Più giovani alle urne

I giovani attivisti per il clima vogliono partecipare attivamente alla vita politica in Svizzera e rivendicano l’abbassamento della maggiore età civica a 16 anni. È proprio quanto vuole un’iniziativa parlamentare su cui forse saremo chiamati a votare
/ 15.03.2021
di Luca Beti

Per il momento, soltanto i 16enni e 17enni del canton Glarona possono recarsi alle urne o presentarsi sulla lista elettorale di un partito. Un diritto che presto potrebbe essere esteso a livello nazionale. Infatti, in Svizzera mai come adesso si è stati così vicini all’abbassamento della maggiore età civica a 16 anni. Già in passato sono state promosse iniziative parlamentari in questo senso. L’ultima risale al 2017 e venne bocciata a stragrande maggioranza dal Consiglio nazionale. Ora il vento è però cambiato sulla scia dei movimenti giovanili a favore del clima. Le ultime elezioni nazionali ci hanno consegnato un parlamento più giovane, femminile e più verde. E così, l’iniziativa parlamentare di Sibel Arslan, deputata dei Verdi di Basilea-Città, il settembre scorso ha raccolto il sostegno di una maggioranza, anche se risicata, nella Camera del popolo. Il progetto intende concedere il diritto di voto ed elezione a tutte le persone di cittadinanza svizzera che hanno compiuto il sedicesimo anno d’età. A partire da 16 anni, i giovani potrebbero quindi scegliere i loro rappresentanti al Consiglio nazionale e a quello degli Stati, partecipare alle votazioni federali e lanciare e firmare iniziative popolari. Il diritto di eleggibilità rimarrebbe invece invariato a 18 anni. All’inizio di febbraio, anche la Commissione delle istituzioni politiche del Consiglio degli Stati ha approvato di stretta misura tale iniziativa. La Camera dei cantoni si occuperà del tema durante una prossima sessione parlamentare. Se supererà anche questo scoglio sotto la Cupola di Palazzo federale, il cambiamento costituzionale verrà sottoposto al popolo tramite referendum obbligatorio.

L’ultimo abbassamento dell’età di voto ed eleggibilità da 20 a 18 anni risale a 30 anni fa. Era il 1991 e in Svizzera si respirava aria di festa. Si celebravano i 700 anni della Confederazione. Ed è in quell’atmosfera che la domenica del 3 marzo il 72,7 per cento dei votanti e tutti i cantoni accettarono l’estensione di questo diritto ai maggiorenni. Eccezion fatta per l’Unione democratica federale, partito della destra conservatrice, tutti sostennero il progetto, descritto oggi come una sorta di regalo alla gioventù del Paese. «Più che un invito a partecipare attivamente alla vita politica, fu piuttosto un gesto di riconciliazione nei confronti dei giovani», ricorda il politologo Claude Longchamp. «I giovani e gli artisti avevano protestato contro i festeggiamenti per i 700 anni della Confederazione, sostenendo che la Svizzera non esisteva. Due anni prima, nel 1989, la maggior parte degli under 30 votò a favore dell’abolizione dell’esercito».

Con quel voto si concludeva un processo politico che era iniziato nel ’68. Un primo passo venne promosso dall’allora consigliere nazionale Jean Ziegler. Nel 1975 lanciò un’iniziativa parlamentare volta ad abbassare a 18 anni l’età di voto ed eleggibilità a livello federale. Il progetto venne approvato dalle due Camere federali, ma non fu sostenuto dal governo. Quattro anni più tardi, nel febbraio 1979, l’oggetto venne respinto di strettissima misura alle urne con il 50,8 per cento dei voti contrari. Otto cantoni e due semi-cantoni furono favorevoli, tra cui il Ticino, il canton Svitto, dove tale diritto veniva concesso già dal lontano 1898, e il canton Giura che l’aveva introdotto dalla sua fondazione nel 1974. La bocciatura di stretta misura alle urne promosse l’abbassamento della maggiore età civica a livello cantonale. Così, quando dodici anni dopo il popolo tornò ad esprimersi sul tema a livello nazionale, i 18enni potevano votare ed essere eletti già in 16 cantoni. Nel 1991, soprattutto un argomento fu decisivo, ricorda Longchamp. «Chi può mettersi al volante di un’automobile deve avere anche il diritto di votare. Era un motivo semplice e comprensibile a tutti».

Dodici anni prima, i contrari temevano che estendere tale diritto ai maggiorenni potesse modificare il panorama partitico in Svizzera. Infatti, la rivendicazione di un maggiore coinvolgimento politico era nata negli ambienti anticonformisti, delle subculture, delle rivolte giovanili del 1968. Anche oggi c’è chi ha paura che gli attivisti per il clima possano cambiare i rapporti di forza in parlamento a favore del fronte rosso-verde. «La generazione di Greta polarizza e ci ritroviamo in un’analoga situazione a quella vissuta nel 1979. Il timore che ci possa essere uno spostamento dell’elettorato verso sinistra è però infondato. L’esperienza e la ricerca scientifica ci presentano un quadro diverso. Per esempio, alle elezioni federali del 2015, i giovani hanno votato soprattutto UDC per paura dell’immigrazione. Nel 2019 hanno invece cavalcato l’onda verde. I giovani non sono ancora inquadrati politicamente, ma seguono lo spirito del tempo».

Ma allora sono maturi a sufficienza per partecipare attivamente alla vita politica del Paese? «La maggior parte degli psicologi sostiene che cognitivamente sono in grado di prendere una decisione valutando i vari argomenti. Da un punto di vista emozionale dipendono invece ancora molto dai genitori», spiega Longchamp.

Vari studi dimostrano che l’abbassamento della maggiore età civica permette ai giovani di iniziare un percorso di socializzazione politica: si sentono presi sul serio e le loro rivendicazioni vengono ascoltate. Una ricerca svolta in Austria, dove nel 2007 è stato introdotto il diritto di voto a 16 anni a tutti i livelli politici, indica che il loro disinteresse o interesse alla politica, il loro assenteismo alle urne non si differenzia di molto dalle altre fasce della popolazione. Un altro argomento a favore del diritto di voto a 16 anni è la «gerontocrazia», termine coniato dal laboratorio di idee Avenir Suisse. In uno studio dal titolo Stato e cittadini pubblicato sei anni fa, il think thank ha affrontato il problema dell’invecchiamento dei votanti in Svizzera. Stando alla ricerca, nel 2015 il votante mediano aveva 56 anni, nel 2035 ne avrà 60.

Il risultato di una votazione non può essere considerato una cartina tornasole degli interessi delle varie generazioni. I giovani devono avere la possibilità di prendere parte alla vita politica del Paese, soprattutto in una democrazia diretta. Devono poter dire la loro su questioni fondamentali per il loro futuro quali la legge sul CO2 o la riforma della previdenza per la vecchiaia. «È un ulteriore motivo per concedere il diritto di voto ai 16enni», sostiene Claude Longchamp, che evidenzia l’importanza dell’educazione civica a scuola. «L’abbassamento dell’età di voto potrebbe essere una chance per le scuole professionali e medie per dibattere in maniera concreta gli oggetti in votazione e promuovere così lo spirito critico e la formazione politica. Non possiamo affidare questo compito solo alle famiglie poiché non tutti i genitori si interessano di politica».

La storia del suffragio femminile, introdotto 50 anni fa, e del diritto di voto a 18 anni ci insegna che i processi politici sono lunghi e costellati di battute d’arresto. È importante coinvolgere attivamente tutte le fasce d’età e tutti i gruppi di popolazione alla vita politica del Paese per tenere conto delle varie sensibilità e dei vari bisogni, quelli delle donne, degli anziani, degli stranieri e dei giovani.