Mancano quaranta giorni alla votazione popolare sull’iniziativa federale «Per un’immigrazione moderata (Iniziativa per la limitazione)». Di che cosa si tratta? L’iniziativa vuole abolire la libera circolazione delle persone, valida per i cittadini dell’Unione europea (UE) e dell’Associazione europea di libero scambio (AELS). Chiede che l’immigrazione in Svizzera di tutti gli stranieri venga disciplinata secondo il modello già applicato ai cittadini di Stati terzi e che prevede l’introduzione di contingenti massimi, la priorità ai lavoratori indigeni, nonché la limitazione dei permessi a lavoratori qualificati. L’iniziativa è stata lanciata dall’UDC ed ha avuto subito il sostegno dell’Associazione per una Svizzera neutrale e indipendente (ASNI).
L’accordo bilaterale sulla libera circolazione delle persone è stato concluso nel 1999. Venne approvato in votazione popolare, con il 67,2% di «sì», il 21 maggio 2000 ed entrò in vigore nel 2002. Con l’arrivo dei nuovi Stati membri dell’UE, situati nell’Europa centrale ed orientale, l’accordo fu esteso anche a loro e venne riconfermato in una votazione popolare che si svolse l’8 febbraio 2009, dove i «sì» raggiunsero il 59,6%. La libera circolazione delle persone offre un ampio spazio di libertà e di movimento a tutti i cittadini dei paesi dell’Unione europea e dei tre paesi che oltre alla Svizzera si ritrovano nell’AELS, ossia la Norvegia, l’Islanda e il Liechtenstein, nonché ai cittadini della Confederazione. Gli stranieri di questi paesi possono venire in Svizzera per esercitare un’attività professionale e godono di determinati diritti concernenti per esempio il luogo di residenza, le condizioni di lavoro, il riconoscimento delle qualifiche professionali, le agevolazioni fiscali e sociali ed il ricongiungimento familiare. Gli stessi diritti vengono riconosciuti ai confederati, che possono prendere domicilio nello spazio europeo e godere in larga misura delle stesse condizioni di vita, d’impiego e di lavoro dei cittadini dell’Unione europea.
L’intesa sulla libera circolazione fa parte di un pacchetto di sette accordi bilaterali, entrati in vigore il 1. giugno 2002. Il pacchetto, denominato «Bilaterali I» forma un tutto, anche se i temi negoziati sono assai diversi. Gli altri sei accordi possono essere riassunti in questo modo.
1. Ostacoli tecnici al commercio (MRA: Mutual Recognition Agreements). L’accordo garantisce il riconoscimento reciproco degli attestati di conformità per la maggior parte dei prodotti industriali. Ciò facilita l’immissione di un prodotto sul mercato svizzero e su quello europeo ed assicura praticamente le stesse condizioni di accesso al mercato per i produttori svizzeri e i loro concorrenti dell’UE. I settori coperti dall’MRA costituiscono i due terzi del commercio di prodotti industriali tra la Confederazione e l’UE.
2. Appalti pubblici. Grazie a questo accordo le aziende svizzere possono partecipare con piena parità di trattamento a gare d’appalto pubbliche indette negli Stati membri dell’UE. Secondo le stime della Commissione europea, il mercato degli appalti pubblici nell’UE muove ogni anno un giro d’affari complessivo di 2400 miliardi di euro. Analogamente, le imprese dell’UE possono partecipare a gare d’appalto in Svizzera. L’apertura di questo mercato mira a promuovere la trasparenza e la concorrenza e rappresenta un potenziale non trascurabile per alcune imprese esportatrici svizzere, o attive nel settore dei servizi.
3. Agricoltura. L’accordo sul commercio dei prodotti agricoli consente di migliorare l’accesso reciproco al mercato, grazie alle riduzioni dei dazi e dei contingenti di importazione per determinati prodotti, nonché grazie a una serie di semplificazioni relative al commercio. Tra i prodotti che sono stati maggiormente toccati da questo accordo, spiccano i formaggi, i vini, gli alcolici, gli alimenti per animali, le sementi, la frutta e la verdura. L’UE è il principale mercato di esportazione per i prodotti agricoli svizzeri: le esportazioni raggiungono il 58% e le importazioni il 75%.
4. Ricerca. In questo ambito i programmi sono limitati nel tempo e, quindi, rinnovabili con le varie incognite che possono sorgere. L’accordo bilaterale pone le basi per la partecipazione dei ricercatori e delle imprese svizzere ai programmi quadro di ricerca dell’UE. Sono in gioco parecchi miliardi di euro. La Svizzera ha partecipato al programma quadro Orizzonte 2020 e dovrebbe poter partecipare anche al programma Orizzonte Europa 2021-2027. Grazie a questo accordo bilaterale la ricerca e l’innovazione svizzere hanno saputo trarre vantaggi non trascurabili.
5. Trasporto aereo. L’accordo bilaterale ha consentito alla Svizzera di partecipare alla liberalizzazione del traffico aereo europeo. Le compagnie aeree svizzere possono beneficiare in gran parte delle stesse condizioni delle loro concorrenti europee, come per esempio sorvolare tutti gli Stati membri dell’UE, o volare su qualsiasi aeroporto all’interno dell’UE. La situazione creatasi in seguito all’epidemia, diminuisce comunque, almeno temporaneamente, l’importanza di questo accordo bilaterale.
6. Trasporti terrestri. L’intesa garantisce la collaborazione tra la Svizzera e l’UE in questo settore, nonché il riconoscimento a livello europeo della politica elvetica di trasferimento del traffico. L’UE ha accettato la tassa sul traffico pesante commisurata alle prestazioni che percepisce la Svizzera e che è destinata al miglioramento dell’infrastruttura ferroviaria. L’accordo sancisce anche il divieto per gli autocarri di circolare la notte e la domenica. In cambio, la Svizzera ha innalzato il limite di peso per gli autocarri a 40 tonnellate.
I «Bilaterali I» hanno nel loro seno una caratteristica, una conseguenza giuridica automatica, definita la «clausola ghigliottina». Se uno dei sette accordi bilaterali viene disdetto, anche gli altri sei faranno la stessa fine. In altre parole, l’UE non considererebbe più validi gli accordi entrati in vigore nel 2002. I promotori dell’iniziativa per la limitazione sostengono che l’UE continuerà ad applicare i sei accordi del pacchetto, perché è nel suo interesse e affermano che, nel caso contrario, la fine di questi accordi non sarebbe poi una tragedia.
Sono affermazioni difficilmente condivisibili, perché non si fondano su dati oggettivi. A più riprese, responsabili della politica europea, e anche della Commissione europea, hanno ripetuto che la «clausola ghigliottina» verrà applicata se la Svizzera dovesse rinunciare alla libera circolazione delle persone. Il sì all’iniziativa popolare dell’UDC implicherebbe dunque la perdita di un importante pacchetto di accordi bilaterali con l’UE e, probabilmente avrebbe ripercussioni negative anche su altri accordi bilaterali. Per esempio, sull’accordo Schengen/Dublino, entrato in vigore nel 2008. È un accordo molto importante per la Svizzera, perché consente la collaborazione con l’UE in settori chiave come l’asilo e la lotta alla criminalità. Questa collaborazione, però, si fonda sulla libera circolazione delle persone.
Dopo la bocciatura popolare dello Spazio economico europeo, nel 1992, la Svizzera ha costruito a poco a poco i suoi nuovi rapporti con l’Unione europea, fondandoli sugli accordi bilaterali. Oggi ci sono circa 120 accordi bilaterali, non tutti, ovviamente, di uguale importanza. La strada seguita è stata più volte approvata in votazione popolare. Oggi, non sarebbe veramente ragionevole buttare alle ortiche tutto questo lavoro, i risultati ottenuti ed il benessere che ne deriva per la popolazione, per ottenere in cambio il rigido controllo dell’immigrazione.