La settimana scorsa è calato il sipario sulle elezioni federali. Durato più di un mese, dal 20 ottobre al 24 novembre, l’appuntamento elettorale si è concluso registrando un buon numero di sviluppi e di sorprese, che hanno generato nuove realtà politiche. Sono novità che in futuro possono aprire la porta a nuovi bracci di ferro e a sostanziali cambiamenti nella società e nella vita quotidiana della gente, ma che non rappresentano un capovolgimento del quadro e degli equilibri politici, come avviene spesso in molti altri paesi, in Europa e nel mondo.
La consolidata tradizione politica svizzera consente correzioni di rotta ed adeguamenti alle nuove realtà socio-economiche ed ambientali, ma non annovera mutamenti che possono portare a ribaltoni o a nuove forme di governo. Terremoti politici non avvengono a livello nazionale. Possono succedere soltanto nei cantoni, come è avvenuto in Ticino con l’elezione al Consiglio degli Stati.
Il risultato più clamoroso, quello che vien indicato come la principale caratteristica di queste elezioni, è stata l’avanzata delle forze che hanno posto la difesa dell’ambiente in testa alla lista delle loro priorità. I verdi ed i verdi liberali hanno fatto un balzo in avanti nell’elezione del 20 ottobre, aumentando la loro presenza nel Consiglio nazionale di ben 26 deputati, +17 per i primi e +9 per i secondi.
L’avanzata non è stata confermata, o perlomeno è stata attenuata nell’elezione del Consiglio degli Stati, in parte a causa del sistema elettorale maggioritario vigente nei cantoni. Simboli del rallentamento sono state senz’altro le sconfitte dei verdi nei ballottaggi in due grandi cantoni, a Berna con la loro presidente Regula Rytz ed a Zurigo con Marionna Schlatter. Nella Camera dei cantoni i verdi hanno guadagnato 4 seggi, mentre i verdi liberali non sono riusciti a conquistare neanche un seggio. Nella Camera del popolo l’avanzata dei verdi è avvenuta a scapito dei quattro partiti di governo (UDC, PS PLR e PPD), che insieme hanno perso ben 22 seggi, e del PBD, che ha dovuto lasciarne 4, perdendo la possibilità di formare un gruppo parlamentare.
Nella Camera dei cantoni, i 4 seggi conquistati dai verdi provengono 3 dal PS e uno dal PLR. Il principale cambiamento è dunque avvenuto al Consiglio nazionale, con la fine della maggioranza UDC-PLR di 101 voti, in vigore nella scorsa legislatura, ed il sorgere di un’assemblea con maggioranze variabili secondo i temi che verranno affrontati. Al Consiglio degli Stati, invece, il cambiamento è minore per quanto concerne l’appartenenza partitica, poiché la variazione del numero dei seggi è avvenuta praticamente soltanto in seno alla sinistra.
Un’altra importante caratteristica delle elezioni federali è stato l’incremento della presenza femminile nelle due nuove Camere. Al Consiglio nazionale il numero delle donne è passato da 63 su 200 dell’ultima legislatura, a 84, ossia dal 26% al 42%. Non c’è ancora la parità, ma la direzione presa è quella giusta. Al Consiglio degli Stati i numeri sono più modesti. Le donne presenti sono 12 su 46, ossia circa un quarto. Lascia comunque ben sperare il raddoppio della presenza femminile rispetto a quattro anni fa, quando le donne erano soltanto 6.
La presenza femminile al Consiglio degli Stati mostra anche alcune altre interessanti caratteristiche. Sulle 12 consigliere degli Stati, ben 6 provengono dai cantoni romandi. Anche il Ticino, con Marina Carobbio, avrà una senatrice. Tutti i cantoni della Svizzera latina sono rappresentati da un senatore e da una senatrice. La Svizzera tedesca, dunque, perlomeno una parte di essa, è molto in ritardo in questo ambito. Vi sono ancora sette cantoni (AI, AR, ZG, OW, GL, SZ, GR) che non hanno mai inviato una donna al Consiglio degli Stati. Tra i partiti più importanti, l’UDC è l’unico a non essere mai stato rappresentato da una donna nella Camera dei cantoni.
Un terzo significativo dato di queste elezioni è il ringiovanimento degli eletti. L’età media dei consiglieri nazionali è scesa sotto i 50 anni e 7 di loro hanno meno di 30 anni. Il più giovane consigliere nazionale è lo zurighese Andri Silberschmidt, 25 anni, del PLR. Al Consiglio degli Stati, 23 dei 46 eletti sono nuovi. La Camera dei cantoni è conosciuta come un’assemblea che ha una media d’età piuttosto alta. Di solito, vi si accede dopo una lunga esperienza politica vissuta nei cantoni, per esempio come consigliere di Stato. Questa volta sono arrivati volti nuovi e giovani come la friburghese Johanna Gapany, 31 anni, la ginevrina Lisa Mazzone, 31 anni, o la neocastellana Céline Vara, 35 anni. Sono nuove persone che portano un po’ di freschezza in un tempio dove i cambiamenti avvengono ad un ritmo molto lento.
Che cosa possiamo aspettarci da questa nuova assemblea federale? L’aria nuova che tira, porterà soluzioni ai problemi più urgenti? Problemi vecchi come l’accordo istituzionale con l’Unione europea o la revisione dell’AVS. Problemi nuovi come le misure concrete che verranno prese per garantire la svolta ecologica. Nell’ultima legislatura buona parte di questi problemi non è stata affrontata. E quando è successo, è mancata la volontà politica di trovare soluzioni e compromessi condivisibili. Grazie alla forza elettorale che hanno conquistato, i verdi ed i verdi liberali sapranno essere il motore che è mancato negli ultimi quattro anni e che potrebbe rivelarsi determinante nell’adozione d’importanti decisioni? I prossimi anni ci porteranno utili informazioni e ci diranno se queste forze politiche sapranno muoversi in modo efficace e condivisibile non soltanto nella loro area di preferenza, ossia quella ecologica, ma anche in quei settori dove, finora, la loro presenza non è stata centrale.
Intanto, il dibattito si è spostato dall’Assemblea federale alla composizione del Consiglio federale. Succede così dopo ogni elezione federale, dalla fine dagli anni Novanta. Chi guadagna terreno chiede di poter entrare nel governo, o di rafforzarvi la sua presenza; chi perde difende a denti stretti la posizione che detiene nell’esecutivo. Per di più, questa volta il risultato elettorale non si trova più in armonia con la composizione del governo. Quattro membri dell’esecutivo formano una maggioranza UDC-PLR che non si ritrova più nel parlamento e che la sinistra non vuole accettare. In gioco c’è la formula magica, entrata in vigore nel 1959 ed attribuita all’allora segretario generale del PPD, Martin Rosenberg. La formula prevede di dare due seggi a ciascuno dei tre principali partiti ed un seggio al quarto partito.
Le proposte di modifica sono numerose. Vanno dall’innalzamento da 7 a 9 del numero dei membri del Consiglio federale, all’integrazione di una quinta forza politica ed alla presa in considerazione della forza dei gruppi parlamentari e non più della forza elettorale dei partiti al Consiglio nazionale, come è avvenuto finora. Ed è possibile che nei prossimi giorni se ne aggiungano altre, fino all’11 dicembre, giorno della rielezione del Consiglio federale. Quel giorno sapremo se la vecchia formula magica resisterà ancora o se verrà sotterrata.