Tra le industrie che lavorano soprattutto per l’esportazione, accanto ai grandi complessi, la Svizzera conta anche molte piccole e medie industrie, che sono uno degli assi portanti di tutto il settore secondario. Industrie che hanno subito il contraccolpo dell’abbandono della difesa del franco da parte della Banca nazionale, ma che sono nondimeno riuscite in parte a parare il colpo. Queste industrie sono però più esposte di altre alla forte concorrenza che si verifica oggi su tutti i mercati mondiali.
Una recente indagine di Swissmechanic ha messo in evidenza le difficoltà che queste industrie stanno incontrando. Difficoltà che si sono accentuate nel terzo trimestre di quest’anno. Tanto che il presidente di Swissmechanic può affermare che la metà dei membri dell’organizzazione sta ormai lottando per la sopravvivenza. La maggior parte di loro deve inoltre limitarsi a margini di utile del 3,5%, il che è certamente insufficiente per garantire continuità alle aziende, che devono costantemente ammodernarsi e rinnovare il loro apparato produttivo.
Queste imprese sono confrontate con due tipi di concorrenza molto forti. Da un lato i produttori europei, che grazie alla debolezza dell’euro esportano a prezzi stracciati, dall’altro le grandi industrie svizzere che fanno i loro acquisti all’estero, perché i prezzi sono molto più favorevoli. Non solo, ma il credito bancario diventa più difficile, poiché le banche – proprio a causa degli utili ridotti – aumentano il premio di rischio proprio per queste aziende.
E si tratta di 1’400 aziende che lavorano soprattutto nel settore delle macchine, dell’industria elettrica e dei metalli. Esse impiegano 62’578 dipendenti, nonché 5’812 apprendisti. A causa dei margini di utile ridotti si vedono mancare a lunga scadenza i mezzi per i necessari investimenti. Tutte sono ormai rivolte verso una robotizzazione e una digitalizzazione della produzione mediante investimenti molto costosi, ma necessari per tenere il passo con la concorrenza dall’estero.
Oggi la concorrenza principale sul mercato svizzero è quella di aziende del Sud della Germania, molto efficienti e quindi in grado di confrontarsi anche con la tradizionale qualità svizzera. Evidentemente l’indebolimento dell’euro (che può essere visto anche come rafforzamento del franco) ha ulteriormente favorito queste industrie che non sono solo i principali concorrenti di quelle svizzere, ma che in buona parte sono anche loro clienti. Il fattore monetario incide quindi sui due fronti in maniera talvolta determinante.
L’indagine citata all’inizio mette, infatti, in evidenza che dal 2015 la situazione è perfino peggiorata rispetto a una tendenza già negativa nell’industria delle macchine, si è mantenuta sugli stessi livelli negativi nell’industria elettrica, è solo leggermente migliorata per l’industria delle macchine, ha subito un tonfo nell’industria orologiera, che fino a quest’anno aveva retto bene. In totale si può dire che per l’industria in esame la situazione appare soltanto un po’ meno peggiore di quella dello scorso anno. Anche per quanto concerne la redditività delle aziende, la proporzione di insoddisfatti, che era scesa al 38 per cento, dopo un inizio d’anno con il 54, nel terzo trimestre è risalita al 52 per cento. Considerando tutto il settore industriale si può vedere che, in pratica, solo l’industria chimico-farmaceutica constata un miglioramento sensibile quest’anno. Negli altri rami migliorano leggermente solo la costruzione di macchine, l’industria alimentare e quella delle plastiche.
Nella situazione attuale non si vedono possibilità di miglioramento. Anzi, l’organizzazione di categoria si lamenta che provvedimenti politici – ad esempio come per la politica energetica – favoriscono le grandi aziende, ma scaricano parte dei costi sui cittadini e sulle piccole e medie aziende. Quali possibilità potrebbero quindi avere le piccole e medie aziende per produrre a costi inferiori? Si constata nel settore una certa tendenza a suddividere il lavoro, usando in modo ottimale macchine e impianti. Per loro non è però possibile – come per le grandi aziende – trasferire all’estero parte della produzione. Con 25/30 collaboratori non ne vale la pena.
Non resta che chiedere di ridurre la burocrazia e appoggiare iniziative come quella che chiede prezzi corretti in Svizzera. Al piccolo non è nemmeno possibile rifornirsi all’estero a prezzi favorevoli, poiché deve piuttosto ricorrere all’importatore svizzero, che paga già prezzi superiori. Finora l’unica misura adottata è stata quella di prolungare i tempi di lavoro. La prossima potrebbe essere quella di sopprimere posti di lavoro.