Gli economisti della Segreteria di Stato per l’economia (Seco) hanno riveduto le previsioni sull’evoluzione dell’economia svizzera per l’anno in corso. I dati pubblicati verso metà ottobre, non tengono però ancora conto della seconda ondata di pandemia da Coronavirus, che si è abbattuta con molta violenza in molti paesi, compresa la Svizzera. Ed è appunto la lotta contro questa pandemia che rischia di costare parecchio, non solo allo Stato, ma anche all’economia svizzera. Difficile perciò prevedere quali potrebbero essere i dati a fine anno. Tuttavia, fino a metà ottobre, gli economisti della Seco si sono mostrati più ottimisti, riducendo il probabile calo del prodotto interno lordo (PIL) svizzero al 3,8%, quindi a un livello molto meno drammatico di quanto previsto nel mese di giugno con il 6,2%. L’ottimismo è relativo, poiché si tratta pur sempre del più pesante calo del PIL dal 1975 ma, considerato quanto sta succedendo nei giorni seguenti la pubblicazione, probabilmente anche superiore a quello preventivato.
Viene quindi confermata la crescente incertezza dei dati di previsione, data l’instabilità della situazione sia a livello interno, sia a livello internazionale. La Seco parte comunque dalla considerazione che l’economia non sarà costretta a subire un secondo «lockdown», come quello della scorsa primavera, nonché dalla possibilità di controllare l’evolversi della pandemia tramite misure regionali sopportabili. Se però questo non fosse possibile, è evidente che le conseguenze per la congiuntura potrebbero essere molto gravi.
Per il momento la Seco prevede che nel 2021 l’esportazione di beni industriali potrebbe crescere del 7 per cento. In questo modo l’economia svizzera, alla fine dell’anno prossimo, potrebbe riagguantare il livello di crescita di prima della crisi. Tuttavia, l’aumento delle esportazioni è fortemente condizionato dal mantenimento di frontiere aperte di tutti i paesi e dalla rinuncia nei paesi più avanzati a misure di chiusura di determinate attività economiche.
L’economia svizzera dipende, infatti, molto dalle sue esportazioni, per cui potrebbe subire le conseguenze dirette di un eventuale lockdown in altri paesi. Ne deriverebbero chiusure di fabbriche o di interi reparti e un crescente tasso di disoccupazione anche in Svizzera. Ma, come già detto, le previsioni si basano su una distensione della situazione mondiale, che permette di contare su un’ulteriore espansione dei consumi privati interni, come già verificatosi nel secondo trimestre di quest’anno. In alcuni rami del commercio si è assistito all’aggiornamento di consumi rinviati all’inizio dell’anno. Soprattutto la gastronomia, l’organizzazione di eventi, il turismo e l’industria di beni di consumo sono stati pesantemente toccati dalla crisi. Non si sono però verificate importanti chiusure e licenziamenti e il clima congiunturale è migliorato anche grazie ai dati positivi nella lotta contro la pandemia.
La situazione ha permesso di rivedere anche le previsioni nel mercato del lavoro. In giugno era stato previsto un tasso di disoccupazione del 3,8% per tutto l’anno, mentre ora si pronostica un tasso di disoccupazione del 3,2%, il che potrebbe essere un preludio alla ripresa congiunturale. Non si possono però escludere licenziamenti in quei settori molto colpiti dalla crisi, per cui la Seco prevede un leggero aumento del tasso di disoccupazione al 3,4% nel 2021. Il lavoro ridotto ha permesso di evitare licenziamenti. Ne ha approfittato un terzo delle imprese, ma in ottobre il numero si era già ridotto all’8%. Comunque, nel mese di settembre, si contavano in Svizzera ancora 50’000 disoccupati di più rispetto a un anno fa.
Un PIL ancora negativo nella misura del 3,8% è molto per la Svizzera, ma è pur sempre la metà della media dei paesi europei, per non parlare di quello dei paesi come l’Italia, la Spagna e la Francia. Ma, probabilmente, pensare che a fine 2021 saremo tornati a livelli normali è forse troppo ottimistico. Ovviamente tutto dipende dall’esito degli sforzi messi in atto in questi mesi di fine anno, come tutti promettono, senza nuovi lockdown. Tuttavia, parecchi fattori lasciano pensare che la ripresa non sarà così veloce. Intanto l’epidemia sta colpendo anche tutti i principali mercati d’esportazione della Svizzera. Inoltre, anche le misure di contenimento del virus provocano cali di attività in parecchi settori e concorrono a ridurre i consumi, compresi quelli turistici e simili. Quindi anche il mercato del lavoro non migliorerà tanto velocemente e molte imprese saranno ancora in difficoltà. È vero che la Svizzera è meglio preparata di altri ad affrontare queste difficoltà, ma è anche vero che le odierne incertezze rallentano gli investimenti e gli ostacoli da superare sono ancora alti e numerosi.