espressione dischi volanti. L’eco del racconto di Arnold fu enorme e suscitò enorme curiosità. Una curiosità che, dopo meno di una settimana, fu alimentata delle voci sull’incidente di Roswell. Lì, nel luglio del’47, cadde un velivolo sperimentale americano. Poiché la notizia era coperta dal segreto militare e poiché arrivata poco più di una settimana l’avvistamento di Arnold, in molti pensarono che si trattasse di uno di quegli strani dischi. La notizia prese a circolare e a gonfiarsi man mano che passava di città in città e, dopo essere stata ripetuta per molte volte, prese a diventare vera.

Gli avvistamenti di UFO, nei cieli dell’America dei primi anni ’50, si moltiplicarono, fino a diventare centinaia all’anno. E man mano che crescevano le segnalazioni, cresceva anche la paranoia, che generava altri avvistamenti e segnalazioni, che generavano altra paranoia. Un sentimento sul quale l’amministrazione di Harry Truman, impegnata nell’inizio della Guerra Fredda, seppe soffiare con perizia. Perché, in fin dei conti, che quegli avvistamenti fossero veri o no, che si trattasse di un’allucinazione collettiva o no, che quelle cose nel cielo arrivassero dallo spazio o dalla nemica Russia, importava poco: l’importante per il governo dell’epoca era che le persone continuassero a temere di essere invase, minacciate, accerchiate. E dunque che, per reazione, sostenessero con maggiore vigore e patriottismo la causa americana. Non solo: ma poiché in quegli anni l’aeronautica militare USA stava conducendo esperimenti su esperimenti, aveva tutto l’interesse a che chiunque vedesse nel cielo qualcosa di mai visto prima pensasse a un’astronave invece che a una nuova arma segreta.

Dunque, anche se l’amministrazione americana non si espresse mai a favore delle teorie che parlavano di extraterrestri, le lasciò prolificare, pensando che non facessero male a nessuno. Questo però non era del tutto vero. Da un certo punto in poi, la convinzione collettiva di quegli avvistamenti prese a crescere a dismisura, fino a centinaia all’anno, e a mangiarsi la differenza tra il falso e il vero e, persino, l’equilibrio delle persone. I documenti della CIA di quegli anni, infatti, mostrano preoccupazione per il crescente numero di avvistamento di UFO. Così, dalla fine degli anni 50 la CIA prese a tenere basso il livello di attenzione sugli UFO e a provare a raffreddare l’ambiente e gli animi. La cosa funzionò, ma solo in parte: da un lato l’attenzione generale verso il tema svanì; dall’altro però si formarono gruppi molto compatti di persone convinte non solo che gli extraterrestri esistono, ma che la paradossale prova regina della loro esistenza sta proprio nel fatto che non ci sono prove. E come si sa, niente può scalfire la convinzione di chi «Want to believe».