Per poter decidere la fine della storia

Le regole in Svizzera, la voce delle organizzazioni di aiuto ai suicidio Exit e Dignitas
/ 03.04.2023
di Romina Borla

In Svizzera l’eutanasia attiva diretta o «omicidio mirato a ridurre le sofferenze di un’altra persona» – per esempio somministrando un’infusione letale – non è legale. L’eutanasia attiva indiretta (l’impiego di mezzi per alleviare il dolore, ad esempio la morfina, i quali possono abbreviare la vita) e l’eutanasia passiva (la rinuncia ad avviare o la sospensione di terapie di supporto vitale) non sono regolate dal Codice penale e sono in linea di massima consentite (vedi il sito dell’Ufficio federale di giustizia). La legge prevede inoltre la possibilità dell’aiuto al suicidio. Sul territorio sono attive diverse organizzazioni che si offrono di accompagnare chi decide di percorrere questa via. Ne abbiamo interpellate due – Exit e Dignitas – ma ne ricordiamo altre: Lifecircle, EX International, Pegasos. Dignitas sottolinea: chi ricorre al suicidio assistito deve dimostrare di essere capace di intendere, di volere ed essere in grado di compiere personalmente l’atto finale. «La persona viene sostenuta durante tutto il processo di preparazione, fino alla fine, sia in maniera professionale dall’associazione, sia dalla famiglia e dagli amici. Non si tratta solo di un atto assistito». Si tratta di un percorso che non sempre arriva a compimento. Questa soluzione – ci dice l’organizzazione – rimane comunque una pratica scelta da pochi: in Svizzera circa il 2% dei decessi annuali totali.

Nel 2022 Exit Svizzera tedesca, di cui fa parte anche il Ticino, ha seguito verso la morte 1125 soci, il 15% in più rispetto al 2021 (973) e il 23% in più rispetto al 2020 (913). Le richieste di assistenza sono state 1567 (2022). «L’aumento dei suicidi assistiti – afferma Ernesto Streit di Exit Ticino – si spiega con il crescente invecchiamento della società e il conseguente incremento di malattie o disabilità gravi. Chiedono il nostro aiuto più donne che uomini, soprattutto a causa di patologie quali il cancro oppure invalidanti disturbi multipli». C’è qualche resistenza da parte della popolazione o delle autorità nei confronti di questa soluzione? «Polizia e magistratura non osteggiano il nostro operato, ritengono possa prevenire casi di suicidi violenti», risponde l’intervistato. «Per quello che riguarda i medici: chi non collabora è l’eccezione e lo fa tipicamente per motivi etici-religiosi. A livello di certificati: di solito per le diagnosi/prognosi non ci sono problemi, c’è più difficoltà nel prescrivere il medicinale letale (all’incirca il 50% dei medici non se la sente di ordinare una sostanza che porta alla morte del paziente). Exit comunque non si limita ad accompagnare la persona al suicidio ma illustra anche le alternative, che spesso vanno in direzione della medicina palliativa (cancro) ma anche di ricoveri e cure specifiche (malati psichiatrici)».

A differenza di Exit, che segue solo residenti in Svizzera o elvetici all’estero, Dignitas accompagna alla morte circa 200-220 persone l’anno in maggior parte provenienti dall’estero (nel 2022 erano 195, in prevalenza da Francia, GB, Israele, Italia, USA; 11 i residenti nella Confederazione). «Lo scopo dell’associazione è soprattutto quello di garantire il diritto di ogni persona – capace di giudizio – di determinare la propria vita e la sua fine in modo autonomo. Questo dovrebbe valere in tutto il mondo, non solo in Svizzera». Al momento otto Paesi europei permettono una forma di aiuto alla morte volontaria. Svizzera, Germania, Austria e Italia consentono il suicidio assistito. Belgio, Paesi Bassi, Lussemburgo e Spagna sia il suicidio assistito sia l’eutanasia. «Nessuno dovrebbe essere obbligato a recarsi in Svizzera per esercitare un diritto di cui dovrebbe godere a casa propria», sostiene Dignitas. «Il diritto per le persone sofferenti di porre fine alla propria vita in modo autodeterminato e accompagnato, là dove vivono, è stato confermato nel 2011 dalla Corte europea dei diritti dell’uomo in una sentenza relativa a un caso legale condotto da Dignitas. Fa parte dell’articolo 8 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo (Diritto al rispetto della vita privata e familiare)».

L’organizzazione ha prestato consulenza in vari Paesi, nonché avviato e condotto numerose cause legali. «Ad esempio in Germania il lavoro giuridico di Dignitas ha contribuito all’annullamento del divieto dell’aiuto professionale al suicidio da parte della Corte costituzionale federale (26 febbraio 2020). L’11 dicembre 2020, in un’azione legale da noi commissionata, la Corte costituzionale austriaca ha dichiarato anticostituzionale il divieto totale dell’aiuto al suicidio. Una legge ad hoc è entrata in vigore nel gennaio 2022. Invece in Francia l’associazione ha avviato due procedure presso il Conseil d’État contro il divieto dell’aiuto al suicidio. A fine 2022 l’organo ha tuttavia deciso di non accogliere le nostre argomentazioni. Benché la legalizzazione di una forma di morte volontaria assistita venga ampiamente discussa nel Paese, è tutt’altro che certo che un’eventuale bozza di legge contempli l’effettiva libertà di scelta in merito al fine vita e che ottenga la maggioranza in Parlamento. Dignitas sta considerando ulteriori azioni legali».