Trent’anni fa la Repubblica Democratica Tedesca (DDR) si apprestava a celebrare i suoi primi quarant’anni di vita. Sarebbero stati gli ultimi. Travolto dalle sue rigidità interne e dalla rinuncia di Mikhail Gorbaciov a difendere il proprio impero esterno – in particolare la sua avanguardia tedesca – il regime di Erich Honecker s’accartocciava su sé stesso, fra tardivi impulsi riformatori e coriacee resistenze conservatrici. Fino al crollo del Muro di Berlino (9 novembre 1989) cui seguirà, con inattesa rapidità, l’annessione della DDR alla Germania Federale, il 3 ottobre 1990. Festeggiata nel mondo non solo occidentale come fine della questione tedesca e avvio della pacifica riunificazione d’Europa.
La cronaca, prima ancora che la storia, ci informa che non è così. Le illusioni degli anni Novanta del secolo scorso sono evaporate. Il nostro continente è frammentato – impossibile persino contarne con unanime precisione gli Stati. La Germania è istituzionalmente unificata – salvi i territori annessi da Urss (oggi Russia) e Polonia dopo la sconfitta nella Seconda guerra mondiale, cui nel 1990 ha rinunciato per trattato. Al suo interno si agitano però antichi e nuovi regionalismi, che ne hanno sempre messo in dubbio l’effettivo carattere di Stato nazionale. Il caso storicamente più rilevante riguarda la Baviera, che continua a coltivare una sua autonomia, anche sul piano internazionale, tale da non poter essere schiacciata su Berlino. Ma la novità geopoliticamente più interessante è la permanenza, anzi il rafforzamento della ex DDR come riferimento identitario.
Non si tratta solo di una moda o di un clima culturale. La ormai famosa/famigerata Ostalgie – nostalgia dell’Est – è l’atmosfera entro cui si coagula la ricerca delle radici comuni di una comunità che si è sentita maltrattata e disconosciuta dai concittadini dell’ex Germania occidentale. L’unificazione avvenne di fatto per annessione: i cinque «nuovi Länder» dell’ex DDR furono integrati nella Bundesrepublik a costituzione costante. Allo stesso tempo, nei territori annessi scattò un’operazione di tipo coloniale, liquidando gli apparati della Germania comunista con tutto o quasi il loro personale. Ne scaturì una massa di umiliati e frustrati, che difficilmente avrebbero potuto integrarsi nel nuovo Stato di appartenenza.
Inoltre, i formidabili investimenti – circa duemila miliardi di euro – che negli anni sono stati riversati nell’ex DDR hanno ridotto il differenziale economico e sociale fra le due Germanie. Eppure il distacco fra queste in termini di produzione e reddito pro capite resta notevole.
Ancora più stridente lo scarto fra i sistemi politici e le rispettive culture sociali. Nella cosiddetta ex Germania dell’Est – storicamente Mitteldeutschland, Germania centrale – gli eredi della SED, il partito-Stato comunista, ridipinti e modernizzati come Linke (Sinistra) sono un fattore inaggirabile del panorama politico e istituzionale, oltre che forza di governo in diverse realtà locali.
Ma il fatto più importante è la rinascita del nazionalismo tedesco sul suolo dell’ex Germania comunista. Alternative für Deutschland (Alternativa per la Germania) ha il suo bacino di origine nei «nuovi Länder», dove vanta tuttora il consenso più corposo, di qui poi diramandosi, con minor successo, nelle regioni occidentali. Incorpora al suo interno settori della destra nazional-liberale, una ragguardevole quota di estremisti, inclusi alcuni criptonazisti, ma anche diversi ex comunisti (o semplicemente comunisti convertiti al nazionalismo, sulla scia del nazionalbolscevismo alla Ernst Niekisch).
Fenomeni apparentemente eccentrici, incomprensibili secondo i canoni politologici. Visti in prospettiva storica, appaiono meno inspiegabili. Contrariamente a quanto sostenuto dalla propaganda ma anche dalla storiografia dominante ai tempi della Guerra fredda e anche oltre, sia in campo occidentale che orientale, la DDR non era semplicemente succursale dell’impero sovietico. Era anche, nel lungo termine forse soprattutto, uno Stato tedesco. Un sistema entro il quale tradizioni e culture germaniche serbavano un certo grado di continuità col passato. Sotto la stretta sorveglianza della potenza occupante, certo. Ma senza rinunciare alla propria identità. E ciò fin dall’inizio del dominio sovietico.
La storiografia più evoluta ha ormai analizzato in profondità i contrasti ricorrenti fra Mosca e Berlino Est. Culminati nel rifiuto da parte di Erich Honecker delle riforme gorbacioviane, nella consapevolezza, rivelatasi corretta, che avrebbero provocato il crollo del regime sovietico, oltre che della stessa DDR. Ci vorranno molti anni per giungere a una riunificazione effettiva delle due Germanie. A meno che, invece di chiudersi, la forbice tenda ad allargarsi. Così riaprendo la questione tedesca, che si voleva risolta con la caduta del Muro.